Economy of Francesco tocca molti temi: il più importante è il valore delle persone come fine e non come mezzo. Si apre oggi la tre giorni di Economy of Francesco, un appuntamento di studiosi, studenti, esperti, ong, imprenditori per ripensare l’economia in tempi di pandemia e crescenti diseguaglianze. Tra coloro che hanno coordinato i lavori anche molti studiosi italiani, esperti nel campo della “Economia Civile” e animatori di un diverso approccio rispetto a quello più classico. Tra di loro la professoressa Roberta Sferrazzo, docente di Management presso la Business School AUDENCIA a Nantes in Francia.
Professoressa Sferrazzo, il Villaggio di cui lei si è occupata si chiama: “Management and Gift“, un paradosso o una sfida?
Come messo in luce dai giovani di EoF, si tratta sicuramente di una sfida, e non di un paradosso. Nel corso di questi mesi in preparazione dell’evento ufficiale, assieme agli altri giovani coordinatori del nostro villaggio ci siamo messi in reale ascolto della voce e delle aspettative dei giovani partecipanti, provenienti sia da esperienze aziendali sia accademiche. Abbiamo riscontrato in tanti il desiderio di integrare la logica del dono e della gratuità nel proprio quotidiano vissuto in azienda o all’interno dei propri progetti di ricerca in ambito manageriale. Tra i nostri giovani, la voglia di ripensare il management in chiave più umana e più relazionale è dunque tanta e si cercano nuove strade per poter guardare al paradigma economico con lenti diverse da quelle a cui siamo solitamente abituati. L’Economia di Francesco rappresenta per noi una di queste nuove strade da percorrere, sicuramente camminando insieme lungo la strada, mai da soli.
L’economia mainstream può portare a una visione ristretta della natura e dell’essere umano. Quale è a suo giudizio la visione antropologica necessaria per ripensare la gestione delle nostre vite?
I miei studi di ricerca in ‘economia civile‘, applicati in particolare al management, mi hanno consentito di guardare al profitto non più come il fine ultimo di un’azienda, ma come un mezzo per raggiungere un fine più alto: il bene comune. Credo che questo stesso criterio economico-civile derivi proprio da una visione antropologica differente, che ci spinge verso l’altro non per raggiungere i nostri scopi, ma per contribuire insieme all’edificazione di un mondo migliore, all’edificazione del Regno di Dio sulla terra, qualsiasi sia il tipo di attività lavorativa in cui siamo impegnati.
Qual è lo scopo degli “affari”?
Il lavoro è un’esperienza collettiva, eppure, mai come oggi, il lavoro è per tanti esperienza di solitudine. Riemergono regolarmente problematiche legate al malessere lavorativo. Si tratta di segnali da prendere molto sul serio che portano ad interrogarsi sulla nostra esperienza lavorativa e sull’attuale concezione comune che si ha dello scopo degli affari. Come sarebbe un’organizzazione capace di riconoscere il dono dei suoi lavoratori? E’ con questa domanda nel cuore che i nostri giovani ci stanno fornendo spunti e riflessioni importanti, decisivi, per contribuire assieme alla nascita di un nuovo modo di fare management, così da arrivare a riconoscere il lavoro delle persone in tutta la sua bellezza e unicità anche in ambito manageriale. Un’organizzazione capace di riconoscere il dono dei suoi lavoratori mette al centro l’umano prima ancora dei numeri, il dono è infatti allergico al calcolo utilitarista.
Quali dovrebbero essere i criteri nuovi per giudicare le performance dell’economia e del mondo degli affari?
Grazie al lavoro di questi mesi con i giovani partecipanti al nostro villaggio, abbiamo individuato delle vie concrete da percorrere per guardare con occhi nuovi alla performance economica. Ad esempio, si è pensato di destinare una parte del reddito annuale delle aziende ad attività di responsabilità sociale d’impresa, coinvolgendo i dipendenti in progetti orientati al bene comune che le aziende scelgono di sostenere. Un’altra proposta è quella di creare dei laboratori locali dove poter discutere della logica del dono, cercando di metterlo in pratica e in evidenza nelle aziende. Altre proposte riguardano il ripensare la ricerca scientifica in ambito manageriale, in modo tale che assuma toni meno tecnici e più relazionali, alla luce del fatto che un’organizzazione è innanzitutto una comunità di persone e dovrebbe dunque costituire un luogo di crescita e di fioritura umana, piuttosto che di solitudine o di smarrimento.
Come ripensare i rapporti di lavoro? C’è spazio per il dare e per la gratuità negli affari? Gli affari possono essere un luogo vivificante?
Come ci ha ricordato Papa Francesco nella Laudato sì’, siamo chiamati al lavoro fin dalla nostra creazione e non si deve cercare di sostituire sempre più il lavoro umano con il progresso tecnologico, poiché così facendo l’umanità danneggerebbe se stessa. Il lavoro è invece una necessità, è parte del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale. Ferisce il sentirsi non riconosciute/i per quanto diamo/doniamo nel nostro contesto lavorativo. Il lavoro non si misura solo con i numeri, bisogna anche guardarlo, “vederlo con i propri occhi” come ci ricorda lo studioso Pierre-Yves Gomez nel testo “Le travail invisible“. Bisogna soprattutto saper scorgere il dono che c’è all’interno del lavoro, ovvero la gratuità che lo caratterizza. La gratuità non è indifferenza; è un lasciare l’altro libero di rispondere ma allo stesso tempo è un chiamare a una libera risposta, ad un rapporto di reciprocità dove ciascuno dà e riceve. Su queste parole, ‘gratuità’ e ‘dono’, abbiamo chiesto ai nostri giovani di interrogarsi, fornendo loro diversi spunti provenienti dal mondo imprenditoriale, aziendale ed accademico.
Questo villaggio ha esplorato e continuerà ad esplorare i nuovi approcci alla gestione sostenibile che contribuiscono alla “Economy of Francesco“? Cosa le hanno fatto scoprire i giovani coinvolti?
Grazie a una serie di webinar che abbiamo organizzato e proposto ai giovani del nostro villaggio nel corso di questi mesi, abbiamo avuto modo di esplorare insieme strumenti manageriali innovativi, già messi in atto da alcuni manager o imprenditori, per una gestione sostenibile che contribuisca alla “Economy of Francesco”. Ascoltando i loro commenti e le loro esperienze emerse nel corso di questi webinar, due parole mi vengono in mente con riferimento a ciò che i giovani coinvolti mi hanno fatto scoprire: creatività e speranza. Le proposte creative arrivate dai giovani sono infatti state tante, assieme alla speranza e al desiderio di contribuire insieme a cambiare le logiche che guidano attualmente il sistema economico e manageriale. L’esplosione di creatività e la luce della speranza credo possano davvero rappresentare la chiave del cambiamento economico che tanto desideriamo.