Un esperimento della diocesi di Grosseto che può essere valido in ogni altra diocesi: consigli e suggerimenti per una buona “Pastorale della morte” (cioè l’accompagnamento spirituale di malati e infermi verso un trapasso sereno).
Proprio per questo, nei giorni scorsi il vescovo di Grosseto, padre Rodolfo Cetoloni, ha firmato una lettera – indirizzata al clero e ai collaboratori laici – per offrire alcuni spunti pratici sul piano pastorale.
«L'esempio di Gesù, buon pastore e il nostro ministero – scrive mons. Cetoloni - ci impegnano a tenere a coscienza, a parlare del vivere e del morire (della vita e della morte) nella predicazione, nella catechesi e nel colloquio personale. La fede e la nostra responsabilità di pastori ci chiamano a essere prossimi alle persone e alle famiglie nei momenti della malattia, della morte. E di quanto essi creano nella vita dei familiari, della comunità ecclesiale e civile».
E aggiunge: «Sempre più la morte è vissuta non nel dolore dignitoso. Ma nel fastidio di trovarsi ad avere a che fare con essa e quindi nel cercare di chiudere la faccenda alla svelta. Lo dico con dolore e disagio, ma sarei ben lieto di sbagliarmi! Nelle città, più che nei paesi, si sono indebolite le relazioni, per cui spesso non si sa che qualcuno è stato ricoverato o è ammalato grave, si avvicina al trapasso o è morto».
Da queste considerazioni, scrive Toscana Oggi (15 marzo), il vescovo di Grosseto esorta clero e comunità cristiane a «zelo e inventiva, relazioni curate e custodite» e offre alcune piste di lavoro pastorale. Suggerisce di «dare maggior spazio alla catechesi e all'annuncio cristiano sui Novissimi (le cose che succederanno all'uomo alla fine della sua vita: la morte, il giudizio, il destino eterno ndr).
Nella “pastorale della morte” bisogna, poi, «intensificare le catechesi e le celebrazioni comunitarie del sacramento dell'Unzione degli Infermi». E ancora «la pastorale del recarsi a visitare gli ammalati, portando loro la Comunione».
Nelle catechesi «rinnovare l'annuncio sul senso del suffragio» e «precisare la preferenza, per noi cristiani, dell'inumazione». Spiegando, nei casi in cui venga scelta la cremazione, «le condizioni previste per la celebrazione, la benedizione e la custodia delle ceneri».
Ci sono anche dei consigli per i funerali nell’ambito di una corretta “pastorale della morte”. Nella lettera, infatti, mons. Cetoloni ribadisce che «la chiesa parrocchiale è il luogo primario deputato alla celebrazione delle esequie». E suggerisce anche una linea di condotta per precisare meglio gli «ambiti» entro i quali le stesse agenzie funebri possono muoversi, affinché non si sostituiscano ai parroci nel rapporto con i familiari di una persona defunta.
Il vescovo, infine, suggerisce che nelle parrocchie sia costituito un gruppo di persone «dotate di fede, carità e buon approccio, che aiutino il parroco nel ministero della consolazione e intervengano per animare la celebrazione dei funerali in parrocchia». Tutte indicazioni per vivere una maggiore alleanza, alla luce del Vangelo, tra famiglie e parrocchie in momenti così dolorosi, che coinvolga anche le agenzie funebri.