In un tempo in cui la parola "sempre" fa sorridere i più, in cui il matrimonio è preso letteralmente a calci, in cui regna il diktat dello stare bene con se stessi e del diritto a rifarsi una vita, ma anche due o tre, Marco Giallini, attore romano classe 1963, ci spiazza tutti con un'intervista all'antica, in cui riconosce come l'amore vero nella vita sia uno e soltanto uno. E che non finisce con la morte. O almeno il suo nei confronti della moglie Loredana, salita al Cielo dieci anni fa dopo aver esalato l'ultimo respiro fra le sue braccia.
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Da quel giorno, racconta, la sua vita va avanti ma è come ferma:
Giallini è un artista scanzonato, cresciuto in borgata, appassionato di moto e di chiodi di pelle, "sbragalone" all'apparenza come tutti i romani de Roma, ma così gentile e pulito nei pensieri e nell'animo di uomo e vedovo ancora innamorato.
Più di 50 pellicole per il cinema, una quindicina di serie, e numerosi premi: per Acab di Stefano Sollima, Tutta colpa di Freud e Perfetti Sconosciuti di Paolo Genovese, per Io, loro e Lara e Posti in piedi in Paradiso di Carlo Verdone e per la serie Rocco Schiavone di Raidue.
Ha deciso di fare sul serio con la recitazione quando è morta sua moglie per crescere i figli offrendo loro tutte le opportunità che con lei avevano immaginato. "Dovevo tirarli su come ci eravamo promessi".
Di mattina vestiva i panni da imbianchino, di sera quelli di studente del corso di teatro:
Racconta con trasporto e commozione quando la moglie lesse la cifra per il primo contratto ottenuto:
E così si è ritrovato solo a dover crescere due figli orfani di madre e non è stato semplice sopportare il peso della loro sofferenza:
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Il dolore dice, non passa, ma sbiadisce la voce di chi non c'è più. Marco Giallini con la sua Loredana ci parla ancora, con quell'intimità che chi rimane non può dimenticare:
Sembra che il personaggio di Rocco Schiavone gli sia stato cucito addosso: un uomo schivo, rude, burbero, che abbassa la guardia solo quando chiuso in casa può "parlare" con la moglie morta. Eppure, questa intervista svela il perché, è il ruolo più sofferto che l'attore abbia mai dovuto interpretare:
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A distanza di 10 anni dalla morte della moglie non si è più innamorato. Del legame di coppia ha una sua personale visione da uomo d'altri tempi:
Questa riflessione sull'eternità del sentimento che unisce l'uomo e la donna, espressa da Marco Giallini con un'immediatezza così intensa e potente da uomo verace, mi spinge a suggerirgli di leggere o rileggere, e magari un giorno recitare il Cantico dei Cantici: il più splendido affresco dell'amore sponsale mai tradotto in parola.
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