“Andrò da mio padre…”, con queste quattro parole il figliol prodigo del Vangelo (qui il link della sua storia) dà una svolta alla sua vita. Prima la sua era un’autocommiserazione continua: “Io qui muoio di fame”, “Addirittura i servi in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io invece…”. Quasi patetico detto da un ragazzo che aveva tutto e lo ha sperperato. Ma con queste quattro semplici parole: “Andrò da mio padre...”, questo giovane entra nella storia.
In maniera scurrile, ma che rende tanto l’idea, mia nonna Maria nella sua genuina semplicità avrebbe detto: “Tiene le palle il ragazzo”. Eh sì nonna, le tiene, perché ci vuole più coraggio a tornare a casa con un 4 dicendo al papà: “Scusami papà ho studiato poco, ma ti prometto che non capiterà più”, piuttosto che mentire dicendo: “Povero me, sono proprio sfortunato! La prof oggi era giratissima e nonostante io le abbia detto tutto, ma proprio tutto, mi ha messo 4”. Il coraggio di vedere la verità, anche se brutta. Il coraggio di dare una svolta alla nostra vita quando la direzione che sta prendendo non ci piace più.
Voi direte: “Francy, ma cosa c’entra tutto ciò con le storie di Provvidenza amorosa che solitamente ci racconti (qui le storie precedenti)?”. Con quella di oggi c’entra, perché è proprio nel suo “Andrò da mio padre…” che Noemi ha incontrato Adolfo e questa è la loro storia.
Arrivavo da storie che mi avevano gradatamente svuotata: sul momento stavo bene, agli occhi del mondo ero una ragazza felicemente fidanzata, ma dentro…oh, dentro che vuoto!
Le mie relazioni erano un cliché: mi innamoravo, seguivano mesi di pseudo-contentezza ma poi arrivava sempre lei, immancabilmente, la noia. Mi stufavo e a mia volta diventavo stufante perché ero perennemente nervosa. In pochi mesi le mie storie si concludevano: chiudevo io, chiudeva l’altra persona, ma l’epilogo era sempre lo stesso.
Un sabato sera del 2017 il mio fidanzato dell’epoca, dopo un litigio, si lasciò andare a una mega scenata, usando parole tanto pesanti da lasciarmi senza fiato. Non ricordo neanche a che ora smisi di piangere quella sera.
Qualche giorno prima mia mamma aveva ricevuto l’invito per andare in pellegrinaggio a Međugorje e lo aveva esteso anche a me ma, presa da tante cose, non lo avevo neanche preso in considerazione, dimenticandomene poco dopo.
Quella sera però, al culmine delle mie lacrime, guardando la statuetta della Madonna che abbiamo in cucina, mi tornò in mente quell’invito e, senza quasi rendermene conto, il lunedì successivo mi ritrovai sul pullman in direzione Međugorje.
Ricordo di aver pianto tutto il viaggio di andata: rivedevo davanti agli occhi la scenata del sabato sera precedente, risentivo le sue parole e piangevo.
A un certo punto la signora seduta dietro di me, battendomi una mano sulla spalla, mi disse: “Non ti preoccupare, vedrai al ritorno…”.
Cara la mia vicina, quanto avevi ragione!
Il giorno in cui salimmo al Monte Križevac sentivo una carica inspiegabile…quasi come se qualcuno mi stesse portando a spalle. Arrivata in cima ero un fiume di lacrime. In ginocchio, davanti alla Croce, pregai la Madonna di cambiarmi perché non ero felice della vita che stavo conducendo: ora mi era chiaro. Le ho chiesto di aumentare la mia fede, di rivoltarmi come un calzino.
E poi, ripensando alle mie storie d’amore fallimentari, ricordo di averle chiesto la forza di non sprecarmi più con nessuno, di mandarmi lei la persona adatta a me per costruire una famiglia e camminare insieme nella fede.
In tutta onestà ho aggiunto anche un’altra parte, quasi ridendo: “Guarda, non mi interessa come sarà però, se posso aggiungere un particolare…lo vorrei alto”.
