Come insegnare ai più piccoli a evitare le trappole e le sfide estremeL’ennesima tragedia consumatasi sul social TikTok ha sollevato un’ondata di polemiche e ha fatto scattare, oltre al blocco per gli under 13, una nuova campagna di sensibilizzazione da parte della piattaforma sulla sicurezza all’interno dell’app per aumentare “la consapevolezza e l’educazione sugli strumenti e le funzionalità di sicurezza disponibili su TikTok per tutti”. Ma come aiutare i nostri figli a non cadere nelle trappole che a volte si nascondono nel mondo dei social network?
Le challenge o sfide estreme
Si presentano come innocui giochi per bambini che vengono condivisi con amici o estranei attraverso i social network, ma a volte non sono solo azioni ridicole su cui ridere, ma procedure talmente pericolose da portare, in certi casi, alla morte. È proprio quello che è successo a una bambina siciliana di 10 anni che, vittima di una sfida chiamata Black out challenge o Hanging challenge, si è legata al collo una cintura che aveva fissato al termosifone per vincere una prova di soffocamento estremo. L’obiettivo di questo gioco estremo? Provocarsi uno svenimento per riprendere tutto e postarlo in rete. La sfida circola in rete da molto tempo e punta a dimostrare quanto si è in grado di resistere senza ossigeno. Una vera trappola per bambini e adolescenti, sempre desiderosi di dimostrare il proprio coraggio, farsi notare o guadagnare più follower. Ma questa non è la sola sfida presente sui social network, per esempio fino a poco tempo fa era molto di moda la Skullbreaker challenge, nella quale si deve provocare la violenta caduta di schiena di un amico con uno sgambetto. Sfide diverse, stessi obiettivi: dimostrare qualcosa a qualcuno e a se stessi, farsi ammirare, farsi accettare.
I principali rischi della rete
Oggi siamo tutti iperstimolati a causa, soprattutto ma non solo, di mesi di lockdown forzato. Se già prima della pandemia, molti bambini vivevano poco una realtà esterna fatta di giardini, parchi, spazi ricreativi e confronto con i propri coetanei, a causa di genitori troppo impegnati o convinti di tenere al sicuro i più piccoli, ora, con la chiusura di scuole e palestre, i pericoli del mondo esterno si sono trasferiti ancora di più nella rete.
Il primo pericolo a cui dobbiamo prestare massima attenzione è che il computer o il telefonino non vengono considerati come realtà virtuale, ma come vera e propria vita reale. Ecco perché oggi sul web gli adolescenti riversano tutte le manifestazioni di sé, comprese le rivelazioni di disagio: dal desiderio di non deludere i genitori a quello di piacere ai propri amici, dal bisogno di essere accettati in una società “dell’apparenza” allo sforzo e alla fatica per essere sempre più popolari e alla moda.
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Che cosa possiamo fare?
Alzare l’età per l’accesso a Internet e ai social network. Ricominciamo a prendere sul serio la questione dell’età, proprio per proteggere i nostri figli da un mondo virtuale che non sono in grado di fronteggiare. 10 anni, infatti, sono pochi per avere uno smartphone con accesso a Internet e alle varie piattaforme condivise. Per iscriversi ai social la legge prescrive i 13 anni: allora rispettiamola, e che sia davvero questa l’età minima per regalare ai figli un cellulare. Prima di allora, è molto difficile riuscire a gestire l’impatto emotivo di quanto si vede sul piccolo schermo.
Cerchiamo di essere il primo esempio. Seppur con difficoltà, perché non è il nostro mondo, il genitore dovrebbe aggiornarsi sulle nuove tecnologie per non esserne spaventato, per sfruttarne al meglio le potenzialità e per dare il buon esempio. Tuttavia questo non significa comportarci come loro. Buona parte dei video che circolano su TikTok, per esempio, ci mostrano dei genitori che si comportano come i figli: rispettiamo i nostri ruoli, affinché rispettino la nostra autorità. Inoltre, cerchiamo di trovare dei momenti “internet-free” o “social network-free”: se i nostri figli ci vedono sempre collegati saremo poco credibili quando vorremo limitarne a loro l’uso.
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Mai lasciarli soli in rete. Controlliamoli sempre, ma senza ossessionarli. Non è facile, si sa, ma bisognerebbe sempre avere un occhio sulle attività dei nostri giovani. Non lasciamo che si isolino e che instaurino un rapporto malato con lo smartphone e con l’Internet. Cerchiamo inoltre di cercare e condividere con loro il buono della rete: attività positive, video simpatici, le molteplici iniziative della Chiesa per i giovani. Limitare inoltre l’accesso ai siti inadeguati con il parental control o il filtro famiglia. Questo sistema consente ai genitori di monitorare o bloccare l’accesso a determinate attività da parte del figlio (siti pornografici, video violenti ecc.) e anche di impostare il tempo di utilizzo di computer, tv, smartphone e tablet. Google Family Link, per esempio, propone gratuitamente un ventaglio di opzioni come la geolocalizzazione dei vari dispositivi in uso dal figlio, l’impostazione di limiti temporali di utilizzo, il blocco da remoto e altre funzioni.
La soluzione non è la censura del web
La soluzione, purtroppo, non è oscurare la rete o imporre divieti tassativi ai giovani, come abbiamo spiegato anche nel precedente articolo Educare i bambini al web. Sarebbe troppo facile, e le scorciatoie semplicistiche, lo sappiamo bene, non portano mai a niente. Tutto il mondo è online, non si può pensare di escludere i ragazzi eliminando l’Internet dalla loro vita. Invece sarebbe utile, grazie anche a quello che abbiamo imparato in questo periodo, accedere a una scuola connessa 24 ore al giorno ma ben integrata. Il punto resta la capacità di proporre una reale educazione al mondo del web, di insegnare una sorta di “saggezza digitale”. Un uso saggio del web, infatti, può essere la via d’uscita dai pericolosi labirinti mentali di chi usa la rete in modo malato e insano.
Essendo cristiani, sappiamo bene che anche il cammino di educazione alla fede non è un percorso scevro da rischi e pericoli, soprattutto nel mondo moderno e nella società in cui ci troviamo a vivere oggi. La via che i nostri giovani devono intraprendere nella rete, in fondo, non è un cammino molto diverso. Il mondo virtuale, è vero, può essere pieno di pericoli, ma grazie al nostro insegnamento e alla nostra presenza, proprio come accade nella realtà, i nostri figli possono addentrarvisi senza paura e con gli strumenti giusti per sostenere le scelte che sono tenuti a fare.