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“Vi spiego perché stiamo riflettendo sull’istituzione dei viri probati”

BENIAMINO STELLA
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Gelsomino Del Guercio - Aleteia Italia - pubblicato il 05/02/18
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Il cardinale Stella, prefetto della Congregazione per il Clero: si pensa a persone anziane ed esemplari. Come avveniva, un tempo, a Corinto

Papa Francesco in un’intervista ha affermato: «Dobbiamo riflettere se i “viri probati” siano una possibilità». La Chiesa sta accogliendo l’invito di Papa Francesco? Il cardinale Beniamino Stella, Prefetto della Congregazione per il Clero, risponde a Fabio Marchese Ragona in “Tutti gli uomini di Francesco” (edizioni San Paolo).

Nè chiusure, né rigidità

«Si tratta di un tema che, spesso, torna alla ribalta – premette Stella – Il rischio è che vi siano letture strumentali e ideologiche. Da quell’intervista, tuttavia, emerge l’intuizione del Pontefice, che esorta la Chiesa a “riconoscere il momento giusto nel quale lo Spirito suggerisce qualcosa”. Cioè, non si tratta di essere a favore o contro qualcosa, ma piuttosto di valutare con attenzione le diverse possibilità, senza chiusure né rigidità».



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Rispetto alla crisi delle vocazioni, in alcune aree del mondo – si pensi ad esempio all’Amazzonia o alle sperdute Isole del Pacifico, ma non solo – «c’è un’acuta sofferenza per una vera e propria “emergenza sacramentale” che i pochi sacerdoti presenti non riescono a soddisfare; si tratta di chiedersi come rispondere a questa urgenza, prendendo in considerazione – almeno per alcune comunità più isolate – la possibilità di affidare l’evangelizzazione e la celebrazione dei sacramenti a dei viri probati».

Gli “anziani”

Secondo il Prefetto della Congregazione per il Clero, «dallo studio della questione emergono interessanti prospettive, di cui potrebbe essere valutata l’effettiva portata, come ad esempio la possibilità di ordinare in qualche comunità alcuni “anziani”, secondo la proposta che il vescovo emerito di Aliwal, in Sudafrica, Mons. Lobinger, fece già qualche anno fa».



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Di cosa si occuperebbero

Qui, prosegue Stella, «l’accento non è sui singoli viri probati che vengono ordinati, ma sulla maturità e responsabilità della comunità cristiana, dalla quale potrebbero emergere alcuni “anziani” che, una volta ricevuta l’ordinazione, si occuperebbero di garantire la celebrazione eucaristica, il sacramento della riconciliazione e quello dell’unzione degli infermi».

“Dispensatori dei misteri di Cristo”

Ricevendo l’Ordine Sacro, questi “anziani” si dedicherebbero «all’esercizio del munus sanctificandi, dal momento che tra i compiti del sacerdote – come ricordava in un’udienza Benedetto XVI – c’è quello di “santificare gli uomini, soprattutto mediante i sacramenti e il culto della Chiesa”, facendosi ministri della santificazione che Cristo ci comunica, “dispensatori dei suoi misteri, “ponti” dell’incontro con Lui, della sua mediazione tra Dio e gli uomini e tra gli uomini e Dio” (Benedetto XVI, Udienza Generale, 5 maggio 2010).

“L’Eucaristia costruisce la Chiesa”

L’idea fondamentale, secondo l’assioma di Henri de Lubac più volte sviluppato nel Magistero di Giovanni Paolo II, è che «L’Eucaristia fa la Chiesa e la Chiesa fa l’Eucaristia». Ciò significa, evidenzia Stella, ricordare la «verità essenziale, non soltanto dottrinale ma anche esistenziale, che l’Eucaristia costruisce la Chiesa, e la costruisce come autentica comunità del Popolo di Dio, come assemblea dei fedeli» (Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, n. 20) e, di conseguenza, la Chiesa, attraverso la celebrazione sacramentale, fa sì che il mistero eucaristico si riattualizzi nel tempo e nello spazio.



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Un impegno “part time”

Perciò, se «la Chiesa vive dell’Eucaristia» e l’Eucaristia «è il nucleo del mistero della Chiesa» (Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 1), allora a ogni comunità cristiana, anche in situazioni complesse e in contesti culturali ed ecclesiali difficili, «dovrebbe essere garantito questo alimento spirituale».

In tal senso, osserva il Prefetto per il Clero, «ove ne emergesse l’urgenza, si potrà pensare all’ordinazione di “anziani” che, continuando a conservare la famiglia e il lavoro e ricevendo una formazione contestualizzata all’ambiente, potrebbero offrire un servizio a tempo parziale nella stessa comunità da cui provengono, per garantire la pastorale sacramentale e, in particolare, la presidenza della celebrazione eucaristica».



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“Itineranti” o “stanziali”

Ci sarebbe in pratica un ritorno alle origini. «Si ricupererebbe – rincara Stella – quella struttura già esistente nella Chiesa delle origini, che distingueva i ministri ordinati celibi (come Paolo e altri fondatori di comunità) dai responsabili di comunità, come gli “anziani” di Corinto. I primi, con formazione più specifica e impegno a tempo pieno nel ministero, sarebbero più itineranti; i secondi, invece, nati all’interno delle stesse comunità, sarebbero più stanziali, secondo i bisogni e le necessità sacramentali della collettività».

Due compiti differenti

In sostanza, ogni comunità appartata e spesso quasi irraggiungibile «potrebbe esprimere i propri “anziani” per la presidenza dell’Eucaristia, mentre i ministri ordinati celibi, essendo itineranti, si occuperebbero dell’animazione e formazione di queste comunità, nonché degli “anziani” stessi che le presiedono in modo stabile».



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“Ipotesi da approfondire”

Una proposta che potrebbe sostituire, nel tempo, la figura del prete come la conosciamo oggi? «Si tratta – risponde il cardinale – soltanto di ipotesi da approfondire e di suggestioni che dovrebbero essere verificate attraverso uno studio attento e un ampio discernimento ecclesiale. Una proposta del genere, tuttavia, non sostituirebbe la tipologia di prete attuale né porrebbe in alcun modo l’accento sul celibato opzionale».

“Un prezioso servizio”

Invece, conclude Stella, «andrebbe a completare questa figura, affiancandole quella dei membri della comunità, scelti per età matura e vita esemplare, che potrebbero offrire un prezioso servizio, presiedendo l’Eucaristia e garantendo la confessione e l’unzione degli infermi. Sul tema, il cammino e la discussione sono appena iniziati«.



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