Nel viaggio un altro pellegrino mi disse: “Noemi, per mantenere questa gioia che adesso senti, ti consiglio di entrare in un gruppo. In gruppo è più facile camminare: ci si aiuta. Sai che tutti i martedì sera, in quella Parrocchia vicino casa tua, c’è sempre l’incontro dei giovani di quel movimento che un tempo frequentavi? Perché non torni lì?”
“No, io lì non posso tornare: il don è super severo, ricordo che mi sgridava sempre”.
“Ti sgridava sempre perché all’epoca eri tremenda, e lo sai! Ma ora è tutto diverso, tu sei diversa. Fidati, vai! Secondo me ti troverai bene... Pensaci!”.
E così ho fatto: ci ho pensato. E mi sono decisa ad andare. Il lunedì successivo, al ritorno da Međugorje, ho recuperato da un amico comune il numero del don responsabile del gruppo - quello che mi sgridava sempre, per intenderci - e l’ho chiamato.
“Buongiorno don, come sta? Sono Noemi, si ricorda di me?”
Silenzio.
Poi con la sua voce carica di entusiasmo: “Noemi, che grande gioia sentirti. Che sorpresa!”.
E da lì abbiamo iniziato a parlare. Gli ho raccontato cosa erano stati per me gli ultimi mesi e il percorso che mi aveva portato a fare quella chiamata.
Il giorno successivo sono andata da lui e mi sono confessata. Una vera “toeletta dell’anima”.
Mentre ci stavamo salutando, eccolo aggiungere: “Noemi, questo martedì abbiamo un incontro con i giovani qui in Parrocchia. Un tempo venivi, ti ricordi? Perché non torni?”
“Non lo so, forse non sono ancora pronta. Non so proprio don…”
“Noemi, se vuoi iniziare a correre, devi prima iniziare a camminare. E lo si fa insieme.”
Queste parole del don mi hanno lavorato dentro, e quel martedì sera alle ore 21, insieme a mio cugino Edoardo, io a quell’incontro ci sono andata.
Ero agitatissima, emozionata. La maggior parte delle facce erano nuove per me. L’incontro era iniziato con il giro dei nomi e una piccola presentazione di ciascuno. Erano già passati 20 minuti dall’inizio, le presentazioni stavano terminando quando qualcuno bussò alla porta.
“Avanti” disse il don.
Entrarono due ragazzi, un biondo e un moro. Entrambi salutarono il don con un sorriso, ma i miei occhi rimasero fissi lì, sul sorriso del moro: meraviglioso lui, meraviglioso il suo sorriso. Il don lo chiamò per nome: “Adolfo”.
Ho sempre sentito il desiderio di incontrare una persona con cui costruire una famiglia. Non cercavo avventure, storie di poco conto. Sono stato fidanzato per 5 anni con una ragazza. La nostra è stata una storia travagliata; mi aveva allontanato da tanti amici e anche dal gruppo del martedì sera in Parrocchia che prima di lei frequentavo sempre.
Dopo 5 anni, l’inevitabile epilogo: ne sono uscito psicologicamente e fisicamente distrutto.
Anche dopo la fine di questa relazione, ad ogni modo, non sono più riuscito a riprendere gli incontri del martedì perché ero completamente assorbito dal mio lavoro: mi prendeva tutto il tempo e tutte le energie. Sono passati mesi. E poi anni dall’ultimo incontro. Quattro per l’esattezza.
In questi quattro anni il mio migliore amico, Mattia, non ha mai smesso di invitarmi al gruppo del martedì. Ci provava sempre, ogni settimana; la mia risposta, tuttavia, era sempre la stessa: “Questa sera lavoro, non riesco proprio”.
Quel martedì sera (era l’8 Novembre 2017), Mattia mi mandò il suo classico messaggio di invito. Possibile avesse standardizzato il messaggio.
