Contrariamente a quanto molti pensano, la vera umiltà non richiede di abbassarsi, ma di aprirsi agli altri. Invece di vivere centrati su sé stessi, si impara a dare il primo posto a ciò che è al di là di sé stessi.di padre Alain Bandelier
Cos’è la vera umiltà? Come rispondere, in una sola pagina, ad una domanda così vasta! In realtà, si tratta di essere impregnati non di una parola, ma di un modo di essere, direi addirittura di una grazia. La difficoltà è duplice: da un lato, secondo tutta la Tradizione della Chiesa, l’umiltà è la prima di tutte le virtù e porta d’accesso alla vita spirituale. Come per tutte le cose, tuttavia, gli inizi sono più difficili da descrivere che a realizzarsi. D’altra parte, non è facile portare alla luce una virtù che consiste, al contrario, nel rimanere nell’ombra. Conosciamo il paradosso umoristico: “In quanto all’umiltà, sono imbattibile!”
Non si tratta tanto di abbassarsi, quanto di aprirsi
La prima convinzione è che contrariamente a quanto molti immaginano, la vera umiltà non è negativa, ma positiva. Non nasce da un sentimento di piccolezza, di impotenza o di indegnità, ma prima di tutto da un senso di meraviglia: Dio è così grande, la vita così bella, l’amore così prezioso, che tutto ciò mi sorpassa. Non si tratta quindi tanto di abbassarsi, quanto di aprirsi. C’è in questo un mettersi da parte, una dimenticanza di sé; ma non è tanto il frutto di una negazione, quanto di una conversione. Invece di vivere centrati su sé stessi, si impara a dare il primo posto a ciò che è al di là di sé: “Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà. E chi perderà la propria vita a causa del Vangelo la salverà” (Lc 13, 33).
Dobbiamo anche diffidare, come della peste, dalla falsa umiltà. C’è un modo di svalutarsi, di lamentarsi della propria vera o presunta miseria, di caricarsi di mille rimproveri, che è agli antipodi della vera umiltà. A volte è un modo sottile e perverso di prendersi cura di sé stessi e di attirare l’attenzione su di sé, più spesso è anche un orgoglio interiorizzato e camuffato. Questa autocritica apparentemente virtuosa può nascondere sentimenti indicibili: amarezza davanti ai propri fallimenti, invidia per il successo degli altri, rabbia per i limiti imposti dalla realtà. Si può così costruire un’intera ‘personalità nella denigrazione’; questo porta a strutture psico-spirituali malsane, che possono essere peccaminose o malate, o entrambe le cose.
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L’uomo veramente umile è, al contrario, un uomo libero. Non ha niente da dimostrare, niente da difendere, niente da guadagnare. È gioioso, attento, disponibile. Ha tutta l’audacia, perché “l’amore perfetto scaccia la paura” (1 Gv 4, 18), sia che si tratti del timore di Dio o del timore degli altri, con l’autocensura che ne deriva. L’umiltà non porta ad un restringimento dello spirito o ad un raffreddamento del cuore, al contrario, è magnanima, come Maria lo testimonia nel Suo Magnificat: la fanciulla di Nazareth è e vuole essere solo la piccola serva, per questo Dio può fare grandi cose per lei e attraverso di lei.
L’umiltà rinnova tutte le relazioni umane
In relazione a Dio, l’umiltà svilupperà atteggiamenti che sono alla base di ogni crescita spirituale: l’adorazione di Colui che non cessa mai di crearci, la lode di Colui che non cessa mai di amarci, il pentimento davanti a Colui che non smettiamo mai di offendere, il silenzio e l’ascolto di Colui che non cessa mai di istruirci, l’obbedienza a Colui che desideriamo servire. In fondo, ogni volta che diciamo “Signore”, esprimiamo (o dovremmo esprimere) questo umile amore dei figli davanti al Padre, dei discepoli davanti al Maestro, dell’amato davanti all’Amante.
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Per quanto riguarda gli altri, l’umiltà rinnoverà tutti i rapporti umani. A poco a poco usciremo dal sistema abituale, fatto di rivalità, confronti, sospetti, frustrazioni, e manipolazioni di ogni tipo. La nostra strategia d’ora in poi sarà quella di essere semplicemente noi stessi, né più né meno, e di permettere agli altri di essere sé stessi. San Paolo lo dice meravigliosamente: “Non siate mai intriganti né vanitosi, ma abbiate abbastanza umiltà da stimare gli altri superiori a voi stessi” (Fil 2, 3); “Rivestitevi di tenerezza e compassione, di bontà, di umiltà, di dolcezza e di pazienza” (Col 3, 12).
In questo modo ci poniamo alla scuola di Cristo, perché, dice, “imparate da Me che sono mite e umile di cuore” (Mt 11, 29). Nato sulla paglia, morto sulla croce, nascosto nella gloria, Gesù ci rivela l’umiltà di Dio. Inginocchiato davanti ai Suoi Apostoli per lavar loro i piedi, ci conferma ciò che i cuori puri intuiscono: “Se qualcuno vuole essere il primo, sia l’ultimo tra tutti e il servo di tutti” (Mc 9, 35).
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