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Non ho l’età (per i social)

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Umberto Macchi - pubblicato il 05/10/21
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Adolescenti e social network: qual è l’età migliore per iniziare?

Non ho l’età per amarti, cantava Gigliola Cinquetti negli anni Sessanta. Ma per entrare nel mondo del Web e dei social network, invece, ce l’ho, l’età? Qual è l’età giusta per consentire ai nostri figli di entrare nella rete?

Dare una risposta precisa non è semplice. La legge europea sulla privacy, il GDPR, indica i 16 anni come età minima per dare il proprio consenso digitale, cioè scegliere autonomamente di iscriversi a un Social Network. La legge europea poi dà ai singoli stati la possibilità di abbassare quest’età ma mai sotto i 13 anni. L’Italia ha posto l’età per il consenso a 14 anni, sotto tale limite i ragazzi devono avere il consenso dei genitori per iscriversi ai vari TikTok, Instagram, Whatsapp eccetera.

Ovviamente, però, tale regola è facilmente aggirabile dichiarando il falso, come in molti fanno, ma questo ha delle implicazioni tecniche (oltre che morali): se infatti un adolescente dichiara di avere 18 anni, i suoi dati verranno raccolti dalle piattaforme che gli mostreranno certe pubblicità pensando che sia maggiorenne. E qui arrivano i rischi, perché significa esporre dei bambini a contenuti inappropriati per la loro età.

Ecco perché il genitore che con superficialità regala al figlio uno smartphone senza controllare le sue attività, magari dandogli l’autonomia di iscriversi a TikTok a 10 anni, solo perché “ce l’hanno tutti”, non sta soltanto dichiarando il falso, e quindi commettendo un reato, ma si sta anche prendendo un’enorme responsabilità esponendo il proprio figlio ai pericoli della rete.

No, non è proprio così. Naturalmente in passato c’erano alcuni pericoli, oggi ne dobbiamo affrontare di diversi, ma quelli che noi consideriamo “giochi”, sono invece delle tecnologie e degli strumenti molto potenti di cui non abbiamo ancora la piena percezione perché troppo recenti.

Esattamente come il motorino di anni fa, non è pericoloso il social network in sé ma l’uso sbagliato e/o smodato che se ne fa (e che sempre di più ne fanno gli adolescenti). Se vogliamo fare un parallelo, potremmo dire: se vostro figlio vi chiedesse un motorino a 10 anni, glielo dareste? Probabilmente no, consapevoli dei rischi potenziali della strada. Dunque se vostro figlio vi chiedesse uno Smartphone a 10 anni, glielo dareste? Anche qua la risposta dovrebbe essere no, probabilmente no, consapevoli dei rischi potenziali della rete. La differenza, se ci pensate bene, non è molta, ecco perché molte piattaforme (come TikTok) stanno andando in una direzione più moderata. Internet, se ben gestito, è un’infinita risorsa; ma se preso senza limiti è un fonte di grandi pericoli per i più giovani. Gestire un profilo Instagram o TikTok a 10, 11, 12 anni può avere delle conseguenze negative a causa della scarsa maturità e della poca consapevolezza del mondo che hanno i ragazzi, per non parlare poi del condividere le proprie informazioni private con sconosciuti.

Se vi sembrano precauzioni esagerate, perché “cosa mai vuoi che succeda se mio figlio apre un profilo social a 11 anni?”, pensate che dietro a questi limiti di età ci sono proprio le grandi aziende che hanno tutto l’interesse a vendere il proprio prodotto a più persone possibili (e che quindi non si fanno certo mille scrupoli). Eppure, nonostante l’interesse a fare i soldi, proprio tali aziende hanno deciso di porre dei limiti, perché i pericoli sono tanti e loro non vogliono accollarsi le possibili responsabilità che ne potrebbero derivare (anche nonostante gli avvocati ben pagati).

I genitori dovrebbe far capire ai figli che ci sono delle leggi e che no, non possono essere raggirate. L’obiettivo dovrebbe essere quello di investire sempre di più nell’educazione digitale dei bambini e dei genitori: senza questa conoscenza la tecnologia e tutti i suoi formidabili strumenti rischiano solo di diventare fonte di abuso e dipendenza.

Sicuramente l’età giusta per i social network arriva quando l’adolescente (e spesso anche l’adulto) ha imparato il senso della misura, supportato da genitori che, grazie a una presenza costante (ma non asfissiante), gli hanno fatto capire quanto sia dannoso e sconsigliabile l’abuso di qualsiasi cosa.