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La seduzione è in crisi, perché l’uomo dev’essere indebolito

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Silvia Lucchetti - Aleteia Italia - pubblicato il 18/08/17
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“L’opposto concorde e dai discordi bellissima armonia”. [Eraclito di Efeso, frammento n. 8 Diels-Kranz]Quando ho letto l’articolo di Vanni Codeluppi “La seduzione è in crisi” (doppiozero.com 12 luglio 2017) ho pensato subito che mi sarebbe piaciuto commentarlo insieme ad Alessandro Benigni, docente di Filosofia e scrittore, molto attivo sui Social anche attraverso il suo seguitissimo blog Ontologismi. Avevo letto da poco un suo scritto dal titolo “Dall’uguaglianza non nasce niente. Ovvero per un elogio della differenza”. L’ho contattato e si è dimostrato immediatamente entusiasta e disponibile, per questo lo ringrazio del tempo che mi ha dedicato e della sua interessante riflessione.

Caro Alessandro, ci aiuti a commentare l’articolo di doppiozero.com dal titolo “La seduzione è in crisi”?

Ha ragioni da vendere l’autore Vanni Codeluppi quando parla di “crisi della seduzione”. La sua analisi e le sue intuizioni sembrano fin dall’inizio molto sensate:

“[…] la seduzione è entrata attualmente in una situazione di crisi perché gli uomini tendono sempre più a spostare il loro sguardo dalle donne verso se stessi. Sono tesi cioè a curare soprattutto l’aspetto del loro corpo, che ritengono non all’altezza degli affascinanti modelli di bellezza continuamente proposti da parte dei media. E così succede alle donne, anch’esse sempre più orientate a dirigere il loro sguardo verso di sé anziché verso l’altro sesso. La seduzione, inoltre, ha bisogno di differenze. Che scatti cioè l’attrazione per qualcosa che è profondamente diverso da sé. Ma i sessi si stanno inesorabilmente avvicinando e mescolando tra di loro. L’uomo si “femminilizza”, mentre la donna, quando guarda l’altro sesso, lo fa attraverso un occhio sempre più “maschile”” (doppiozero.com).



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Quello che viene così efficacemente descritto è un fenomeno inarrestabile che sfocia – oggi – in un collasso sempre più evidente, dalle dimensioni sempre più globali e dagli effetti sempre più profondi e soprattutto determinanti per gli anni che verranno. Il femminismo, le lotte per l’emancipazione e la “liberazione sessuale” fino alle attuali battaglie per i “diritti LGBT”, che promettevano una liberazione planetaria si sono invece concretizzare in un multiforme stato di stordimento antropologico che garantisce solo omologazione e solitudine, atrofizzazione dei rapporti e anestesia dei sentimenti. E, più in generale, una dis-educazione all’evidenza e, nell’evidenza, alla forza dirompente della Bellezza.

Che cosa intendi per evidenza?

Oggi più che mai è diventato essenziale riflettere sulla struttura del reale, sulla datità dell’esperienza umana, sulla necessità di ripartire ogni volta dalla sicurezza incontrovertibile dell’evidenza. E l’evidenza che ci dice? Scriveva da qualche parte Fabrice Hadjadj che occorre riflettere a partire dal proprio ombelico, per ritrovare il segno della trascendenza, fin dentro le nostre mutande. Quanto ha ragione, questo filosofo ateo, convertito sotto la statua della Vergine, nella sua brillante ironia: è proprio il sesso ad indicarci la teleologia insita in ogni uomo e in ogni donna. Noi siamo Relazione. Ce lo dice l’ombelico, ce lo dice quello che teniamo giustamente nascosto, come dono prezioso, sotto le mutande. E sono evidenze, queste, che oggi paiono per lo più offuscate, se non dissolte di proposito, quali la complementarietà psico-fisica dei sessi, la strutturante dialettica degli opposti, la necessità della differenza per la vita, il valore della disuguaglianza, e così via.



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Che cosa pensi quindi dell’imperante ideologia unisex?

