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Covid, i più giovani senza il vaccino rischiano polmonite e MIS-C

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 14/09/21
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Oltre ai problemi respiratori derivati da una polmonite, sta emergendo una nuova patologia "conseguenza tardiva" del Covid nella fascia 12-17 anni: la Sindrome infiammatoria multisistemica. Tutto questo si può prevenire vaccinandosi

Non è più solo la polmonite a fare paura, ma ora tra le conseguenze del Covid per i più giovani, c’è anche la Sindrome infiammatoria multisistemica: è questo uno dei motivi che rende ancora più urgente la vaccinazione nella fascia 12-17 anni. 

Lo ha spiegato ad Aleteia la dottoressa Livia Gargiullo, pediatra dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma. 

«La vaccinazione nella fascia tra 12-17 anni, cioè in età scolastica - spiega la pediatra - serve prima di tutto a proteggere loro stessi dal coronavirus. Si sono registrati, infatti, decessi e manifestazioni molto importanti come la Sindrome infiammatoria multisistemica (MIS-C), con ricoveri sia nei reparti Covid, che in terapia intensiva. L’abbiamo riscontrata anche nel nostro ospedale in alcune decine di casi. Si tratta di una patologia importante, che può diventare grave, una infiammazione generalizzata che coinvolge tutto l’organismo, dal sistema cardio-circolatorio a quello gastroenterico e respiratorio».

I sintomi sono febbre elevata, segni di infiammazione sistemica evidenziati dagli esami di laboratorio (aumento dei neutrofili tra i leucociti, la Pcr elevata che è un indice di infiammazione, la linfopenia che ovviamente è tipica del Covid), con segni e sintomi di interessamento d’organo: il cuore , i polmoni, i reni (Corriere, 5 agosto).

Gargiullo precisa che «non si tratta dell’effetto diretto del virus, ma di una infiammazione che in età pediatrica può essere ancora più pericolosa. Sono necessarie cure importanti, e può lasciare degli esiti».  

La Sindrome infiammatoria multisistemica «sta emergendo come manifestazione tardiva di Covid» e che «inizialmente era inquadrata nel contesto della malattia di Kawasaki per alcune similitudini cliniche e di laboratorio». Ma ora «sta assumendo gradualmente, però, una propria identità nosologica», ha spiegato a ilgiornale.it (7 agosto)  il prof. Giuseppe Mele, pediatra e Presidente della Società Italiana Medici Pediatri (SIMPE).

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Secondo gli scienziati del Children's Hospital di Philadelphia e della Perelman School of Medicine dell'Università della Pennsylvania all'origine della MIS-C potrebbero esserci tre possibili fenomeni. 

In primo luogo l'attivazione continua della risposta immunitaria specifica dovuta alla persistenza dell'antigene (ossia la firma proteica riconoscibile) del SARS-CoV-2; la presenza del virus annidato in un nuovo tipo di tessuto o lo sviluppo di un'infezione secondaria dopo due o tre settimane da quella iniziale; infine una reazione di tipo autoimmune, con il sistema immunitario che si rivolge verso l'organismo stesso (Focus.it, 7 maggio).

Un altro motivo non secondario per cui vaccinare questa fascia particolarmente giovane, cioè 12-17 anni, aggiunge la pediatra, «è la protezione delle persone che non possono vaccinarsi, come i bambini più piccoli, e per ridurre, così, la circolazione del virus».

«Il Covid può colpire, infatti, anche gli under 12. Per ora il vaccino in questa fascia non è stato ancora autorizzato dagli organismi preposti, ma sappiamo che gli studi sono in fase avanzata e anche l’iter per avere le autorizzazioni necessarie».

Il terzo motivo per consigliare la vaccinazione «è che facendola si riducono i possibili focolai scolastici e si può ritornare nelle rispettive comunità scolastiche con maggiore tranquillità», precisa Gargiullo. 

Sul fronte degli effetti indesiderati, la pediatra del Bambin Gesù precisa che «gli adolescenti si stanno rivelando molto propensi a fare il vaccino anche perchè gli effetti indesiderati sono quasi nulli: al massimo un pò di febbre, un pò di malessere. Nella fascia 12-17 anni gli enti regolatori stanno monitorando i casi di miocardite e pericardite, i quali sono molto rari e in fase di studio. Peraltro sono stati risolti in breve tempo e con cure mediche».

L’appello dell’esperta dell’ospedale pediatrico di Roma, per sollecitare gli “indecisi”, è «perché il vaccino in questo momento è l’unico mezzo per sconfiggere il virus e proteggere i nostri figli. Solo così si può tornare a vivere in serenità la nostra vita quotidiana». L’invito è a parlarne sempre con il proprio pediatra, «con il quale bisogna avere un rapporto di fiducia per esporre i propri dubbi. I pediatri, come indicato dalla Società italiana di Pediatria, guideranno al meglio le scelte nell’interesse dei ragazzi».

L’importanza della vaccinazione per i giovanissimi e i bambini, è certificata anche da un importante studio pubblicato negli Stati Uniti. 

I Centers for Disease Control and Prevention (CDC) hanno scoperto che in Usa tra fine giugno e metà agosto, con l’arrivo della variante Delta, i tassi di ospedalizzazione dei bambini negli Stati dove si è vaccinato meno, sono stati quasi 4 volte di più di quanto misurato negli Stati in cui i cittadini sono stati vaccinati maggiormente (Corriere, 9 settembre).

Il tasso di ricoveri è di 49.7 per 100.000 giovani e la classe meno colpita sembra quella dai 5 agli 11 anni.

Tra i ricoverati il 26.5% ha richiesto terapia intensiva, il 6.1 % ha avuto necessità di ventilazione e il 0.7 % è purtroppo deceduto.

Il numero di ricoveri degli adolescenti (12-17 anni) non vaccinati, è stato 10 volte più alto di quelli dei vaccinati completamente e non si notano differenze significative tra la variante Delta e le precedenti.

Un dato interessante è quello che nota come il numero di adolescenti contagiati sia molto più alto nelle comunità con meno vaccinazioni. In pratica dove la popolazione è maggiormente vaccinata (a prescindere dal numero di giovani vaccinati) i giovani si contagiano di meno (www.cdc.gov).

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