Alla mia classica risposta “Non posso, scusa, lavoro!”, questa volta non si arrese. “Senti Adolfo, oggi non si discute. Devi venire. Ti passo a prendere io. Anche arrivassimo tardi a motivo del lavoro, ci andiamo. D’accordo?!!!”.
Nota bene: il mio amico Mattia non sapeva assolutamente nulla di Noemi, non sapeva neanche che avesse ripreso i contatti con il don. Quel martedì ha semplicemente sentito di dover insistere con me e così ha fatto.
Quella sera, al lavoro, capitò un imprevisto (sono un veterinario di animali di grossa taglia, forse non lo avevo ancora detto). Scrissi a Mattia: “Mattia, non ce la faccio proprio a venire, ho un imprevisto, vai senza di me. Mi spiace”.
Per la serie “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”, Mattia mi risponse: “Stai tranquillo Adolfo, ti aspetto. Quando ci sei, scendi”.
Testa dura.
Anche a voi capita che quando siete al massimo del vostro splendore non incontrate nessuno, mentre quando siete degli stracci incontrate: la maestra delle elementari che certamente penserà: ”Era più bello da piccolo, poverino...”; quel compagno dell’asilo; l’ex che ti aveva lasciato per uno più alto…etc? Beh, fidatevi! Quella sera ero proprio uno straccio: non stavo in piedi, ero conciato alla peggio delle mie possibilità, mi ero docciato alla veloce e messo due cose al volo senza abbinarle. Tanto chi dovevo incontrare? E qua, per la regola che vi ho appena enunciato, avrei già dovuto insospettirmi.
Arriviamo alla Parrocchia. L’incontro è già cominciato. Bussiamo. Sento la voce del don: “Avanti”
Guardo il don che mi saluta con il suo sorriso immenso: “Adolfo!!! Che gioia, che sorpresa!” Gli sorrido a mia volta, poi giro lo sguardo verso le persone in sala e… la vedo. Il mio sguardo si ferma su di lei.
Non ho mai creduto nei colpi di fulmine. Sono per i più piccoli. Io sono un uomo. Ma quello che mi prese quando vidi Noemi per la prima volta non posso spiegarlo se non con il gettonatissimo “colpo di fulmine”.
Il don interrompe i miei pensieri chiedendomi di presentarmi. Effettivamente, dopo 4 anni, molti visi erano nuovi anche per me.
Inizio a parlare e, quando il mio sguardo arriva a Noemi, lei sta piangendo. Mi ascolta e piange. Questa cosa mi colpisce.
(Noemi) L’incontro finisce. Vado a salutare il don che mi dice: “Io sono stupito, Noemi: tu inizi stasera; Adolfo, dopo anni di assenza, torna stasera. Chissà che la Mamma Celeste stasera non abbia fatto un miracolo facendovi incontrare qua? Strano, tanto strano… Io altrimenti non me lo spiego davvero”.
E salutandomi, si allontana. A quel punto mi avvicino ad Adolfo.
“Ciao, io sono Noemi…”. Fu lì che mi accorsi del dislivello che ci separava:
Un dislivello non da poco, contando che io sono alta 1.60 e lui 1.90. In tutta risposta lui mi sorrise: “Piacere Noemi, io sono Adolfo”.
SBAAAM.
Se fossi stata una flotta di “Battaglia navale” mi sarei appena autoaffondata. Morta. Kaputt. Tornata a casa, dopo l’incontro, dissi a mia mamma: “Mamma ho conosciuto un ragazzo stasera. Ha 28 anni, fa il veterinario, ed è bello come il sole. Comunque, di certo non mi avrà considerato. È più grande di me”.
(Adolfo) Tornato a casa mi venne incontro mia mamma: “Ado, tutto bene?”
“Ma non so mamma, ho visto una ragazza stasera. Degli occhi! Il suo nome è Noemi”.
