Nel calendario liturgico francescano, il 17 settembre è una festa importante. I Francescani di tutto il mondo celebrano infatti la festa dell'Impressione delle Stigmate di San Francesco.
Verso la fine della vita del santo, due anni prima della sua morte, avvenne qualcosa che forse non aveva precedenti nella storia della cristianità. Nel 1224, Francesco si recò all'eremo de La Verna, in Toscana, per digiunare e prepararsi alla festa di San Michele Arcangelo (29 settembre). Il 17 settembre, tre giorni dopo la festa dell'Esaltazione della Santa Croce, ricevette la visita di un angelo.
San Bonaventura descrisse come un serafino fiero e a sei ali fosse disceso dal cielo. Tra le ali dell'angelo apparve l'immagine di un uomo crocifisso, con le mani e i piedi stesi a forma di croce e legato a una croce.
“Scomparendo, la visione gli lasciò nel cuore un ardore mirabile e segni altrettanto meravigliosi lasciò impressi nella sua carne. Subito, infatti, nelle sue mani e nei suoi piedi, incominciarono ad apparire segni di chiodi, come quelli che poco prima aveva osservato nell'immagine dell'uomo crocifisso. Le mani e i piedi, proprio al centro, si vedevano confitte ai chiodi; le capocchie dei chiodi sporgevano nella parte interna delle mani e nella parte superiore dei piedi, mentre le punte sporgevano dalla parte opposta. Le capocchie nelle mani e nei piedi erano rotonde e nere; le punte, invece, erano allungate, piegate all'indietro e come ribattute, ed uscivano dalla carne stessa, sporgendo sul resto della carne. Il fianco destro era come trapassato da una lancia e coperto da una cicatrice rossa, che spesso emanava sacro sangue, imbevendo la tonaca e le mutande” (Leggenda Maggiore, capitolo 13, 3)
Proprio prima di ricevere le sacre ferite, secondo la Terza Considerazione delle Stigmate (compresa nei Fioretti di San Francesco), il santo aveva pregato per ricevere due grazie: provare nel proprio corpo il dolore che Gesù aveva sentito durante la Sua Passione e conoscere nel cuore l'amore che Gesù provava per tutta l'umanità. In quel momento ricevette le stigmate – i segni, o ferite, di Cristo – sulle mani, sui piedi e sul costato, e venne sopraffatto dalla gioia, anche se piegato dal dolore.
Colpisce, e confonde anche, che Francesco abbia chiesto di provare al contempo dolore e amore, che in qualche modo abbia collegato i due elementi. Con fede e semplicità, però, comprendeva il legame tra la sofferenza e l'amore, perché la sua spiritualità era radicata nella Passione di Cristo e nell'amore per l'umanità.
Nella Lettera sul Transito di San Francesco attribuita a frate Elia (Ministro Generale dell'ordine), il religioso dichiarava cosa significassero le stigmate per lui e cosa aveva osservato sul suo corpo: “Vi annuncio una grande gioia, uno straordinario miracolo. Non si è mai udito al mondo un portento simile, fuorché nel Figlio di Dio, che è il Cristo Signore. Qualche tempo prima della sua morte, il fratello e padre nostro apparve crocihsso, portando impresse nel suo corpo le cinque piaghe, che sono veramente le stimmate di Cristo. Le mani e i piedi di lui erano trafitti come da chiodi penetrati dall'una e dall'altra parte, e avevano delle cicatrici dal colore nero dei chiodi. Il suo fianco appariva trafitto da una lancia, ed emetteva spesso gocciole di sangue”.
A La Verna, la vita e la missione di Francesco divennero inspiegabilmente e misteriosamente unite alla vita e alla missione di Cristo. L'Incarnazione di Cristo, il “capolavoro” della creazione di Dio, l'“intero proposito della creazione”, prendendo in prestito le parole del teologo scolastico francescano beato Giovanni Duns Scoto, culminò nella Passione e nella crocifissione come massima espressione dell'amore, della carità e della missione di Cristo. E ora quell'amore, quella carità e quella missione erano legate per sempre a Francesco.
Anche se questa è la prima recezione registrata delle stigmate, alcuni credono che San Paolo possa aver alluso a qualcosa di simile quando ha scritto “Io porto nel mio corpo il marchio di Gesù” (Galati 6, 17).
Dall'epoca di San Francesco, molti altri mistici hanno ricevuto le stigmate in una forma o nell'altra. Alcuni, come Francesco, hanno ricevuto tutte le ferite di Cristo sulle mani, sui piedi e sul costato, altri, come Santa Veronica Giuliani, clarissa cappuccina, le avevano sul corpo e avevano anche impressa la corona di spine sulla fronte. Santa Rita da Cascia, agostiniana, aveva solo una ferita di una spina sulla fronte. Altri ancora, come la domenicana Santa Caterina da Siena e Santa Faustina Kowalska, hanno ricevuto quelle che sono note come stigmate invisibili, per le quali provavano il dolore delle ferite senza avere segni esterni.
La chiamata dell'“anima vittima” è una missione unica e misteriosa nella comunità dei fedeli. Poco comprese, le anime vittime offrono volontariamente le proprie sofferenze mistiche come condivisione del potere redentore della crocifissione e resurrezione. Soffrono dolori laceranti che si manifestano in modo visibile o invisibile, e le loro sofferenze sono spesso accompagnate da fenomeni mistici come visioni, locuzioni o altri eventi soprannaturali. Attraverso queste sofferenze, le anime vittime ricevono il dono di grazia che spesso offrono in espiazione per gli altri – spesso per i peccatori o i malati.
Va notato che a livello teologico l'espiazione deriva da Cristo e solo da Lui. A volte, però, Dio usa gli uomini come mediatori. San Paolo testimonia la possibilità di offrire la propria sofferenza a beneficio degli altri quando dichiara: “Ora sono lieto di soffrire per voi; e quel che manca alle afflizioni di Cristo lo compio nella mia carne a favore del suo corpo che è la chiesa” (Colossesi 1, 24).
Paolo non intende che l'espiazione di Gesù sia stata in qualche modo insufficiente, piuttosto dice che possiamo partecipare alle sofferenze di Cristo per il bene e la salvezza altrui.
L'esempio di San Francesco e la festa dell'Impressione delle Stigmate ci guidino nella nostra vocazione mentre ci sforziamo di vivere pienamente la vita a cui siamo chiamati da Cristo.