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Il Signor Distruggere ed il bisogno di detestare chi non è come noi

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Paola Belletti - Aleteia Italia - pubblicato il 07/11/17
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Un fenomeno social dai numeri importanti: è lui, Vincenzo Maisto, che ha reso noto al grande pubblico il fitto sottobosco di Mamme pancine & CoIl Signor Distruggere, è un giovane uomo, Vincenzo Maisto, che gestisce dal 2011 una pagina Facebook da quasi 600 mila mi piace. Per non parlare di Instagram e Twitter. Dice che ha cominciato distruggendo sé stesso.

 “Distruggere i sogni altrui esponendo la realtà oggettiva. Quindi iniziai distruggendo me stesso. Si passò presto ai casi umani, ai santoni ciarlatani, ai nazivegani, ai complottari, ai terrapiattisti, ai bigotti medioevali, agli schiavisti… fino ad arrivare, oggi, alle mammine pancine”.

Così ne parla, invece, Giada Sundas:

“pagina satirica che si ripromette di mettere in piazza quelle realtà “estreme” legate a maternitàal fanatismo religioso e alla povertà culturale che si celano nelle piaghe nascoste del web”

Ma piaghe è refuso o voluto? Giada è una scrittrice emergente che già avevamo segnalato in una delle nostre prime top5 dei libri scelti per le donne per il romanzo “Le mamme ribelli non hanno paura” (edito da Garzanti, 2017).

Perché descrive la maternità e il rapporto con la figlia in modo originale, ovvero molto attaccato all’esperienza primaria che ne sta facendo lei, umanamente autentica, e dalla quale sfronda lei stessa egoismi ricoperti di tulle e cuoricini. Ad esempio dice che sua figlia non è sua. Che il dono che lei è, è per il mondo. Che non le appartiene. Ecco, anche a me, anche a noi, posso dire, appartengono queste parole. Il figlio non è nostro. Lo è sì. Ma non mai come possesso. E qui, si aprirebbero non solo pagine ma anche ferite e verità annidate alle radici dei nervi più profondi, alla base dell’anima nostra. Di figlie, mica di madri. Chi di noi non ha pensato, nella sua prima lucidissima infanzia, di essere voluto e di esistere per mezzo dei suoi ma ben oltre, ben prima, ben più che grazie ai suoi? Sono convinta che queste cose siano stoccate in ogni memoria implicita, di ogni creatura umana.

Ma il tema qui è un altro.

Perché il Signor Distruggere dice di voler distruggere? E perché piace tanto e a tanti?

E se tutte le pancine, le mamme cuoricine, allattatrici estreme delende un giorno lo fossero davvero e definitivamente, distrutte?

Di cosa vivrebbe questo sito? Di cosa si alimenterebbe questo ragazzo con il suo famelico bisogno di humour?

Ha delle fidatissime sue compari social che si sono intrufolate nei gruppi segreti dove effettivamente e oggettivamente vengono dette, scritte, fotografate cose al di là del limite.



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La torta che rappresenta la fase espulsiva vista dal lato ostetrica o marito-un attimo prima del non del tutto da escludersi svenimento con atterraggio sul setto nasale. Placente cucinate (ma non ci sarà dietro qualcosa di peggio dell’ignoranza?). Ricotte fatte col latte materno e offerte a vicini ignari. Ignari e speriamo non intolleranti. (Ma si sa che il latte materno non genera intolleranze, vero pancine?). Assorbenti bruciati in terrazza e altre amenità pure peggiori.

Queste cose sono rintracciate effettivamente all’interno di gruppi social, insieme con richieste bizzarre su pratiche erotiche per le quali forse sarà necessario il sequel di 50 sfumature di nero; le “lotterie” su “indovina mese e sesso” con selfone della pancia. I link in regalo. Questo, signori, e molto altro, come potrebbe in effetti non suscitare sgomento? E risate?

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Facebook

Leggendo vari contributi tra blog e pagina Facebook si ritrova una penna pungente, un ritmo veloce e riuscito. Un passo, in fondo, leggero. Ho letto anche un suo articolo che denuncia la morte di una donna per setticemia, avvenuta a Cagliari, probabilmente sopraggiunta in seguito al parto fatto in casa.

L’autore affronta il tema e il fatto con tutti i condizionali d’obbligo ed è pieno di ragioni. Perché, si chiede, ostinarsi al parto in casa o addirittura in una tenda rifacendosi a pratiche da primo millennio, quando allora la mortalità era altissima?