(Adolfo e Noemi) Quel martedì notte nessuno dei due riuscì a dormire. Entrambi ci eravamo dati allo stalkeraggio social - puntando come sempre, in questi casi, sugli amici in comune…perché ovviamente nel presentarsi il cognome non si dice! (…sapete quante ore di ricerca ci risparmieremmo a vicenda se iniziassimo a presentarci con tanto di cognome?!).
La ricerca fu un buco nell’acqua per entrambi.
(Adolfo) Dopo vari tentativi di trovarla, mi decisi a smetterla. “Se è lei, martedì prossimo ci sarà di nuovo. Altrimenti, pace. Fine”. A intervalli riapro i social e ritento, ma niente.
Quella settimana fu un incubo. Continuavo a pensarla e poi mi domandavo: “E se fosse fidanzata? E se proprio in questo istante stesse uscendo con un altro?”. Che agonia! Il tempo sembrava non passare e il martedì sembrava lontanissimo.
(Noemi) Quella sera dopo il gruppo feci vari tentativi per trovarlo sui social, ma senza alcun successo. A un certo punto mi decisi a smetterla, affidando tutto alla Mamma Celeste: “Se è lui, martedì prossimo ci sarà”.
Finalmente il tanto atteso martedì arrivò.
(Adolfo) Alle 20.45 ero lì. Mai stato puntuale in vita mia, ma quella sera ero addirittura in anticipo di 15 minuti. Quando sono entrato nella sala lei era già lì, sola.
Per carattere non sono uno che si fionda nelle cose, pondero tutto. Non sono precipitoso e in questo caso ancora di più. Non sapevo nulla di lei. Magari era fidanzatissima o addirittura in procinto di sposarsi: meglio andare cauti.
In una stanza tutta vuota - fatta eccezione per Noemi - io entro e vado a sedermi… dove? Esattamente dalla parte opposta della sala, nel punto più lontano da lei!
(Adolfo e Noemi)
“Ciao Adolfo”.
“Ciao Noemi. Come…”
“Adolfo, scusa… Puoi venire più vicino che non sento nulla?” (Ci tengo a sottolineare che non ho mai avuto problemi di udito: sempre sentito, anche i più piccoli rumori e… quella sera lì il mio orecchio non fece eccezioni! Come si dice? Bugia bianca!).
Adolfo si avvicina, ma lascia una sedia tra lui e Noemi. Quando si dice: “Andarci con i piedi di piombo”.
L’incontro comincia e, dopo circa un’oretta, con il canto della Salve Regina, sta per volgere al termine. Com’è d’abitudine nel nostro gruppo, per la Salve Regina ci si prende tutti per mano.
Fu una Salve Regina stupenda tant’è che al suo termine un ragazzo del gruppo dovette riportarci con i piedi per terra:
“Ehm… Noemi, Adolfo… guardate che la Salve Regina è finita. Potete lasciarvi la mano ora”.
(Noemi) Alla fine dell’incontro mi hanno aggiunta sul gruppo WhatsApp del gruppo del martedì. Sono tutti numeri sconosciuti all’infuori di quello del don, ma ero decisa: “Non vado a dormire se prima non scrivo ad Adolfo”.
Ho salvato ogni singolo numero, ho guardato tutte le foto profilo e finalmente l’ho trovato.
(Adolfo) Arrivato a casa, inizio a cercarla nel gruppo WhatsApp a cui ero stato aggiunto; la individuo. Apro la sua chat e vedo: “Sta scrivendo…”. Erano le 22.30. BIP, l’icona di WhatsApp si illumina.
(Noemi) “Ciao Adolfo. Scusami, ma dovevo scriverti. Ti volevo ringraziare per la tua bella condivisione al gruppo. Mi ha molto toccata … sono felice della tua amicizia”.
Questo fu l’inizio di tutto: “inizio” che continuò fino alle 4 del mattino!
In poco tempo i nostri messaggi sono diventate chiamate, e le chiamate sono diventate uscite, fino a quella più bella! L’uscita del 6 Giugno 2021 dalle porte del Santuario di Nostra Signora del Popolo di Cherasco. Come marito e moglie. Per sempre.