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Vi sbagliate: la Chiesa non difende il “matrimonio tradizionale”!

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Aleteia Team - pubblicato il 12/02/18
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Quello che difende è il matrimonio come lo vuole Dio, che è assai diversodi Juan Ávila Estrada

“Sposati e sii sottomessa” è il titolo polemico e “offensivo” di una libro scritto da Costanza Miriano che, con un tocco di umorismo, ha voluto parlare della bellezza dell’amore sponsale. Come sempre, chi non si è preso la briga di leggerlo è partito lancia in resta contro il testo solo perché ella ha deciso di utilizzare una strategia di vendita e parodiando l’apostolo Paolo quando afferma “Le moglie siano sottomesse ai mariti” (Ef 5,22-24) quasi sfida i non prevenuti a leggerlo perché si rendano conto di cosa tratta.

Chi si lascia sviare dalle apparenze non è interessato a conoscere la verità, ma vuole semplicemente ribadire ciò che ha sempre creduto: la Chiesa è un’istituzione interessata a sottomettere la donna e i suoi membri predicano il machismo per poter mantenere in questo modo lo “status quo”. Ma qual è la verità che predica il Vangelo sul matrimonio e cosa sostiene la Chiesa, in consonanza con la Parola di Dio, su questa istituzione naturale?

Non possiamo disconoscere che esistano “correnti” cattoliche che, interpretando erroneamente il testo di Paolo, affermano che il matrimonio voluto da Dio è quello della sottomissione della moglie al marito, quel tipo di relazioni che oggi affliggono l’umanità in quello che si riconosce come un avvelenamento per il potere.



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In questo senso si parla di matrimonio “tradizionale”, ovvero di quello in cui un uomo, sposato con una donna, è colui che esce di casa per cercare lavoro e mantenerla, mentre lei è chiamata solo a vivere prendendosi cura dei figli e delle occupazioni domestiche, aspettando che il marito ritorni per poterlo assistere ed essere attenta alle sue decisioni perché è il “capo” della casa.

Si tratta di un tipo di matrimonio istituzionalizzato per molti anni, quando la donna non veniva preparata per i mestieri nel mondo, per la professionalizzazione, ma solo per dare figli al marito e dedicarsi con impegno all’assistenza di tutti in casa. Lui per strada, lei a casa.

È questo il matrimonio che difende la Chiesa? No. La Chiesa difende il matrimonio CRISTIANO, che non è altro che quello voluto da Gesù: quello che si stabilisce mediante la donazione reciproca di un uomo e di una donna, che hanno compreso che sono entrambi chiamati a costruire la propria famiglia e la società apportando ciascuno in base alla propria condizione di uomo e donna (il che implica già una certa asimmetria visto che ciascuno dà in base alla propria identità sessuale, senza che questo voglia dire che uno apporta più dell’altro, perché si apporta semplicemente nel proprio modo di essere maschio o femmina), ma in cui entrambi hanno la possibilità di sviluppare tutte le proprie potenzialità umane senza rinunciare a quello che devono dare specificatamente come madre o padre. Il mondo contemporaneo, avendo aperto alla donna la possibilità di studiare e di avere una professione, ha compreso tutta la ricchezza lavorativa e di trasformazione che ella è chiamata a offrire, ma il fatto di aver aperto questo porta, necessaria e giusta, è stato travisato da quanti credono che la maternità o il suo esercizio vadano contro la possibilità di sviluppo lavorativo o economico.



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Il matrimonio cristiano è il sogno di Dio: uomo e donna, chiamati alla complementarietà, che stabiliscono un patto d’amore in cui arrivare entrambi all’oblazione reciproca e si impegnano nel compito di educare i figli insieme e di fare del mondo lavorativo, economico e professionale non un campo di competizione sessista, ma uno spazio in cui si comprenda ciò che possono dare sia lui che lei. Il problema nasce quando il matrimonio viene visto come la sommatoria forzata di due volontà in cui 1+1=2, o, come pensano altri, quando si crede che il matrimonio sia la necessità di smettere di pensare solo per me stesso per iniziare a pensare per entrambi. Nemmeno. Nessuno può pensare per un altro né può negare a un altro la possibilità di farlo. Il matrimonio non è pensare come un io o come un tu e io, ma pensare come “noi”. Questo pensare “noi” esige di tener conto del parere, dell’opinione, del desiderio del coniuge senza supporre ciò che desidera o annullare i suoi gusti, ma essendo disposti entrambi a far morire il buono per arrivare al meglio. Il matrimonio non è la compravendita di una persona che considero un terreno fertile in cui si getta un seme che deve dare tutti i frutti che si desiderano.



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Il matrimonio non va contro lo sviluppo umano della donna, né è un accordo di soggiogamento di questa a suo marito in cui rinuncia alla propria unicità e identità; il matrimonio non è un’ipoteca di sé a un estraneo in nome dell’amore; ciò che accade è che entrambi assumono la rischiosa decisione di trasformare l’altro in un fine in sé del quale ciascuno è un mezzo per ottenerlo. Si tratta di essere genitori senza rinunciare ad essere professionisti e di non essere professionisti al di sopra della paternità. I figli, come il matrimonio, l’alleanza sponsale, il nuovo modo di libertà condizionata, non possono vedersi come una minaccia allo sviluppo umano, quando è tutto il contrario perché la famiglia è lo spazio in cui possiamo dispiegare tutto ciò che siamo invitati ad essere.



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Non tutti i pareri cattolici sono cattolici, e il fatto che ciascuno creda che debba essere così e si definisca cattolico e apostolico non implica necessariamente il parere o l’insegnamento della Chiesa. Per questo è necessario formarsi, conoscere il modo in cui la Chiesa difende la bellezza dell’amore umano, dell’amore matrimoniale, e per questo è stata disposta a lasciarsi attaccare solo per aiutare l’uomo a trovare il vero significato della felicità. Fortunatamente per l’autrice del libro, ha rischiato a intitolarlo così; peccato per quelli che giudicano solo da un titolo e a cui i pregiudizi impediscono di avvicinarsi alla possibilità di riconoscere e ripensare la falsa immagine di un’istituzione che, anche se ha avuto sicuramente enormi pecche nella sua storia, ha imparato dai propri errori e ha solo lottato per portare l’essere umano alla verità di se stesso e di Dio.