L'idea è una lampadina, qualcosa che si accende. E una buona idea parte sempre dall'osservazione. Non è campata per aria, piuttosto è ben piantata per terra.
L'idea di Salima Visram ha letteralmente acceso la luce in casa di tanti bambini africani. Questa ragazza ha inventato lo zaino solare, The Soular Backpack, quando era ancora all'università.
Alle nostre latitudini potrebbe ridursi solo all'ultima trovata green. Da noi potrebbe essere una trovata come tante per ricaricare il cellulare facilmente. Per molti villaggi del Kenya è stata una piccola rivoluzione che ha consentito ai ragazzi di studiare a casa loro, dove è raro che le abitazioni siano dotate di energia elettrica.
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Guardare è il primo verbo di un buon creativo. Creatività è vedere quello che c'è sotto i nostri occhi, senza essere schiavi dell'abitudine o dei pregiudizi. Due dati si sono offerti alla vista di Salima: nei villaggi più poveri del Kenya i bambini camminano per ore sotto il sole per andare e tornare da scuola; arrivati a casa a sera molti non riescono a studiare perché le loro case non hanno la luce, per molti altri l'unica fonte di illuminazione è il cherosene che è pericoloso e tossico. Il cherosene è anche costoso e grava su bilanci familiari già al limite dell'indigenza:
Questi due dati potevano rimanere separati, offrendo spunti per arricchire la narrazione amara e disillusa sulle condizioni pessime dell'educazione nei paesi del terzo mondo. Nella testa di Salima i due dati si sono scontrati in modo creativo, e ne è nata letteralmente un'illuminazione.
Perché non sfuttare positivamente quella camminata faticosa sotto il sole per raggiungere la scuola e per tornare a casa? Lo zaino solare è corredato di un piccolo pannello solare e di una lampada a LED che può essere alimentata con l'energia raccolta durante le camminate. Grazie a questo, addio al cherosene. Il pannello solare dello zaino è in grado di immagazzinare energia sufficiente per dare alla lampada un'autonomia di 3 giorni, ed è perciò perfetto anche per i weekend in cui la scuola è chiusa. Dopo la camminata del venerdì la lampada resta carica fino al lunedì successivo.
Il motto dell'impresa a cui si è dedicata Salima Visram riassume una visione semplice e potente:
L'energia è nei tuoi passi
All'intuizione è seguita la realizzazione. Salima Visram ha progettato e realizzato il suo zaino solare mentre era studentessa in Canada alla McGill University. Non poteva però proporlo come prodotto da acquistare alle famiglie indigenti africane.
La prima idea imprenditoriale è stata quella di venderlo come zaino in Canada e America. Per ogni zaino acquistato, ne veniva regalato uno a un bimbo del Kenya. Il primo modello è stato messo in commercio nel 2015 ed è stato migliorato nel corso degli anni. Ad esempio, si è notato che le lenti del pannello solare erano fragili e potevano rompersi facilmente se lo zaino veniva buttato a terra (cosa che capita agli studenti di tutto il mondo). Sono state create lenti a prova di caduta.
Dietro l'aspetto più imprenditoriale di quest'idea c'era sempre una premura ideale chiara: senza educazione, non si esce dalla povertà. Però Salima ha dovuto confrontarsi con chi le suggeriva di lasciar perdere l'anelito umanitario e la invitava a puntare tutto sulle ottime prospettive di guadagno del suo zaino solare:
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Un altro passo importante di questa storia è stata la scelta di spostare la produzione degli zaini direttamente in Africa, affidandola a un gruppo di donne. Al contributo educativo si è aggiunta la prospettiva di offrire lavoro a chi ne ha bisogno.
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Con buona pace di chi riduce tutto il pensare e fare alla legge dei dividendi, i circoli virtuosi di chi investe su una creatività a servizio del bene esistono. E sono come i cerchi di un sasso buttato nello stagno, si allargano. I dati sotto i nostri occhi - anche quelli feriti e disastrati - hanno bisogno di uno sguardo come quello di Salima. Ore di cammino sotto il sole, baraccopoli senza luce, donne senza lavoro, avrebbero potuto rimanere ingredienti di una ricetta amarissima. Sole, fatica, mani operose sono cose buone. Guardate alla luce dell'impresa educativa sono ancora più buone.
Mi colpisce soprattutto l'immagine di quella camminata faticosa che si trasforma in luce. La prima cosa che ci viene in mente è che sarebbe bello evitare a quei bambini la fatica di quelle ore sotto il sole. Ma non potendo togliere il peso di questa loro fatica, è ancora più significativo che i loro passi si trasformino in luce. C'è del genio tipicamente femminile in quest'idea? Forse sì, ma senza calcare troppo la mano sulle rivendicazioni rosa.
Sicuramente, da donne, si può essere fiere che una volta in più una piccola storia di cronaca vera ci veda protagoniste di un'impresa in cui uno sguardo attento sul reale faccia fiorire un bene proprio dove c'è fatica, povertà, speranze stritolate.