Da martedì 25 maggio è in streaming su Amazon Prime Video la docuserie TV “Veleno”. E’ tratta dall'omonimo podcast e dall'omonimo libro e storia vera di un presunto giro di pedofili satanisti legati alla setta dei cosiddetti "diavoli della bassa modenese”. Tra essi anche un sacerdote: don Giorgio Govoni.
Al centro della trama ci sono i fatti realmente accaduti tra il 1997 e il 1998 nelle cittadine di Mirandola e Massa Finalese. Partendo dalla denuncia di un bambino, la polizia ipotizzò l'esistenza di una setta satanica. I membri, a partire da don Giorgio Govoni, avrebbero organizzato riti nei quali bimbi e bimbe venivano molestati e in alcuni casi anche uccisi.
Sulla scorta delle indagini sedici minori furono allontanati dalle rispettive famiglie e affidati dai servizi sociali ad altri nuclei familiari. Il processo però concluse che non vi furono riti satanici, né molestie e tanto meno omicidi. Secondo l'ipotesi accolta dal tribunale gli interrogatori avevano inculcato nei bimbi delle false memorie, portando a un "falso ricordo collettivo". Intanto don Giorgio Govoni morì di crepacuore.
La vicenda di quelli che i media chiamarono i "diavoli della bassa modenese" spinse il giornalista e personaggio televisivo Pablo Trincia, che fra le altre cose è stato un inviato del programma 'Le iene', a realizzare insieme ad Alessia Rafanelli il podcast 'Veleno': l'inchiesta audio fu pubblicata in sette puntate dal quotidiano La Repubblica. Successivamente, nel 2019, Trincia riassunse la storia in quello che divenne il suo primo libro, intitolato 'Veleno. Una storia vera' e pubblicato da Einaudi.
Quel medesimo materiale di cronaca ora nutre la docuserie di Amazon. È stata scritta e diretta da Hugo Berkeley (quotidiano.net, 24 maggio).
Tra i protagonisti della docuserie, c’è l’avvocato del sacerdote, Pier Francesco Rossi. «Le famiglie erano tutte a favore di don Giorgio Govoni - ricorda -. L’unica chiacchiera su di lui è che era un sacerdote “poco curiale”, a volte appariva trasandato, non sempre curato. Riceveva i fedeli in un ristorante locale».
Una sua giovane parrocchiana lo ricorda così: «Era una persona che ha aveva un certo fascino: ha dato un nuovo volto alla Chiesa locale. Aveva tanta gioventù con lui perchè ha fatto da filtro tra una Chiesa ormai vecchia e un nuovo modo di evangelizzare. Ci faceva anche divertire, organizzava le gite». Eppure per anni, don Giorgio Govoni è stato etichettato come il capo della fantomatica setta. Un dispiacere troppo grande è stata la condanna nel 2000 in primo grado a 14 anni. Poi rovesciata, fino all’assoluzione post mortem della Corte d’Appello di Bologna.