La vita degli angeli, in effetti, non è patrimonio esclusivo di quelli che si mantennero sempre separati dall'opera della carne: “la castità” e non solo la verginità, “è la vita angelica”.
Già Tertulliano affermava che anche le vedove che rinunciano alle seconde nozze, passano a far parte della famiglia degli spiriti celesti. E San Giovanni Crisostomo propone loro lo stesso ideale delle vergini, giacché è possibile arrivare alle stesse vette sebbene il principio della loro ascensione sia situato su un piano meno alto.
Certo è che le vergini realizzano una “filosofia superiore”, e da questo punto di vista, il loro stato è più sublime di quello delle vedove; ma questo non impedisce loro di poter raggiungere lo stesso grado di perfezione angelica. Lo stesso si dica dei monaci, di tutti i monaci che vivono in coerenza con la loro professione.
Anche se l'abito monastico è considerato spesso come veste penitenziale! Simone di Tessalonica si poneva questo problema: come può - si domanderà a volte - l'abito di penitenza chiamarsi abito angelico, se gli angeli né peccano, né possono peccare per natura?”. E fra le altre ragioni cita la seguente: il monaco “ha abbandonato la vita secolare. Ha detto addio al mondo, ai suoi genitori, a sua moglie, ai suoi figli e ai suoi fratelli” per imitare “la vita degli angeli, i quali non sono sottomessi a nessun potere di amore terreno, e non hanno parentela carnale”.
In qualsiasi modo siano arrivati alla soglia della vita religiosa, per il solo fatto di vestire l'abito e obbligarsi a conservare la castità, “fanno una vita simile agli angeli”; a non darsi in pasto alla concupiscenza per il voto che emettono, dalla loro stessa professione sono iscritti nei “registri angelici”, ed essendo uomini impastati con carne e sangue, soggetti alle necessità di una natura mortale, la loro purezza li rende adatti ad operare “come se non avessero corpo”, o meglio ancora, “fuori da poche cose”, sono “esseri incorporei”.
Come si vede, la castità gioca un ruolo importantissimo nell'equiparazione tradizionale della vita monastica alla vita angelica. “È monaco” - dice San Giovanni Climaco - “colui che imita, in un corpo terreno e sordido, lo stato e la vita di quelli che non hanno corpo”. E San Bernardo afferma che non c'è nella Chiesa stato più simile ai cori celestiali di quello monastico. Nessuno è più vicino alla Gerusalemme di sopra “sia per la gioia della castità, che per l'ardore della castità”.
Il grande abate di Chiaravalle in un'altra occasione diceva, predicando ai suoi monaci: