Il giovane beato nei ricordi inediti della nonna, di un amico di liceo, del direttore spirituale, di un frate, di un’insegnante
L’ardore per Gesù e l’eucaristia, l’impegno per l’elemosina e l’opposizione all’aborto: è il ritratto del beato Carlo Acutis che emerge nelle testimonianze di 5 persone a lui vicine.
Dalla nonna all’amico del liceo, da un frate al direttore spirituale, sino ad un suo insegnante: il quindicenne, morto prematuramente per una leucemia fulminante nel 2006, si distingueva dagli altri suoi coetanei per una “passione smisurata” nei confronti del Signore, ma non solo. Questo ha reso la sua storia incredibile, un esempio di giovane e rara santità.
Le testimonianze sono riportate nel libro di Luigi Francesco Ruffato “Carlo Acutis – Adolescente innamorato di Dio” (edizioni Messaggero Padova).
1) Nonna Luana
«Carlo, ogni sera, mi ricordava di preparare il mangiare da portare a un mendicante che dormiva per terra nei giardini pubblici e gli metteva accanto un euro della sua paghetta, per quando si svegliava. Si intratteneva con quelli che chiedevano l’elemosina alla porta della sua chiesa. Quando capiva che gli altri soffrivano, partecipava, manifestamente, al loro dolore».
2) Un’insegnante
«Non mi dimenticherò mai di questo ragazzo speciale, così diverso dagli altri e così buono. Sono sicura che Carlo fosse molto vicino al Signore: aveva una bella foto di Gesù proprio davanti a dove studiavamo e… guai a chi gliela toccava. Una cosa comunque ci tengo a dirla, è difficile, soprattutto in questi tempi, trovare un ragazzo puro come era lui» (Gori, Un genio, p. 61).
3) Un compagno di liceo
«Un compagno di Liceo racconta che vi fu un’accesissima discussione in classe durante l’ora di religione sull’aborto. Lui, unico, sosteneva la posizione della Chiesa, difendendo i valori della vita e dell’embrione, in quanto figlio di Dio. Poco prima di morire, la sua classe stava preparando delle tesine su come viene vista la fecondazione assistita nelle varie religioni e a Carlo toccò la religione ebraica. Questo gli diede modo di approfondire gli argomenti e in una conversazione con i suoi familiari si dichiarò sconcertato sul fatto che aveva scoperto che nel mondo vi fossero milioni di embrioni congelati abbandonati a una sorte tremenda. Disse che se fosse stato una donna, come opera di carità, avrebbe adottato uno di questi embrioni per dargli la possibilità di nascere» (ivi, p. 75).
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4) Il suo padre spirituale
«Carlo era particolarmente sensibile nel capire se i sacerdoti celebravano la messa in modo devoto e quando si accorgeva che erano poco immedesimati nella celebrazione eucaristica si rattristava; più di una volta mi ha detto che “essendo i sacerdoti le mani tese di Cristo”, il Signore lo devono testimoniare con entusiasmo e loro stessi devono essere modelli luminosi e non ripetitori automatici di un rito liturgico in cui non mettono il proprio cuore e da cui non traspare la propria fede in Dio» (ivi, pp. 85-86).
«Più di una volta mi chiese consiglio su come convincere meglio alcune persone che non frequentavano la messa domenicale e mi disse che quando parlava del miracolo eucaristico di Lanciano e dell’apparizione dell’angelo dell’eucaristia ai pastorelli di Fatima la gente sembrava illuminarsi. Io lo incoraggiavo sempre a portare la parola del Signore quando gli si presentavano le occasioni. Era molto contento del suo grande zelo apostolico e nutrivo una forte speranza che un giorno Carlo avrebbe scelto un cammino sacerdotale […].
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5) Giulio Savoldi, frate missionario cappuccino
«Ebbi la fortuna di avere vari incontri con Carlo; di lui ho un ricordo vivissimo: era un ragazzo sereno, dal volto luminoso, aperto a tutto ciò che è buono e bello, certamente fortificato dallo Spirito del Signore. Sensibilissimo alla povertà e sofferenze altrui; secondo le sue possibilità, voleva contribuire a lenire il dolore di chi, sotto ogni aspetto, era meno fortunato di lui. Così si spiega come un giorno da ragazzino, spontaneamente, con alto senso di amore, mi portò il contenuto del suo salvadanaio per i bambini più bisognosi».
«Con impegno interveniva verso i suoi contemporanei che si trovavano in difficoltà per iniettare in loro fiducia e sicurezza, per far risplendere sui loro volti la gioia di un dovuto sacrificio del proprio dovere e del rispetto reciproco alla luce della pace e della riconciliazione. Non era portato a giudicare e a condannare chi sbagliava, ma volentieri si prestava a ricomporre gli animi esagitati nella serenità e nella pace sulle orme di Gesù, mandato dal Padre non per condannare, ma per salvare. Ringrazio il buon Dio per avermelo fatto conoscere e ammirare. Da parte mia in particolare lo sento come guida e forte richiamo di fedeltà e di santità alla mia vocazione secondo i misteriosi disegni del buon Dio sempre improntati dalla sua infinita bontà e misericordia» (ivi, pp. 165-166).
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