separateurCreated with Sketch.

Il Papa è un “comunicatore populista” o i suoi messaggi sono spontanei?

POPE ELECTION
whatsappfacebooktwitter-xemailnative
Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 18/10/21
whatsappfacebooktwitter-xemailnative
Nessuna “finzione”. Ecco i fatti che lo dimostrano

Il Papa è un comunicatore populista? La comunicazione del Pontefice è una costruzione artificiosa o è spontanea? E’ una delle domande a cui prova a rispondere il giornalista (di Aleteia spagnolo) e scrittore Ary Waldir Ramos Díaz nel suo nuovo libro dedicato alla comunicazione del pontefice: “Siate autentici!” (Edizioni Lavoro).

Ramos riporta alcune testimonianze di chi ha conosciuto molto bene Bergoglio a Buenos Aires.

«Jorge ha gesti spontanei perché non fa calcoli», afferma Jorge Milia, che ha avuto Bergoglio come professore di Letteratura spagnola nel 1964 e di Letteratura argentina nel 1965 al Colegio Inmaculada Concepción, fondato nel 1610 e gestito dai gesuiti a Santa Fe de Vera Cruz, in Argentina.

Secondo Milia, il suo ex insegnante prende la vita come viene, anche se per lui «è difficile affrontare la sofferenza umana». Racconta che le sue lettere, da quando l’ha conosciuto, più di 50 anni fa, fino a oggi, terminano tutte con la frase «Prega per me». È coerente con se stesso, e questo viene percepito, in modo consapevole o meno, dalle persone che ascoltano il suo messaggio: «ha sempre chiesto di pregare per lui, quando era vescovo, sacerdote, maestrillo. Da un’altra angolazione è un atto di umiltà, di quelli che fanno venire i brividi. Com’è possibile che il Papa chieda di pregare per lui?», afferma Milia.

Il gesuita argentino Umberto Miguel Yañez, che ha conosciuto Bergoglio, tra il 1973 e il 1979, quando questi era provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina, racconta questa esperienza: «Il primo incontro personale con lui ha avuto luogo quando ho chiesto di essere ammesso nella Compagnia di Gesù. In seguito è stato mio formatore al Colegio Máximo di San Miguel, e quindi ho avuto l’opportunità di avere con lui un rapporto molto stretto, che ha segnato tutta la mia vita di gesuita e sacerdote. Devo dire che l’impressione che mi ha lasciato è stata di una grande austerità nella sua vita personale». 

Per Yañez, Bergoglio ha sempre cercato il contatto personale con i membri del «popolo di Dio»: «Quando era arcivescovo e cardinale, ogni volta che andava a visitare una parrocchia, quando terminava la Messa, usciva a salutare la gente e diceva sempre a ciascuno “Preghi per me”. L’arcivescovo preferiva pronunciare omelie brevi per poter trascorrere più tempo con le persone al termine della celebrazione».

Il cardinale di New York, Timothy Dolan (Reuters 2013), riferendo alcuni dettagli delle prime ore dopo la sua elezione, racconta che Francesco entrò in sagrestia, nel Lacrimatorium della Cappella Sistina, per indossare i paramenti papali e che, «quando ne uscì, preferì salutare i cardinali da una sedia posta al loro stesso livello invece che salire sulla piattaforma dove era stata preparata una sedia simile a un trono».

Papa Francesco è sempre stato un comunicatore che si mantiene allo stesso livello del suo pubblico. È consapevole delle implicazioni dei suoi gesti e delle sue parole?

O, semplicemente, è umile fino al midollo, come affermano i suoi amici e conoscenti più stretti? Umile Francesco lo è sempre stato.

Durante il brindisi a cena, il Papa ha mostrato subito il suo senso dell’umorismo e la sua spontaneità. Quando i cardinali, dopo sette riunioni pre-conclave e due giorni di isolamento totale, hanno alzato i calici, Francesco, strappando sorrisi, ha detto: «Dio vi perdoni per quello che avete fatto». Ha poi annunciato ai suoi «compagni» che avrebbe fatto visita a Castel Gandolfo al Papa emerito Benedetto XVI, che aveva rinunciato al pontificato l’11 febbraio, e, con il suo fine umorismo, ha concluso: «Devo anche passare alla residenza, prendere i bagagli e pagare il conto». 

In effetti, ironia o no, è quello che ha fatto. Nelle ore successive, una foto ha fatto il giro del mondo: Bergoglio, vestito di bianco, virtualmente con potestà di comando sull’hotel di proprietà pontificia, la Casa del Clero, situato in Via della Scrofa, che, sebbene gli impiegati lo informino che è non è necessario, preferisce pagare il conto per dare l’esempio, saluta con affetto coloro che lo hanno assistito durante il suo soggiorno e prende da solo la valigia, mentre nell’altra mano tiene la valigetta nera che lo accompagna sempre nei suoi viaggi apostolici.

Sul nome del nuovo Pontefice ci sono state alcune speculazioni. Poiché Bergoglio è membro della Compagnia di Gesù, qualcuno ha ipotizzato che potrebbe aver scelto il nome in onore di San Francesco Saverio (1506-1552), uno dei primi gesuiti, ma non è affatto così.

Presentarsi con il proprio nome a una persona o a un pubblico è il primo passo per avviare uno scambio. Anche il nostro nome comunica. Bergoglio ha deciso che il suo pontificato si sarebbe ispirato a San Francesco d’Assisi, il santo «poverello» che rinunciò ai beni terreni per mettersi al servizio degli ultimi. 

Il nome di Francesco è già tutto un programma per il pontificato: impegno ambientale (cura del creato), riforma della Chiesa (il mistico ricevette un invito divino a riparare la casa del Signore), opzione preferenziale per i poveri e i più bisognosi (il movimento di rinnovamento cristiano da lui guidato ebbe un’eco immensa tra le classi popolari dell’epoca).

Un altro tassello a sostegno della tesi che la comunicazione del Papa umile e spontanea lo spiegano i biografi di Bergoglio. Sono loro a sottolineare che anche lui non conduceva la vita principesca tipica dei cardinali. 

Non aveva voluto risiedere nel palazzo dell’arcivescovado, viveva in un piccolo appartamento, non aveva un autista, viaggiava in metropolitana, cucinava da solo e aveva un telefono nella sua stanza soltanto per ricevere le chiamate di soccorso da parte dei suoi sacerdoti impegnati in opere sociali e pastorali nelle periferie, ad esempio nelle Villas e in altri quartieri popolari di Buenos Aires.