Nel saggio di Edith Stein, Ethos nelle professioni femminili, che fa parte del volume La donna - il suo compito secondo la natura e la grazia, troviamo una mappa per orientarci e addentrarci nella attuale ma incompresa, spesso vilipesa e deformata secondo scopi tutt'altro che nobili, "questione femminile".
Innanzitutto il suo metodo di indagine ribadisce un'evidenza che ognuno di noi può rintracciare nella propria esperienza di vita: per comprendere la natura della donna devo indagare anche la natura dell'uomo e ragionare sulla loro reciprocità e complementarietà.
Alcuni abiti sono innati, altri sono frutto dell'esercizio di attitudini già possedute; in entrambi questi casi ci troviamo ancora nella sfera delle virtù naturali. C'è un terzo tipo di abito che possiamo indossare ed è quello che ci viene infuso: siamo nel terreno delle virtù soprannaturali. Anche in altri passaggi sottolineerà con una chiarezza estrema che il cambiamento profondo della nostra natura, anzi meglio, il suo compimento quindi un ritorno all'origine e il raggiungimento della pienezza, possono avvenire solo ed esclusivamente con la grazia. Lo sforzo umano, sempre necessario, da solo può ottenere cambiamenti superficiali.
Gli "abiti" possono anche essere sporchi, malconci, volgari. L'ethos allora è un abito quando ad esso si riconosce un valore positivo.
L'ethos vocazionale e professionale è allora una serie di abiti, atteggiamenti dell'anima, che fondano e danno struttura profonda alla vita professionale della persona. Il lavoro quindi non è solo risposta a richieste esterne ma espressione di una spinta interiore permanente e chiaramente orientata.
Perché è necessario fare un ragionamento distinto tra uomo e donna, dunque?
Edith Stein risponde a questo compito prendendo seriamente in esame le istanze femministe espresse allora: il Movimento femminile esige che la donna abbia accesso a tutte le professioni e sembra pretendere la cancellazione di una specifica vocazione muliebre per poter sostenere questa tesi. E così, al contrario, fanno i difensori della vocazione della donna che sarebbe negata dall'impiego femminile in tutte le possibili attività lavorative. Da una parte lo schieramento che vede la donna solo come sposa e madre; dall'altro quello per cui ogni lavoro è anche e sempre un lavoro da donna.
Edith Stein, col suo pensiero disciplinato e penetrante, mostra come esistano entrambe le dimensioni e in che rapporto stiano tra loro. E da vera filosofa parte dalla realtà:
Da vera credente trova conferma e orizzonte ideale nelle Sacre Scritture: è in esse che vediamo descritto il nostro compito e disegnata la nostra natura. Siamo fatte per essere compagne e madri degli uomini.
Non c'è un modo per girarla diversamente; siamo in relazione all'altro, agli altri, alla persona, veniamo in aiuto. Anche la Madonna ha, tra i suoi titoli più belli, quello di Auxilium Christianorum.
Ora, se ci fosse un sistema per inibire nella mentalità di oggi le reazioni allergiche prossime allo shock anafilattico al solo ripetere una frase del genere, mi piacerebbe metterlo in pratica.
Non importa, la verità è la sola strada per camminare davvero liberi. E noi siamo cattolici, sappiamo che la rivelazione è la luce altrimenti irreperibile capace di mostrarci per come siamo davvero, di farci vedere senza morire di spavento a che punto è la nostra decadenza e innescare il processo di guarigione e rinascita.
Poiché in tutto il mondo e in tutti i tempi le donne mostrano determinate e costanti caratteristiche (così come gli uomini) significa che esiste un costante e universale abito interiore della donna; sì, esiste un'anima femminile. E il corpo ne è la conferma: l'anima è la sua forma. Non si nasce, quindi, anima femminile in un corpo sbagliato. La nostra natura è tale in ogni cellula e in ogni tratto dello spirito di cui siamo dotati.
Non sarebbe stato salutare insegnare filosofia scolastica a tappeto anziché finanziare gli studi di genere che tanta confusione e male stanno provocando nelle coscienze di oggi?
"Quello che le donne pensano e come lo pensano" non è il titolo di un giallo, anche se molti uomini nostri contemporanei potrebbero temerlo; qualcuno potrebbe vederci addirittura una coloritura horror; sono i comici però la prova più schiacciante che davvero le donne (e gli uomini) hanno tutte, nella loro irriducibile e non banalizzabile diversità personale, un modo condiviso e simile di guardare alla realtà e tutte, bene o male, cadono negli stessi errori o mostrano difetti simili.
