Nel libro di don Fabio Bartoli troviamo il senso profondo della rinuncia cristiana al cibo È appena cominciata la Quaresima, quel periodo speciale di silenzio e preghiera in cui ritornare al Padre. Scrive in proposito don Antonello Iapicca:
«È tempo di chiudere la porta del cuore e cercare nostro Padre. Viviamo, infatti, come orfani, che fanno tutto per essere notati e amati, ammirati e lodati. E così anche “le preghiere, le elemosine e i digiuni” si riducono a sentimenti ostentati, mai segreti; strumentalizziamo tutto, onnivori di carne e spirito, Dio e mondo. Tutto in un boccone a saziarci, a messa e al Centro commerciale, ogni cosa ce la offriamo senza misura. Per questo oggi inizia la Quaresima, a raccogliere la carne sgonfiata dei mascherati esausti dopo una vita di carnevale. Arriva la Quaresima come un seno di misericordia, amore gratuito e senza condizione preparato dal Padre per i figli perduti. La Quaresima è una buona notizia: c’è speranza, possiamo convertirci, ritornare a casa, da nostro Padre».
Preghiera, elemosina e digiuno sono i pilastri del tempo quaresimale, ma che senso ha digiunare? Perché la Chiesa ci invita a farlo?
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Proveremo a rispondere a queste domande attraverso le pagine di un libro di cui vi abbiamo già parlato “Per fortuna c’è la Quaresima! Riflessioni inattuali” (Àncora edizioni) di don Fabio Bartoli.
Il sacerdote nota come negli ultimi decenni sia tornato di moda uno stile di vita alimentare rivolto alla sobrietà, salutare e salutista, ovviamente per motivi legati alla cura e alla bellezza del corpo. Il digiuno cristiano però non ha questo scopo, non rincorre fini estetici, ma… Dio.
DIGIUNARE: SVUOTARSI PER RIEMPIRSI DI DIO
«Come ogni altra pratica ascetica, ha la sua verità nell’apertura all’altro più che nella rinuncia, è uno svuotarsi per riempirsi, non una semplice rinuncia al proprio appetito, ma piuttosto un riorientamento dell’Eros verso Colui che solo è degno di essere amato e desiderato. Non digiuniamo per punirci dei nostri appetiti, ma per imparare a rivolgerli a Chi veramente ha gusto e bellezza, Colui la cui presenza è più dolce del miele e di ogni altra cosa, come canta un antico inno cistercense».
Il cibo non è disprezzato dalla nostra religione, anzi, Gesù si è fatto cibo per essere mangiato affinché noi potessimo essere trasformati in Lui.
Allora perché ci è chiesto di digiunare?
«Non certo per disprezzare il cibo né per reprimere l’appetito, ma proprio al contrario per sottolinearne ancora di più il valore, una volta che viene illuminato dalla luce divina».
DIGIUNARE PER FARE DI OGNI PASTO UN’EUCARISTIA
Il primo motivo per cui la Chiesa ci invita a digiunare è perché il Signore “si è dato a noi in cibo”.
Quindi, chiarisce don Fabio, il digiuno in questa maniera si può paragonare alla verginità prematrimoniale, quell’attesa che la coppia vive per donarsi in compiutezza con la grazia di Cristo data dal sacramento:
«(…) non digiuniamo cioè per punire i nostri appetiti, ma perché attendiamo un cibo migliore, così come un giovanotto non si nega i rapporti sessuali con la fidanzata perché non li desidera, ma in attesa di poterli vivere come sacramento dell’incontro con lo Sposo».
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Inoltre il digiuno ci prepara all’Eucaristia perché ci fa scoprire che “ogni cibo rimanda al pane eucaristico”.