Perché aderire a gruppi che esaltano una non tanto bene precisata naturalità, che ri-caricano di significati magici la maternità, il grembo, la fertilità e tutto ciò che il generare la vita comporta? Perché sfidare così tanto il senso del ridicolo?

Se lo chiede. Ha ragione. Che senso ha?

Credo sia una questione di gradi. E più ancora di integralità della faccenda. Di sapere non solo alcune cose ma tutte e nel loro ordine. Nessuna maternità, nessun figlio, in sé, ha il potere né il dovere, poveretto, di renderci felici.

E penso a quelle – povere-  mamme. Cosa le spinge ad esaltare così tanto alcuni aspetti della maternità in sé? Perché diventano un idolo?



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Ciò che preme dietro le battute caustiche e i commenti sarcastici, lo si capisce. Non sembra rispettoso, per le donne, per i bambini, per gli uomini e nemmeno per la società, vedere esaltata in modo così sproporzionato e staccato da un orizzonte di senso più ampio l’esperienza materna. E nemmeno vedere in effetti tanta difficoltà ad esprimersi (profusione di k. Ripagata con uguale e contraria assenza di h. Puntini di sospensione a pioggia) e tanto infantilismo nel linguaggio.

Fatto sta che la pagina del Signor Distruggere va a gonfie vele.

Ci troviamo post sconcertanti, rubati senza virgolette (e insomma forse qualcosa da eccepire la si può avere. Non si sottraggono informazioni con l’inganno!)  a gruppi segreti; portatori di domande – e risposte!- che al confronto Cioè ora pare una rivista per educande.

Se ci andate ora vi sarà chiesto di votare il post o il tweet più assurdo, “Il caso umano della settimana”. E credetemi, la gara è senza esclusione di colpi.

In un certo senso si può quasi giustificare il mandato che Vincenzo Maisto si è auto affidato di infrangere questi sogni (che a chi sta fuori appaiono veri e propri incubi) di persone che avrebbero il dovere di essere adulte ed equilibrate e non lo paiono affatto.

Fa la parte del cattivo. E però, in fondo, non lo sembra. Anche l’espressione della sua foto profilo è da manuale: studiata, riuscita. Vuole fare l’antieroe, personaggio che nei cartoni piace più dei buoni, a volte.

signore-distruggere-foto

Facebook

 

Colpisce l’intensa per quanto, pare, recitata, acrimonia verso queste persone, nei confronti della loro ignoranza che viene quasi subito associata a credenze religiose (e tra queste naturalmente il cattolicesimo, come al solito, vince a mani basse).

La nazi maternità, la religiosità, l’essere medioevali, il non sapere che la terra è tonda, il veganesimo come fede. Tutto ciò che ottiene, secondo il Signor Distruggere, adesione fideistica suscita il suo (e dei suoi numerosi follower) disprezzo. Messo in scena però, come un “tipo”. Come una caricatura.

Ora, la mia competenza psicologica si basa, oltre che sulla visione ripetuta di Inside Out, sulla conoscenza sconsolata di me stessa e delle mie stesse miserie; di quelle altrui per quanto gli altri si concedano ad essere letti. E per la capacità che trovo nel Vangelo di svelarci a noi stessi.

Credo che l’esercizio pubblico, ostentato, condiviso, del disgusto e della distruzione virtuale di credenze altrui (che, Vincenzo dichiara apertamente ancorché ironicamente di avere esercitato soprattutto verso sé) gli serva per mantenersi in equilibrio. Vedendo così traditi, in altri, i valori che sostengono la sua vita – dice molte volte di essere ateo e razionalista – il disprezzarli e l’esporli al pubblico dileggio lo mantiene in equilibrio.

Non ci sono nomi, né foto, né altre cose che possano indubitabilmente ricondurre alle persone precise dietro a post e commenti. Non vuole fare del male alle persone reali, direi. Le vittime non devono diventare troppo vittime. Altrimenti il gioco non regge più. La simpatia social passerebbe forse dalla loro parte. Quindi sì, gli servirà magari per un suo adattamento personale, ma forse molto di più per acchiappare likes e relative botte di serotonina (forse anche altri benefits).

Resta il fatto che la dinamica dell’esporre al ridicolo dei nostri simili resta. E funziona.

E verso questi profili senza foto e senza nome si può scaricare, a scopo catartico, tutta la nostra ferocia, come in un’arena incruenta eppure crudele.

Quando non si conosce la misericordia, questo resta sempre il metodo migliore per sentirsi “noi buoni” e loro “miseri e meschini”.