È una storia tristissima quella che ci raccontano oggi i giornali: il suicidio a Bassano del Grappa del 18enne Matteo Cecconi che si è avvelenato “in diretta” su un forum online, di cui faceva parte dal 13 aprile, che si definisce di “discussione a favore del suicidio” e che conta 17 mila iscritti (Corriere.it).
Era diventato maggiorenne l’8 marzo scorso Matteo, figlio di un educatore e di una insegnante, studente del quarto anno all’istituto tecnico industriale Fermi di Bassano del Grappa.
La mattina del 26 aprile, fra una lezione e l’altra della didattica a distanza, comunica on-line, sulla chat a cui in quel momento erano collegati 11 sconosciuti, cosa sta facendo per porre termine alla sua vita.
Vuole avvelenarsi, per cui ha già assunto un farmaco a cui seguirà, dopo un tempo definito, l’ingestione di una seconda sostanza che completerà l’opera di autodistruzione. Nel frattempo lascia un messaggio ai suoi genitori:
A chi lo sta leggendo chiede: “auguratemi buona fortuna”: sono le 9,33. Nessuno degli undici testimoni di quanto sta avvenendo fa nulla per dissuaderlo; una ragazza alle 9,50 gli risponde con questa frase agghiacciante: “Fai buon viaggio”, e non può non sapere che è una strada senza ritorno.
Tre minuti dopo Matteo digita che quella roba che ha ingoiato “ha un gusto orribile”, poi il silenzio che annuncia la fine di una giovanissima vita. Solo due commenti dal tono “notarile” da parte di chi è virtualmente di fronte ad un corpo ancora caldo: “riposa in pace cucciolo” e “se te ne sei andato spero che tu possa trovare la pace”.
Gli iscritti al forum seguono questa regola ferrea:
Alessandro, il padre di Matteo, anche se ritiene necessario monitorare e chiudere certi siti, non cerca facili capri espiatori per reggere all’urto del dramma che sta attraversando:
Anche se lui e la moglie vivono ogni giorno a contatto con i ragazzi e le loro crisi adolescenziali non sono riusciti a cogliere quanto Matteo fosse andato avanti rispetto alla prospettiva, non più solo concettuale, di omologare luce e buio dell’esistere.
E lo ha fatto muovendosi su due strade parallele, quella della vita e quella della morte: quella di un bel ragazzo popolare nella sua scuola tanto da essere eletto Rappresentante d’Istituto, che stava programmando le vacanze estive per finanziare le quali si era trovato un lavoretto, amante dei romanzi di Tolstoj e dei grandi classici della letteratura… e quella di un adolescente che stava maturando la convinzione che la sua giovane vita non avesse né importanza né scopo.
In questa fase della vita la fantasia suicidaria è estremamente frequente, e non va considerata la porta del suicidio; anzi, come afferma il grande psicanalista James Hillmann, generalmente svolge l’opposta funzione di tutelare la vita ("Il suicidio e l'anima", James Hillmann).
Ciò in quanto “giocare” con la prospettiva di togliersela rappresenta il segnale della conclusione nell’adolescente della fase di separazione-individuazione dalle figure parentali, testimoniando così la piena assunzione di responsabilità di fronte alla propria esistenza.
In alcuni casi però la fantasia progredisce in una ideazione suicidaria, una precisa idea che si installa più o meno rapidamente nella mente e che può preludere al progetto suicidario in cui si pianificano le modalità per dare l’addio alla vita.
Ma anche questo terzo gradino della progressione suicidaria, benché estremamente pericoloso, può essere percorso all’indietro: il potenziale suicida combatte fino all’ultimo momento tra due opposti desideri: di vita e di morte, per cui non è secondaria la modalità della presenza, consapevole o meno, di chi è accanto al potenziale suicida nelle ultime fasi della sua progettualità.
Purtroppo la passività neutrale di quegli undici anonimi spettatori, pur non potendosi definire giuridicamente istigazione al suicidio, di fatto ha rappresentato il fallimento dell’ultima possibilità di dare un esito diverso a quel momento terribile per l’assenza di un tu che emanasse la luce e il calore della vita.
È di pochi mesi fa l’allarme lanciato dal professor Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza del Bambino Gesù di Roma, sull'aumento preoccupante di autolesionismo e tentativi di suicidio negli adolescenti. Potete leggere al link che vi riportiamo di seguito l'intervista alla dottoressa Maria Pontillo, psicologa-psicoterapeuta dell’équipe di Neuropsichiatria del Bambino Gesù, per approfondire alcuni aspetti di questa grave problematica.
Una delle strategie utilizzate per contrastare il suicidio adolescenziale è la formazione di pari, di coetanei opportunamente preparati a cogliere, in ambito scolastico o amicale, segnali indicatori di un disagio profondo in uno loro ed allertare gli adulti di riferimento.
Ragazzi che rifiutano nichilismo ed indifferenza, e si sentono moralmente responsabili dei loro compagni all’interno di una visione del noi che si oppone alla deriva epidemica di egoismo narcisista e solitudine emotiva che avvelena le nuove generazioni. Purtroppo a Matteo è mancato l’incontro con questo angelo custode.