“Ribelli verso noi stessi, verso quello che c’è di male in noi stessi. Ribelli verso il nostro “io” che raglia come un asino. Ribelli verso l’inquilino del piano di sotto”Lettere a una moglie #2 (ovvero l’esodo del duo con l’anello noto in tutto il mondo come Mienmiuaif)
Lo so, forse è un colpo basso scrivere una canzone per tirare l’acqua al mio mulino e a quello dei miei amici, amore mio. Da quando abbiamo pubblicato il video di “Canzone per mollare un radical chic”, mi sento accusato. Da me stesso, dai radical chic. Non so. Ma come potevo non fare nulla per accoppiare i miei amici radicali veri, quelli che se riescono vanno a Messa pure durante i giorni di lavoro? Com’è possibile che degli alternativi veri come loro non abbiano la fila di ragazze mentre i compagni con la magliettina di Che Guevara e la posizione del loto bene impressa nella mente e nel corpo passino da una storia all’altra come se non ci fosse un domani? È vero, anch’io cerco di andare alla Messa infrasettimanale. E infatti hai fatto un grande affare, mogliettina mia. Non per merito del sottoscritto, sia bene inteso.
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E neppure il fatto di andare, o cercare di andare a Messa tutti i giorni può essere sufficiente per diventare una persona che se la sposi fai un affare. I pubblicani e le prostitute possono sempre superarmi, in qualsiasi momento. Anche i radical chic. (Speriamo non al traguardo). Ma forse proprio per questo è il caso che gente come me vada dal Capo più spesso che può, perché chissà dove andrebbe altrimenti. E poi lo ammetto: anch’io ero un radical chic. E non sono del tutto convinto di non esserlo più… perlomeno del tutto… Anch’io ascolto qualche volta i “Thegiornalisti” o mi capita di andare all’Ikea… E il sushi non mi dispiace… Ma penso sia più che altro il mix e la dose di tutti questi elementi a essere letale. Se qualche tua amica sta con un tipo che ha tutte le abitudini elencate nella canzone insieme, beh, allora credo sia proprio il caso di darle il consiglio dei Mienmiuaif, band interstellare in cui tuo marito ancora ti costringe a cantare. Non con la violenza, ovvio. Con la pena. Molto più violenta della violenza. Come potresti sopportare tanta pena nel vedermi in una band senza cantante? E allora continui in maniera eroica a far parte della leggendaria classic punk folk rock pop band indissolubile. Tutto per grazia. Wow. Non so se sei più violenta tu resistendo a cotanta follia o io a proporla. Sicuramente tu. Ma il cielo è dei violenti, amore mio. “Il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono”.
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Lavorare per il regno è pericoloso, è questo il bello. Nulla di noioso, amore mio. I nostri “concerti”, iniziati nei salotti delle famiglie più underground d’Italia e proseguiti nei bar, nelle piazze, nei teatri, nelle parrocchie, pure sulle frequenze più punk del pianeta, quelle di Radio Maria, sono sempre più pericolosi. Figurati quando ti porterò in America. Senza sapere l’inglese. (Io, ovviamente). Ma in inglese ci capiscono meglio che in italiano. Addirittura il nome non sembra così incomprensibile: «Mienmiuaif is the way a child might transcribe “me and my wife”», hanno scritto con nonchalance nella versione in lingua per me araba e per tutti gli altri internazionale di Aleteia. Quando ti porterò in America… Il cielo è dei violenti, amore mio, dei ribelli, dei rivoluzionari. Rebel rebel, amore mio. Ma non nel senso di David Bowie e compagnia bella. Ribelli verso noi stessi, verso quello che c’è di male in noi stessi. Ribelli verso il nostro “io” che raglia come un asino. Ribelli verso l’inquilino del piano di sotto. Non ribelli verso Dio. Ribelli verso la nostra volontà, verso quello che non ci basta mai. Non ribelli verso la volontà di chi ci ha creati e ne sa più di noi di quello che ci serve. Il cielo è dei violenti, amore mio. Che Dio ci aiuti a diventare dei violenti veri, dei ribelli veri, dei radicali veri, e a non sbagliare mira (e magari aiuti un po’ di amici a trovare la donna giusta, e viceversa). Ti amo.
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