Niente scappatoie: la felicità nella relazione di coppia nasce dall’impegno, dalla volontà, dalla disponibilità ad affermare l’altro più che sé stessi e i propri gusti
Vogliamo essere felici, non compatibili
Alla fine cosa si intende con compatibilità nell’economia di una relazione di coppia? Che l’altro debba adattarsi alle mie frastagliate asperità come lo slime superfluffy che crea mia figlia undicenne mescolando i suoi improbabili componenti (carino, profumato e piacevole al tatto).
Allora, se è così, di reciprocità non se parla proprio. Passare dallo stato roccioso a quello di slime per adattarsi all’altro che nel frattempo ha sfoderato tutti i suoi spigoli e ruvidezze non è semplice, nè immediato. E’ più facile, a voler ben vedere, mettersi entrambi, in una coppia, di buzzo buono e trovare la strada di un incontro vero.
Che cosa significa, innanzitutto, essere compatibili? Così il dizionario:
compatìbile agg. [der. di compatire]. – 1. Che merita compatimento, cioè indulgenza, giustificazione: sono difetti c. in un ragazzo; è c. per ciò che ha fatto, se si pensa alla sua inesperienza. 2. Che si può accordare con altra cosa, conciliabile: due temperamenti poco c.; la carica di sindaco non è c. con quella di deputato (cfr. il più comune incompatibile).
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Il falso mito della compatibilità di carattere
Fa sorridere che questo termine abbia avuto e ancora abbia tanta fortuna nella valutazione della qualità di una relazione. A ben guardare questa visione delle dinamiche di coppia rivela un’idea della persona umana da una parte piuttosto scadente e dall’altra ostinatamente capricciosa. Io sono così e così resto (e allora dove si colloca la libertà, la larghezza di uno spirito, la potenza di una personalità?); e anche “ciò che sono si impone come criterio per la qualità del tuo stare con me”.
Leggevo su una testata femminile, per niente cattolica, più facilmente allineata al pensiero che va per la maggiore, una gradevole riflessione proprio sul mito fuorviante della compatibilità di carattere in una coppia che sarebbe sinonimo e condizione imprescindibile per essere felici in due.
Molte relazioni disfunzionali sono altamente compatibili
Deciso e ficcante l’attacco del pezzo su D di Repubblica di Brunella Gasperini, psicologa. In un articolo del 30 novembre scorso scrive:
Non è così chiaro cosa voglia dire essere partner compatibili. Che ci piacciono le stesse cose? Oppure invece no? Che ci si somiglia? O al contrario che siamo diversi ma complementari? Nell’immaginario abbiamo l’idea fantasiosa di una coppia strettamente connessa, formata da partner iperstimolanti l’uno con l’altro, tenuti insieme da un puzzle di tratti di personalità combacianti. Che tradotta nella realtà spesso vuol dire un incastro nevrotico.
La favola degli opposti che si attraggono, si finisce spesso per leggerla nelle pagine di cronaca nera più che rosa. Una figura dispotica e coercitiva attrarrà chi tende alla sudditanza. Un carnefice si accoppierà facilmente con una vittima (intesi come ruoli relazionali, non in senso letterale). Un partner abituato alla dipendenza fiuterà come un cane da tartufo chi non vede l’ora di esercitare dominanza. E queste, si intuisce senza troppi rimandi a studi e analisi dettagliate, non sono esempi di coppie felici. Sebbene colpisca la loro “terribile” compatibilità.
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Come si fa a stare bene in coppia?
Come si fa allora a costruire una coppia equilibrata e felice?
