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Suor Melania, da 60 anni è una mamma per le ‘Apette’ di Santa Rita

SUOR MELANIA, RITA CASCIA
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Annalisa Teggi - pubblicato il 25/06/21
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Da 80 anni l'Alveare di Santa Rita accoglie bimbe e bimbi, dando loro una casa e un'educazione. E' uno dei fiori di carità più grandi sbocciati nel Monastero di Cascia e Suor Melania ne è il volto materno da 60 anni.

A Cascia, nel monastero di Santa Rita si è festeggiato. Ieri c'è stata una messa speciale per celebrare i 60 anni di professione religiosa di Suor Melania. A noi questo nome potrà dire ben poco, perché qui entra in gioco la logica opposta a quella degli influencer.

Quando il cuore e le mani sono davvero all'opera, non è detto che siano visibili. Queste anime davvero presenti alla vita non hanno followers, ma generano figli. Anche dalla clausura. Suor Melania nel corso della sua vita da religiosa è diventata madre di tantissime bambine e bambini che hanno trovato accoglienza nell'Alverare di Santa Rita.

La scelta di una vita nascosta le ha permesso di essere completamente dedicata alla carità e alla preghiera. Da 80 anni a questa parte il monastero di Santa Rita da Cascia accoglie bambine e bambini che provengono da situazioni di disagio. Vengono aiutati ed educati nell'Alveare di Santa Rita, diventano 'Apette' e 'Millefiori'. Ancora una volta i santi si dimostrano più vivi che mai, come un fiume sotterraneo: invisibile dalla superficie, nutre la terra dalle radici.

Rita da Cascia è una delle sante più amate di sempre, sarà per quella sua vocazione alle 'cause impossibili'. Tantissimi la invocano e tantissimi la ringraziano con offerte che il monastero traduce in carità. Una delle opere più imponenti nate dalla carità fiorita (... aggettivo quasi d'obbligo in questo caso) attorno a questa Santa è proprio l'Alveare.

Ne racconta l'anima la Madre Priora del Monastero di Santa Rita, Suor Maria Rosa Bernardinis:

Dunque è una storia vecchia di 80 anni, ma fresca e profumata di bene come appena sbocciata. Essendoci di mezzo dei santi, tutto nasce da un'attenzione solerte alla realtà e da una scelta ... trasgessiva.

Era il 1938 quando venne accolta nel monastero la prima 'apetta'. Si chiamava Edda Petrucci ed arrivò a Cascia in pellegrinaggio con la madre, vedova. La donna chiese alla superiora, la beata Maria Teresa Fasce, di dare ospitalità alla piccola non avendo di che provvedere al suo sostentamento. Madre Fasce, trasgredendo alle regole della clasura, tenne la bimba che fu soprannominata Mercede, perché era arrivata nel giorno in cui la Chiesa ricorda la Madonna della Mercede, il 24 settembre. Un simile gesto di carità non passò inosservato e la comunità locale offrì generosamente il suo aiuto, donando ciò che poteva.

Tra le tante meraviglie che traboccano da questa storia c'è anche quello di un esempio incarnato di vera maternità spirituale. Quella prima 'apetta' venne accolta proprio nel monastero, poi nel corso del tempo l'Alveare è diventato una struttura separata dal luogo in cui le monache vivono la loro clausura. A seguire i bambini (di età dai 6 ai 18 anni) ci sono educatrici e c'è Suor Melania che, da 60 anni a questa parte, porta l'abbraccio dal monastero all'Alveare. Tra i tanti auguri che le sono arrivati, si legge che molte ragazze diventate donne la considerano una mamma. Fu così da quando Madre Fasce cominciò quest'opera di carità; una suora dell'epoca diede questa testimonianza sulla superiora:

Si faceva bambina in mezzo a loro, le vestiva da bambole, le faceva giocare, e lei lì, seduta sul seggiolone, sofferente, sembrava che non avesse altra preoccupazione che quella di far divertire loro

Quest'immagine è un balsamo che può lenire tante ferite nate dal ricatto contemporaneo sul diventare madri a tutti i costi. Molte donne vivono con grande sofferenza la difficoltà di non poter concepire figli naturalmente, e non c'è atrocità peggiore di quella di costringerle a credere che il loro desiderio vada inseguito con le unghie e coi denti a forza di tecniche invasive e disumane. La carità, e non la scienza, può rendere madri anche chi non lo diventa biologicamente. Questa è la proposta testimoniata da donne vere, che hanno scelto la verginità e la clausura: dire eccomi lì dove un'anima orfana (in senso reale o simbolico) chiede di non essere abbandonata all'indifferenza.

Sono tanti i simboli legati a Santa Rita, la rosa prima di tutto. Sono certa che qualche penna impavida sarebbe pronta a dipingere la santa di Cascia come un'icona dell'ecologia ante-litteram. E non c'è insetto oggi più osannato delle api, la cui riduzione ed eventuale scomparsa può seriamente compromettere l'esistenza dello stesso genere umano. Tante sono le campagne che ne promuovono la difesa. Agli amanti della letteratura il mondo delle api fa venire in mente gli autori che fin dalla classicità usavano la metafora del miele per riflettere sulla capacità di sintesi e creatività (volare di fiore in fiore e poi produrre qualcosa di nuovo e dolce).

Nella storia di Santa Rita trova unità quel ora si suddivide tra ecologia ed erudizione.

Verrebbe da dire che la categoria dell'impossibile entrò molto presto nella vita di Rita. Tutte le presenze parlano del disegno del Creatore a chi guarda il mondo con uno sguardo intero, che non separa l'occhio dello scienziato da quello del filosofo. L'ape punge e fa il miele, è operosa e non sta sola. C'è un Amore che fa male per poi addolcire ogni piaga, che si è fatto compagnia per l'uomo.

Quell'Amore fu ciò da cui Rita non tolse lo sguardo e quando Madre Teresa Fasce si trovò a dover dare un nome all'ipotesi di carità che le capitò tra le mani, pensò all'alveare, un luogo di operosità e compagnia che non si lascia sfuggire nessun fiore del prato per ricavarne un nutrimento per tutti.