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Tokyo: l’atleta olimpica più giovane si è allenata sotto le bombe

HEND ZAZA, OLIMPICS

TRT World | Youtube

Annalisa Teggi - pubblicato il 22/07/21

Ha 12 anni e si chiama Hend Zaza, viene dalla Siria ed è un talento del tennis tavolo. Si è allenata sotto i bombardamenti e solo durante il giorno, perché dove viveva non c'era l'energia elettrica.

Ha rischiato di slogarsi una caviglia nel momento decisivo. Il pavimento dello stadio che ospitava la competizione era troppo liscio rispetto a quelli sconnessi e sgangherati dove si allenava in Siria. Accadeva l’anno scorso, ma alla fine Hend Zaza è riuscita a qualificarsi alle Olimpiadi di Tokyo ed è la più giovane atleta in gara: ha solo 12 anni.

Ma ha anche un altro primato: è la prima atleta a rappresentare la Siria nella disciplina del ping pong alle Olimpiadi.

Gioia e meticolosità

Non ho mai visto nessuna giocare con la sua stessa gioia e nessuna prepararsi con la sua meticolosità. Aveva ovviamente molti aspetti tecnici da migliorare, ma il suo atteggiamento sempre positivo rappresentava una garanzia per il futuro.

Da Gazzetta dello Sport
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Lo dichiarò Eva Jeler, allenatrice della squadra tedesca di tennis tavolo e reclutatrice di giovani talenti, quando la vide giocare nel 2016. Hend Zaza era ancora un talento grezzo, eppure indiscutibilemente destinata a emergere.

Bisogna fare un passo indietro di 50 anni per trovare un’atleta giovane come lei (la pattinatrice Beatrice Hustiu che gareggiò alle Olimpiadi invernali del 1968) e bisogna addirittura inoltrarsi nel lontanissimo 1896 per pescare un atleta ancora più giovane (il ginnasta Dimitrios Loundras che prese parte ai Giochi ad appena 10 anni). E i primati si sa che contano nello sport.

Eppure non è solo la giovane età a far sì che l’attenzione mediatica si concentri su questa ragazzina siriana, pronta a dare il tutto per tutto a Tokyo. La sua tenacia e il sorriso di speranza che ha stampato in volto hanno molto a che fare con quel pavimento sconnesso su cui ha cominciato ad allenarsi. Non sono le strade lisce a dare il grip e il sostegno più adeguato allla nostra crescita. Ci si allena – in corpo e spirito – proprio lì dove il tessuto della vita è scabro e dissestato e ci spinge a farci domande essenziali, a mettere a fuoco obiettivi diversi dal puro protagonismo.

Alla luce del sole e sotto le bombe

In un mondo in cui l’effetto domino delle cancellazioni delle qualificazioni olimpiche pare inarrestabile, le lacrime di gioia di Zaza ad Amman con il trofeo in mano sono sembrate un minuscolo atto di giustizia nei confronti di questa abitante di Hama, tra le città siriane martoriate dalla guerra, coda di cavallo nera al vento (nessun hijab) e pantaloni lunghi, determinata ad inseguire il suo sogno fino in fondo.

Da Corriere

Hend Zaza è nata e crescita nella città di Hama, che si trova a 150 Km da Aleppo ed è stata uno dei bersagli più colpiti nella cornice della guerra civile siriana. In uno dei rapporti dell’Onu la si indicava, tra l’altro, come una delle 4 città siriane più prese di mira con la cosiddetta ‘guerra d’assedio’: accesso negato a convogli umanitari, confisca del cibo, taglio delle risorse idriche e blocco degli agricoltori.

Prima di questa tragedia, Hama era una meta turistica affascinante, grazie ai suoi 17 mulini ad acqua – le norie – ed esibiva il lustro di una storia imponente (è ricordata nell’Antico Testamento, fu un centro importante della civiltà ittita ed è conosciuta col nome di Epifania di Siria). Ora ci sono macerie ovunque ed è ciò che Hend Zaza ha visto per buona parte della sua vita. Nata il primo gennaio del 2009, aveva appena 2 anni quando cominciarono i primi focolai di guerra.

HAMA, SIRIA

La passione per il ping pong gliel’ha trasmessa il fratello maggiore e in questa disciplina si è ritagliata il suo spazio di fuga dai bombardamenti quotidiani. Fin da piccola si allenava 3 ore ogni giorno, soprattutto fino al tramonto perché l’energia elettrica non c’era.

La sua preparazione atletica non è avvenuta nella cornice di impianti moderni e dotati di ogni comfort. L’ha allenata soprattutto quel pavimento sconnesso, la fragilità di chi fa i conti quotidianamente col pensiero della morte e proprio per questo si aggrappa più forte alle crepe.

Hend Zaza, rilanciare palline come fossero proiettili

Hend Zaza si è conquistata un posto alle Olimpiadi di Tokyo dopo aver vinto le qualificazioni per l’Asia Occidentale ad Amman nel 2019. La sua prima grande competizione era avvenuta nel 2016, Hend aveva solo 7 anni e teneva la racchetta in mano da 2 anni: partecipò ai Giochi della Speranza in Quatar e catturò l’attenzione dell’occhio degli esperti.

Qual è il talento di un pongista? – me lo chiedo da inesperta. Una grande capacità di concentrazione e reattività, sicuramente. Ho provato a guardare i video degli allenamenti di Hend Zaza e mi è venuta la tachicardia: le palline respinte alla velocità della luce, il corpo in fibrillazione, gli occhi che diventano addirittura strabici per seguire le traiettorie di volo. La pallina del ping pong diventa proprio un proiettile.

Non so, bisognerebbe chiedere a lei. Ma mi pare un talento di difesa. Mi pare lo sforzo di chi grida: “Provaci, ma sono pronta e svelta. Non ce la fai a colpimi. Il tuo proiettile torna indietro”. Quanti buchi nei muri avrà visto? Quanti palazzi sventrati?

Forse è solo un mio goffo tentativo di immedesimazione. Nella velocità frenetica dei rilanci, nel tener d’occhio la ‘pallina che invade il proprio campo’ ci vedo il desiderio di non essere toccato dall’invadenza della violenza avversaria. Ogni disciplina sportiva è, in fondo, metaforica. Perché ogni allenamento atletico ha un fondamento nello spirito, nel nostro quotidiano allenamento a – tentare di – salvare la nostra anima. Correre, saltare, passare la palla al compagno, lanciare pesi, prendere la mira, tuffarsi. Ogni azione corporea ha una spinta che parte da dentro.

La seguirò nelle sue imprese a Tokyo, Hend Zaza. Tiferò per lei. E forse tra me e me mi scapperà di dirle: fai pure il diavolo a quattro sul campo da giochi, ma fuori metti l’anima in pace perché non siamo soli nel respingere le palline (i colpi duri) che ci vorrebbero sbattere a terra.

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