Digiunare quindi «per imparare a mangiare come figli e non come animali. Digiuniamo per fare di ogni pasto un’eucaristia, una lode a Dio, e così scoprire in ogni pasto il segno che ci rimanda al corpo di Cristo, fatto pane per noi. Digiuniamo perché, quando lo consumeremo, il cibo diventi un’anticipazione del banchetto celeste, di quella festa infinita di tutti i santi nella gloria dei cieli a cui siamo chiamati. Per questo la pratica del digiuno deve sempre sfociare nella celebrazione eucaristica. Per lo stesso motivo non si dovrebbe mai mangiare senza aver pregato».
DIGIUNARE PER NON ESSERE GOVERNATI DAGLI APPETTITI MA DALL’AMORE
La seconda ragione per cui digiuniamo è per restituire dignità al nostro corpo perduta a causa del peccato, per riordinarci, controllarci, mettere davanti all’istinto della fame… l’amore.
«Abbiamo visto che dopo il peccato troviamo scritta nella nostra carne la legge del «salva te stesso!». A causa di questa legge, facciamo ogni cosa, o quasi, per il nostro piacere e il nostro benessere, ma agire direttamente contro questa fame che sale dal profondo significa rimettere ordine nelle cose, ristabilire una giusta scala gerarchica: non vogliamo essere governati dalla fame, ma dall’amore! (…)Digiunare allora significa (…) affermare che non siamo determinati nelle nostre scelte dai nostri appetiti, ma dal nostro amore. In questo senso, quindi, nella categoria del digiuno rientra ogni rinuncia al «benessere» del corpo. Non è per masochismo che rinunciamo al nostro benessere, (…) ma per aprire in noi lo spazio di un autentico altruismo. Per questo il digiuno dovrebbe essere sempre connesso all’elemosina».
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IL DIGIUNO VIENE PRIMA DELLA PREGHIERA E DELLE ELEMOSINA
Don Fabio spiega che il digiuno riporta alla preghiera e all’elemosina, fungendo da ponte di collegamento e svolgendo un ruolo fondamentale. Digiunare per ricordarci che siamo affamati di Dio.
«Se è vero che non si può digiunare senza pregare o fare l’elemosina, è altrettanto vero che la preghiera è autentica solo se comporta una rinuncia al possesso sul tempo e quindi, in un certo modo, un digiuno; come l’elemosina a sua volta richiede la rinuncia al necessario, e quindi un digiuno. In sostanza il digiuno, inteso come astinenza dal mangiare, è utile perché crea in noi una mentalità di sobrietà che ci dispone più facilmente al dono del tempo nella preghiera e al dono dei nostri beni nell’elemosina. Anzi, mi spingerei fino a dire che in un ordine logico il digiuno viene prima delle altre opere ascetiche ed è, in un certo senso, l’ascesi per eccellenza. Non per nulla, quando bisogna combattere un peccato fortemente radicato nell’anima o vincere una dipendenza, i grandi autori spirituali raccomandano il digiuno come un aiuto potente».
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Il Santo Padre nell’omelia pronunciata il mercoledì delle Ceneri ci ha ricordato con forza il significato della Quaresima, il senso profondo di questo cammino, lungo 40 giorni, di ritorno al “cuore misericordioso del Padre”:
«La Quaresima è una via: ci conduce alla vittoria della misericordia su tutto ciò che cerca di schiacciarci o ridurci a qualunque cosa che non sia secondo la dignità di figli di Dio. La Quaresima è la strada dalla schiavitù alla libertà, dalla sofferenza alla gioia, dalla morte alla vita. (…) La Quaresima è il tempo di dire no; no all’asfissia di una preghiera che ci tranquillizzi la coscienza, di un’elemosina che ci lasci soddisfatti, di un digiuno che ci faccia sentire a posto. (…)Quaresima è tempo di memoria, è il tempo per pensare e domandarci: che sarebbe di noi se Dio ci avesse chiuso le porte?; che sarebbe di noi senza la sua misericordia che non si è stancata di perdonarci e ci ha dato sempre un’opportunità per ricominciare di nuovo? (…)Quaresima è il tempo per tornare a respirare, è il tempo per aprire il cuore al soffio dell’Unico capace di trasformare la nostra polvere in umanità».