Il punto di osservazione della realtà tipico della donna è questo: orientato sulla vita, sulle persone, sullo sviluppo; e attento all'insieme. Per questo la donna ha determinati bisogni, tutte le donne. E anche qua, tenere lontano da animi altamente infiammabili le seguenti affermazioni:
E cosa vorrebbe dire? che siamo solo fatte per figliare, che in mancanza di figli ninneremmo anche un cicciobello, che in casi estremi tratteremmo come bambini i nostri poveri animali domestici? E che siamo anime semplici e terrigne così che ci occorra sempre considerare un oggetto inserito in un ambito concreto, noi animaletti incapaci di astrazione?
No, affatto. Un'altra nostra caratteristica, però, è forse proprio questa: avere un animo che, se non educato, esonda, si riversa anche con forza distruttiva al di fuori, esternando senza controllo il flusso di coscienza interiore, e mettendo noi stesse al centro. E deformando l'interesse amoroso per l'altro in morboso controllo, in preoccupazione soffocante.
Il nostro sguardo è meno analitico e astratto di quello dell'uomo ed è invece squisitamente contemplativo e sperimentale, proiettato verso ciò che è concreto.
Se per l'uomo è più difficile mettersi alla dipendenza di altri, dedicarsi alle cose altrui, per la donna è invece naturale. Ora ditemi se, scrollandoci di dosso la polvere vulcanica di quell'asfissiante pensiero unico che ci è esploso sopra la testa, non ci si ritrova in ciò che Edith Stein dice di noi donne:
Nel racconto della creazione c'è tutto il nostro movimento fisico e spirituale, di reciprocità tra uomo e donna e di dipendenza diretta e indisponibile di ogni persona da Dio. Il sonno nel quale Dio fa scendere Adamo e il fatto che crei la donna da lui; che la guardi già dentro la creazione quasi compiuta e abitata dall'uomo, e lei stessa si scopra lì e non prima, non senza l'uomo addormentato davanti a sè e Dio a plasmarla; e immaginiamo i passi che la donna compie sospinta, condotta dal Creatore verso l'uomo. Che meraviglia! Che parabola meravigliosa della nostra vocazione femminile universale che compie, magari quasi danzando, Eva, la madre di tutti i viventi!
Nella mia esegesi da non esperta trovo che sia un quadro guardando il quale capiamo davvero chi siamo: noi donne amiamo la realtà abitata dalla persona, dall'uomo; e l'uomo che dorme e si risveglia perché Dio lo chiama per condurci vicine a lui e viceversa è come una gestazione e una nascita; il nostro essere serve, sì è al servizio della vita che è di Dio solo e noi siamo capaci con Lui e per Lui di risvegliarla e partorirla.
Le nostre due inclinazioni tipiche, orientamento alla persona e quello verso il tutto, sono soggette a due degenerazioni: la prima può diventare un'eccessiva inclinazione a occupare se stessi e gli altri della propria persona: vanità, brama di lode, smania di intromettersi nella vita altrui, interesse eccessivo per gli altri. La seconda si deforma in dispersione delle nostre energie in mille attività diverse, compiute disordinatamente e senza costrutto. Questa degenerazione dell'animo femminile è alla radice di tanta sofferenza familiare, nel rapporto madre figli e tra i coniugi.
Se vogliamo imparare ad essere come dovremmo non abbiamo che da guardare a a Lei, l'Immacolata. Aspetta il figlio, lo accudisce e lo protegge, lo offre agli altri. Lo cresce e lo accompagna, resta alla distanza che lui desidera, lo prende tra le braccia da morto. E tutto questo come servizio a Dio e non come cosa propria.
Ciò che ci può aiutare a contrastare la nostra natura ferita, mossa non solo da inclinazioni buone ma anche da desiderio di possesso e controllo è proprio il lavoro sistematico. Che ci impone di circoscrivere il nostro interesse ipertrofico ed elimina la superficialità; ci mette sotto il salutare peso di norme oggettive ed è eccellente esercizio di obbedienza.
Ci sono o no professioni per la donna oltre al suo naturale compito?
E nello svolgere queste professioni occorrerà che si esprima pienamente l'abito tipico della donna, sposa e madre ma in una forma ancora più alta e ardua perché non è rinforzato e motivato dalla forza dei legami di sangue; qui entra in gioco lo spirito.