A sentire parlare di Gesù in questi termini proprio da lei, Rae Lin D’Alie, star del basket 3X3 italiano, ti viene da fidarti (e magari anche affidarti un po' di più).
Una che di canestri se ne intende (tanto per dire, è suo il punto che ha regalato il pass olimpico per Tokyo alla nazionale nella partita decisiva di spareggio contro l'Ungheria) per la partita della vita ha voluto nella sua squadra il top player e non si vergogna di dirlo.
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Poi fa comodo averlo anche nelle sfide quelle sul campo, certo, e lo dice ancora nell'intervista al Corriere:
A questo punto io, invece, sono quasi gelosa: non riesco a snocciolare una decina nemmeno mentre lavo i piatti, figurati con la leggera pressione che hai mentre giochi una partita di basket e le avversarie cercano di sottrarti la palla.
Eppure, proprio lei è conosciuta come l'"immarcabile": che questa forza sul campo sia specchio di quanto è allo stesso tempo "implacabile" nella preghiera?
E se in campo non è che ti puoi portare la Bibbia di Gerusalemme, Rae si scrive sul braccio piccoli reminder alla Sacra Scrittura. Ad esempio quello "strike" sempre al match decisivo per la qualifica per Tokyo:
Ma pure spettacolo, aggiungo io, dato che questo punto è arrivato a filo di sirena.
Direi che questa strategia vincente ce la segniamo anche noi, Rae (magari non sul braccio).
Italo americana, con radici siciliane, inizia a giocare a basket a otto anni. Quando arriva la fatidica domanda a cui nessun italo-qualcosa scampa, afferma che non saprebbe scegliere tra Italia e USA, ma che il Bel Paese che l'ha sportivamente adottata è sempre più "casa":
Nel 2016 gioca il suo primo torneo di basket 3X3 con l'attuale collega Giulia Rulli ed è subito amore per questo sport che
Nonostante l'incredibile talento non è mai stata (ancora) convocata dalla WNBA (la versione femminile del sogno di ogni cestista, l'NBA), ma lei prende atto della cosa con un
"Diciamo che non mi ha mai dato una chance" e continua a lavorare come ambasciatrice mondiale FIBA per il suo sport.
Quando il #restoumile è uno stile di vita, ma soprattutto, quando sai che non ci sono sogni (o sport) più piccoli di altri, solo i tuoi, di sogni, per cui dare tutto.
Tra questi sogni c'è anche un lavoro che aiuti chi soffre, dato che fuori dal campo Rae ha studiato teologia e sociologia.
Poi c'è la casa quella fatta di cuore. Una mamma e un papà nel Wisconsin che le hanno insegnato l'amore e la fedeltà, come si legge su una dedica in Instagram. E ancora quel "grazie" non solo per il supporto, i balli in cucina, le battute, ma per non aver mai abbandonato Dio e la mano l'uno dell'altra quando sembrava tutto troppo da sopportare.
Ci credo che questa ragazza poi sogni un matrimonio così, come leggo in chiusura dello stesso post.
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A volte Dio lo mettiamo in panchina, nella nostra vita. Invece, come fa Rae, Dio devi portartelo in campo. Lasciargli il controllo di palla, farlo giocare fianco a fianco con te le partite decisive.
Io ce lo vedo, Gesù, coi calzoni da basket.
Voi no?