La compatibilità è l’ennesima credenza sull’amore generica e fuorviante. Perché non dipende da determinati aspetti di personalità. Non è qualcosa che c’è a priori. Piuttosto qualcosa che facciamo. È un processo, una disposizione, un atteggiamento, una volontà, un impegno. Le caratteristiche di personalità sono importanti ma non si conoscono gli abbinamenti migliori. Mentre sono le capacità relazionali, che ognuno di noi può sempre migliorare, a determinare il funzionamento di una coppia, con qualsiasi tipo di personalità. (Ibidem)
Eccolo lo scarto necessario, la vera possibilità di fare la differenza: siamo noi, con le nostre risorse, certamente anche il carattere e i difetti (quelli che con l’età di solito non fanno che peggiorare), ma soprattutto con l’arma della nostra libera volontà. Con quella e con una certa disciplina e, per chi ne conosce l’esistenza, con l’aiuto della grazia, si possono davvero tessere relazioni stabili, benefiche, costruttive (per sè e per gli altri), oasi di bellezza in parte addomesticata e in parte selvaggia in cui non solo noi, ma anche gli altri si possano ristorare.
L’innamoramento è il razzo per il lancio iniziale, non la navicella per il viaggio galattico!
Finito lo slancio propulsivo della passione iniziale bisogna saper gestire la complessa strumentazione di bordo per continuare a stare in orbita insieme e godersi il panorama. Ed è da quel momento, in realtà, che inizia il vero piacere del viaggio. Vale anche per la sfera della sessualità, vittima incolpevole di una narrazione così fuorviante che fa credere a tutti di essere i soli a non capirci niente: non è il sesso praticato al volo, dopo una serata di risate e presunta compatibilità (ancora lei) il più soddisfacente e autentico. Forse si è rimasti in pochi a riferirlo ma è proprio il sesso in una relazione stabile, esclusiva e fedele (il matrimonio!) il migliore e che migliora con il tempo.
Anche la compatibilità sessuale, dopo una prima fase spesso magicamente perfetta, ha bisogno di essere curata, scoprendoci ed educandoci a vicenda su cosa preferiamo. Non viene da sé. (Ibidem)
Non aver paura di studiarsi
Per questo non è insolito che qualche sacerdote illuminato consigli molto caldamente ai fidanzati di non sposarsi (solo) perché innamorati.
Proprio quando tutto sembra perfetto occorrono lucidità e capacità di osservazione. Impariamo a conoscere non solo l’altro in sé stesso ma il nostro modo di stare in relazione. Meglio ancora senza la confusione del coinvolgimento fisico. Anche quella del “giro di prova” prima dell’acquisto è una falsa garanzia che rischia semmai di portarci fuori strada. Che ci sarà mai da testare sessualmente parlando? E’ la relazione tra le persone che conta e che decide anche di come si vivrà la sessualità, essendo anch’essa una comunicazione, e in una delle forme più alte. E cosa comunichiamo se non noi stessi?
Nei primi periodi, per quanto trascinati da quel senso di innamoramento che aggiusta tutto, proprio quando tendenzialmente ci sentiamo più premurosi, accomodanti, comprensivi, disposti a passare su tutto, a sorvolare sui lati oscuri del passato, sarebbe meglio invece stare attenti, pronti a cogliere tutti quei segnali che danno idea di come si possa funzionare davvero insieme. Lasciando stare i tratti in sé ma il modo in cui interagiamo, quanto riusciamo a connetterci emotivamente. (Ibidem)
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Non esiste il partner perfetto
Non esiste il partner perfetto né la relazione perfetta. Non esistono prima e senza che noi in prima persona ci impegniamo e investiamo su di essi.
Se ami un altro, sei disposto a lavorare su te stesso, a cogliere i suoi bisogni senza annichilirti; sai affermare te senza schiacciarlo; sei o diventi capace di chiedere scusa, di ricominciare, di lasciar perdere, di fregartene di chi vince. Procedi per amorosa approssimazione, avvicinandoti all’altro senza pretendere con lui la fusione; riconoscendo spazi di solitudine inaccessibile e, per chi crede, trovando proprio in quella e nella relazione più segreta e intima che c’è una sorgente di acqua fresca per irrigare anche quella di coppia.