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Bebe Vio “presta il braccio” al fotografo: si può sorridere anche dei propri limiti

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Giovanna Binci - pubblicato il 27/08/21
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Non bisogna prendersi troppo sul serio, nemmeno quando si tratta dei propri limiti. Bebe Vio a Tokyo 2020 "presta il braccio" artificiale al fotografo e auto ironizza su quella diversità in modo (davvero) normale.

Ci ha fatto un po' preoccupare la nostra Bebe Vio in questi giorni, dopo aver annunciato su Instagram che non l'avremo vista nelle gare di sciabola alle Paralimpiadi di Tokyo 2020

L'atleta lo ha detto col sorriso che la contraddistingue, chiedendo supporto per i suoi colleghi e ringraziando tutti quelli del suo team che hanno creduto che potesse farcela ad affiancare questa disciplina alla sua specialità, il fioretto

"Per una serie di motivi" che spera di poter spiegare, la schermitrice ventiquattrenne salirà invece in pedana oggi e domani, 29 agosto.

Speriamo niente di grave e intanto continuiamo a goderci lo spettacolo dello sport e tifare per lei e tutto il team dell'Italia. 

Per fortuna ci ha pensato sempre Beatrice a tranquillizzare gli animi col suo solito umorismo e l'auto ironia che non perde mai… non come il suo braccio destro a quanto pare! 

Proprio quello infatti la campionessa, colpita nel 2008 da una meningite fulminante, che le ha causato un'infezione a gambe e braccia per la quale è stata necessaria l'amputazione, lo ha lasciato per qualche minuto in prestito al fotografo per alcuni scatti con l'arto che tiene un cartellone. Mentre nel video postato su Instagram si vede l'uomo da lontano e che restituisce la protesi alla proprietaria dalla transenna, la ragazza commenta:

Prestare anche quello che non si ha: ecco una cosa che noi "normodotati" non potremmo mai fare e che ci ricorda che no, non siamo i migliori in tutto, anche con due braccia. 

ha detto Bebe alla conferenza stampa di apertura delle Paralimpiadi. (Fonte: dire.it

E lei se lo è preso a Rio e spera di bissare.

Intanto resta campionessa indiscussa di speranza e di autoironia, facendosi ambasciatrice non solo dello sport, ma di un modo nuovo di vivere e vedere la disabilità. Una cosa normale, per citare un altro dei suoi post: come quando ti svegli la mattina e indossi le scarpe… Ehm… Le braccia spaiate! 

Bebe ci ha abituati a questo umorismo che spesso noi, pensando di essere irrispettosi verso chi è diverso, non ci concediamo con tanta facilità. Certo, ogni persona ha una sensibilità che va considerata quando si parla di disabilità o malattia. Eppure forse, la normalizzazione delle differenze passa anche da questo. Senza esagerare come con tutti: una battuta sulla mia pancetta ve la concedo anche io, dai.

Nel sacro santo dovere di rivolgerci ad ogni persona, disabile o no, come desidera e di rispettarla, ricordiamoci che anche trattare sempre la diversità con i guanti bianchi la rende qualcosa di davvero tabù, lontano, asettico.

Saper ironizzare sui propri limiti è quello che ci ricorda che sì, ne abbiamo tanti, tantissimi, a volte ci sembrano insormontabili, ma lamentarsi e abbattersi ci fa già partire da sconfitti. Forse non possiamo vincere, ma dobbiamo fare come il calabrone la cui "struttura alare non è adatta al volo, ma lui non lo sa e vola lo stesso", come ha scritto Bebe poco prima della partenza per il Giappone sotto una foto con tuta bianca e ali da angelo. 

E se Bebe presta il fianco… ehm… il braccio per le foto di rito, c'è qualcuno che le guarda sempre le spalle: sua sorella, Sole. Anche lei la tagga scrivendo "Bebe mi sa che ti hanno rubato un pezzo". 

Sorella bodyguard… anzi è proprio il caso di dire: hand-guard! 

Alla fine Bebe ha vinto l'oro contro un'eccellente e sportivissima avversaria, la cinese Jingjing Zhou. E' la sua seconda medaglia paralimpica del metallo più prezioso nella sua specialità, ma sembra che quello con cui hanno fuso questo trofeo sia stato estratto da una vena aurifera di qualità superiore.

Alla fine, dunque, ce lo ha detto il motivo per cui ha rischiato di non partecipare a questa edizione dei Giochi Paralimpici: ciò che ha rischiato è ancora più serio di una rinuncia ad una competizione per cui si preparava tenacemente da 5 anni.

Questa giovane donna, atleta piena di talento e dotata di una tenacia che sembra inestinguibile, continua ad offrire a sé stessa e al mondo uno spettacolo di forza e coraggio talmente convincente da non lasciare spazio ad alcuna stucchevole retorica. Eccola, la prima vera qualità della vita, smisurata, sempre fuori scala: essere viva.

(aggiornamento del 30 agosto 2021, Paola Belletti)