E’ il culmine del paradosso. Segno della infallibile capacità di alterazione della realtà: presentare qualsiasi veleno come il suo contrario. Così viene presentata come lotta per la liberazione del corpo e della sessualità ciò che è invece la tomba sia del corpo che dell’anima. E del sesso stesso. Del sesso: quello vero, quello che genera – daccapo – la Bellezza. Per cogliere appieno questo livello d’interpretazione occorre uno sguardo metafisico minimo. Ecco allora un altro paradosso: un indiscutibile merito di questa devastante antropologia nichilista sta proprio nell’aver portato a nuova ed urgente consapevolezza la necessità di un approccio metafisico nella discussione sull’uomo e sulla vita, soprattutto là dove ci sono intenzioni di rinnovamento (o stravolgimento, in questo caso) sul piano assiologico. Così, di colpo è tornato chiaro quanto sia importante riflettere sulla struttura del reale, sulla datità dell’esperienza umana, sulla necessità di ripartire ogni volta dalla sicurezza incontrovertibile dell’evidenza.

Vedi quindi già la presenza di qualche reazione all’ideologia dell’unisex?

Filosofi di spessore come Hadjadj, ma anche l’ateo Michel Onfray (per restare alla discussione in ambito francese), hanno puntualmente ripreso la condanna della filosofia dell’unisex. Filosofia che darà i suoi frutti avvelenati, c’è da scommetterci, e li darà nel brevissimo periodo. Tutti i più svegli, sia pure da versanti opposti, hanno lanciato l’allarme sul diffondersi (indotto) di questa anti-patia tra uomo e donna, a partire dall’insegnamento dell’ideologia gender nelle scuole, ribadendo giustamente che l’essere umano non è solo cultura, ma anche natura. Natura evidente: ombelico e mutande, per riprendere la fenomenologia concreta di Hadjadj.



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Oggi viene esaltata a tutti i livelli la bandiera dell’uguaglianza, ma quali inganni vi si celano?

Il principium-individuationis, in passato dato quasi per scontato, deve oggi essere difeso da una moltitudine di attacchi. Perfino sul piano legale. Un principio, quello d’individuazione, che è il principio, del reale e dell’umano, insieme a quello della differenza e della dialettica tra opposti, ad esso correlato. L’evidenza – che precede qualsiasi interpretazione e dunque si sottrae, in quanto datità che ci precede ad ogni forma di manipolazione e di dominio – ci dice che nessuno nasce dal medesimo e per essere, per venire all’esistenza, per ex-sistere, occorre individuarsi, ovvero contrapporsi e distinguersi dal circostante. In una dialettica strutturante con l’alterità. Sempre l’evidenza di dice che la realtà dell’uomo è fatta di tensione verso la donna. E viceversa. Lo vediamo nel corpo, chiarissimamente, e lo vediamo nello spirito, ogni qual volta abbiamo la grazia di trovarci di fronte ad un adolescente innamorato. Che meraviglia assoluta: il donarsi dell’essere, il progetto di Dio, chiamatelo come volete. E’ sempre uno spettacolo di impareggiabile bellezza. Ma per la bellezza occorrono gli opposti. Dall’identico, dall’òmoios, per dirla alla greca, non nasce nulla.

Secondo te qual è la vera battaglia in corso e la posta in gioco?

In ogni dialettica, in ogni tensione, c’è prima un tendere, ovvero un’intenzione. Ed è questo il punto che vorrei mettere a fuoco: chi domina le intenzioni domina le azioni. Ne prevede i risultati. E le intenzioni hanno sempre a loro volta le loro precise anche se nascoste leve nei desideri: ed è da qui, da quell’ente desiderante che è l’umano, che mi sembra si debba cominciare per capire in che modo siamo arrivati ad una tale distorsione dei desideri, socialmente condivisi, da spegnere il desiderio dell’uomo per la donna, per la generatività, per la vita. In fondo, per sé stesso. E vengo alla tesi che vorrei esibire: l’odierna disaffezione dei maschi per le femmine, che consegue ad una fitta serie di ostacoli reali che sono stati posti per rendere più difficile l’incontro tra maschile e femminile, dirottando il processo verso il reciproco consumo, ed in particolare l’immane processo di femminilizzazione dell’uomo, ebbene: tutto ciò è il frutto di una colossale operazione di ingegneria sociale. Niente di casuale, quindi. Ci sono i mandanti, ci sono i metodi e i mezzi, c’è un fine.



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Coglie infatti perfettamente nel segno Vanni Codeluppi quando sottolinea:

“[…] la sovrabbondante circolazione odierna di segni relativi al sesso, l’incontrollata proliferazione d’immagini sessuali nelle strade e sugli schermi, il dilagare dei codici del porno al di fuori dei rigidi confini in cui erano stati tradizionalmente rinchiusi. Tutti fenomeniche rendono disponibile un’offerta di erotismo in numerosi canali di comunicazione, ma nel contempo indeboliscono il desiderio” (doppiozero.com).

Perché la strategia è quella di indebolire il desiderio?

L’indebolimento del desiderio ha un fine, ha uno scopo, come cercavo di spiegare in alcune raccolte di dati sul mercato del porno e sugli effetti della pornografia sul cervello, in particolare su quello del maschio: indebolire. La mia impressione è, in sintesi, che si tratti di una distorsione globale largamente indotta che ha come fine il dominio sulla società intera. Come? Isolando gli individui. Divide et impera: fare dell’individuo un dividuo indefinito. E’ questo il metodo e sarà questo il supremo atto di controllo su un’umanità definitivamente impoverita, ridotta ad uno stato animalesco, del tutto incapace di relazione e quindi di libera reazione, di qualsiasi critica, e perciò costretta ad uno stato perennemente nomade: se incerta sulla propria identità, anche sessuale, sarà di conseguenza incapace di stabilire relazioni profonde e soprattutto incapace di generare (proprio perché la generazione richiede l’incontro con l’altro-da-sé, complementare nella sua irriducibile diversità). Non a caso la generazione si sta spostando sul piano della tecnica (in laboratorio) sta diventando sempre più un appunto processo tecnicamente controllato. Stiamo passando così dalla generazione naturale alla fabbricazione e quindi alla riduzione dell’uomo ad ente prodotto, tra gli enti. Misurabile, certificabile, soggetto a garanzia e fissato nel mercato dello scambio delle merci, in base a rigorosi contratti commerciali tra donatori ed acquirenti.

Il pensiero filosofico ci può aiutare a demistificare l’inganno dell’uguaglianza e della fluidità sessuale?

Forse nessuno poteva immaginare che anche l’evidenza della complementarietà umana tra maschio e femmina e l’eterna polemica tra i contrari – quella che produce una bellissima armonia, per usare i versi di Eraclito – avesse bisogno di un supporto filosofico e di una puntuale riscoperta di tipo fenomenologico. Eppure la deriva antropologica – ripetiamolo: una deriva teleguidata dall’alto, che ha come scopo la creazione di un uomo nuovo, più duttile e malleabile, appunto incerto sulla sua identità e quindi sessualmente confuso o indefinito, ed in quanto tale incapace di individualizzarsi e perciò di difendersi – questa deriva, dicevamo, ha reso necessaria perfino un’analisi e una riproposizione valoriale in ambito filosofico e forse ancor prima psicologico visto che è proprio la Psicologia lo strumento che viene utilizzato per imporre questa nuova visione. Una visione distorta, che sottende e prepara un’imposizione di nuovi “valori”, spacciati come forme di liberazione quando invece nascondono esattamente il loro contrario. Si tratta di una deriva antropologica che annuncia una schiavitù planetaria. Una schiavitù che si annuncia terribile, nella misura in cui viene spacciata e percepita come progresso e liberazione.



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E a quali riflessioni ultime arrivi come filosofo cristiano?

Dimenticare l’ecologia dell’uomo, come aveva annunciato Benedetto XVI, nega anziché realizzare la libertà umana. È così che si può spiegare l’esaltazione dell’unisex – il modello universale più facilmente manipolabile – e la contemporanea intensificazione degli ostacoli che vengono istituiti nell’incontro naturale tra uomo e donna e nella generatività che ne consegue. Ora, se tutto sembra oggettivamente predisposto per rendere inautentico il rapporto alla reciproca ricerca tra uomo e donna, fino al crollo dell’identità e quindi del desiderio, un motivo c’è, uno scopo, pure. Chiediamoci a chi giova allontanare gli uomini dalle donne e spingere verso l’unisex un’umanità intera, ed avremo chiara l’immagine ed il fine dell’Impero.

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