Padre Pio da Pietrelcina, parlando dell’angelo custode, soleva spesso dire in confessione al penitente: «Egli è il tuo più grande amico e ti difende, anche quando hai torto marcio». La testimonianza che si impone sopra ogni altra è quella della signora Pia Garella, la quale raccontò a Giovanni Siena uno splendido episodio.
La mattina di un 20 settembre, anniversario delle stimmate di padre Pio, com’era costume fra i figli spirituali, desiderò mandargli un telegramma di auguri a San Giovanni Rotondo. Ma non trovò nessuno che glielo potesse spedire dal capoluogo piemontese. La signora era in angustia. Ad un tratto si ricordò di una raccomandazione che lo stesso padre Pio, l’ultima volta che era stata da lui, le aveva fatto nell’atto di congedarla: «Quando hai bisogno mandami il tuo angelo custode».
Ella allora si raccolse per una fervente preghiera al suo amico invisibile: “Provvedi tu a recare i miei auguri al Padre, giacché non mi è possibile mandarglieli altrimenti”.
Di lì a pochi giorni una lettera da San Giovanni Rotondo, «con la quale una mia conoscente, di nome Rosinella Piacentino, m’informava che alla fine della confessione il padre l’aveva trattenuta per dirle: “Scrivi alla signora Garella e dille così: “Padre Pio vi ringrazia degli auguri spirituali che gli avete mandato”».
Per disposizione divina gli angeli erano al suo servizio per l’umana redenzione e gli portavano le ansie, i bisogni, gli appelli che soprattutto i figli spirituali gli indirizzavano per loro mezzo. Aveva orecchie per sentire, ci sentiva bene, e teneva a farcelo sapere.
A un amico lombardo, Franco Rissone, che gli chiese: «Ma lei sente veramente quello che le mando a dire per mezzo del mio Angelo custode?», egli rispose: «E che mi credi sordo?».
L’angelo era dunque «obbediente e pieno di sollecitudine», ad un patto però: «Purché non lo si mandi a dire sciocchezze», come egli stesso raccomandava. In conclusione Padre Pio ha cercato di instillare nell’animo di chi lo frequentava la preziosità dell’opera angelica compiuta in nostro favore, ma riguardo alla nostra relazione con l’angelo custode affermava: «Ma teniamogli buona compagnia».
Con queste parole il santo ha voluto sottolineare che nel relazionarci al nostro angelo custode, non dobbiamo ritenere che per noi esista solo il diritto di servirci di lui per realizzare i nostri obbiettivi, senza alcun obbligo nei nostri confronti. Ed il primo degli impegni dei veri devoti agli spiriti celesti è quello di non contristarli con il peccato. Comunque anche quando purtroppo siamo in questo terribile stato spirituale della nostra anima, l’angelo ci resta accanto.
Padre Pio disse ad una sua figlia spirituale: «Quando pecchiamo, mettiamo Dio fuori dalla nostra anima, ed Egli rispettando la nostra libertà si allontana. Ma comanda all’angelo custode di rimanerci accanto. Cosa che il buon servitore del Signore e nostro fa fino alla nostra morte. Solo quando, se noi nell’ultimo istante della nostra vita, decidiamo di rifiutare il nostro creatore per sempre, egli ci lascia e ritorna in paradiso».
In conclusione gli angeli hanno popolato la cella, il confessionale, l’altare, la veranda e tutti i luoghi della quotidianità conventuale di padre Pio.
Una volta, un’altra figlia spirituale di Padre Pio, Cleonice Morcaldi gli disse: «Padre, non ho tanta devozione al mio angelo custode». E padre Pio di rimando: «Dobbiamo essere devoti agli angeli: invocalo spesso!».
Un’altra volta la stessa Cleonice gli chiese: «Padre, occuperemo i posti resi vuoti dagli angeli ribelli? E per me ce ne sarà qualcuno?». Risposta lapidaria del padre: «Aivoglia quanti ce ne sono!».