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Cos’è la “cultura dello scarto” citata più volte da Papa Francesco?

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 05/10/22
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IL DIZIONARIO DI PAPA FRANCESCO - Con questa espressione il pontefice lancia un allarme su tanti uomini e donne oggi sacrificati e "scartati" in nome dei "profitti"

Papa Francesco dall’inizio del suo pontificato ha parlato tante volte di “cultura dello scarto”. Che cosa vuole dire con questa espressione? 

Uomini e donne “sacrificati” 

Il Papa nel 2013 ha fatto questo ragionamento per spiegare cosa sia la “cultura dello scarto”: «Dio nostro Padre ha dato il compito di custodire la terra non ai soldi, ma a noi: agli uomini e alle donne. noi abbiamo questo compito! Invece uomini e donne vengono sacrificati agli idoli del profitto e del consumo: è la “cultura dello scarto”. Se si rompe un computer è una tragedia, ma la povertà, i bisogni, i drammi di tante persone finiscono per entrare nella normalità».

“Mentalità comune che contagia tutti”

Questa “cultura dello scarto”, osserva il Papa, «tende a diventare mentalità comune, che contagia tutti. La vita umana, la persona non sono più sentite come valore primario da rispettare e tutelare, specie se è povera o disabile, se non serve ancora – come il nascituro –, o non serve più – come l’anziano». 

Le conseguenze della “cultura dello scarto”

Questa cultura dello scarto, incalza il Papa, «ci ha resi insensibili anche agli sprechi e agli scarti alimentari, che sono ancora più deprecabili quando in ogni parte del mondo, purtroppo, molte persone e famiglie soffrono fame e malnutrizione. Una volta i nostri nonni erano molto attenti a non gettare nulla del cibo avanzato». 

Lo spreco quotidiano di cibo 

Il consumismo «ci ha indotti ad abituarci al superfluo e allo spreco quotidiano di cibo, al quale talvolta non siamo più in grado di dare il giusto valore, che va ben al di là dei meri parametri economici. Ricordiamo bene, però, che il cibo che si butta via è come se venisse rubato dalla mensa di chi è povero, di chi ha fame» (San Francesco Patrono d’Italia).

Il primo nemico

Queste parole di Papa Francesco sulla cultura dello scarto, ci portano con forza nel mistero della difesa della vita: il bravo medico è colui che non interviene limitandosi a far sparire i sintomi, ma chi attacca il male alla radice: dareste ad un malato di tubercolosi uno sciroppo per la tosse o l’antibiotico che distrugge la malattia? 

Papa Francesco sta facendo proprio questo: ci mostra il reale nemico che prima ancora di essere questo o quel comportamento è la cultura che respiriamo, appestata da decenni e decenni di quello che Benedetto XVI chiamava con riferimento filosofico “relativismo etico”, e lui, sottolineando l‘aspetto sociologico, “cultura dello scarto”.

Da persone a “non-persone”

Ma la “società del rifiuto” che consuma e scarta, finisce per farlo con le stesse persone. E qualcuno, anzi molti, finiscono per essere esclusi, anzi per essere non-persone.  

I “rifiuti umani” di Bauman

La cultura dello scarto (o del rifiuto) rende il mondo invivibile e di questo si rendono conto anche personaggi di estrazione culturale laica. Come Zygmunt Bauman, il sociologo polacco scomparso nel 2017, spiega che accanto a quelli urbani, la società consumistica produce “rifiuti umani”, entrambi assimilati da una presunta inutilità e alla fine anche l’uomo diventa un rifiuto, uno scarto così come disabili, bambini non voluti, poveri… l’uomo non perfetto diventa scarto della società (Aleteia, 17 dicembre 2013). 

Avidità e ignoranza 

Di recente il Papa si è rivolto ai leader dei 26 Paesi della Conferenza sul clima, puntando l’indice contro la “cultura dello scarto” in ambito climatico/ambientale.

“Contrastare quella cultura dello scarto, che sembra prevalere nella nostra società e che si sedimenta su quelli che il nostro Appello congiunto chiama i ‘semi dei conflitti: avidità, indifferenza, ignoranza, paura, ingiustizia, insicurezza e violenza’”. È l’esortazione del Papa ai partecipanti all’incontro “Fede e scienza: verso Cop26”, organizzato in Vaticano. 

Ambiente ferito e cultura dello scarto

“Sono questi stessi semi di conflitto - ha aggiunto il Papa - che provocano le gravi ferite che infliggiamo all’ambiente come i cambiamenti climatici, la desertificazione, l’inquinamento, la perdita di biodiversità, portando alla rottura di quell’alleanza tra essere umano e ambiente che dev’essere specchio dell’amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino”, scrive Francesco nel discorso consegnato durante l’incontro: 

“Tale sfida a favore di una cultura della cura della nostra casa comune e anche di noi stessi ha il sapore della speranza, poiché non c’è dubbio che l’umanità non ha mai avuto tanti mezzi per raggiungere tale obiettivo quanti ne ha oggi” (Agensir, 4 ottobre 2020).