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Cosa dice la Bibbia sul pettegolezzo e le chiacchiere?

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 26/09/20
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L’uso malevolo e distorto della lingua, al fine di procurare male a qualcuno, è condannato sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento. Ecco come

Il tema del pettegolezzo, nelle sue varie forme, lo ritroviamo trasversalmente negli scritti sia dell’Antico sia del Nuovo Testamento, soprattutto nei Libri sapienziali, nei Salmi, nei Vangeli e nelle Lettere di Paolo.

I verbi e i sostantivi più ricorrenti usati dagli autori sacri sono: «calunnia / calunniatore / calunniare»; «chiacchiera / chiacchierone»; «maldicenza / maldicente / maledizione / malevolenza»; «mormorare / mormorazione»; « diceria / pettegolezzo»; «sparlare / diffamare».

I loro significati, scrive Leoluca Pasqua nel suo libro “Il pettegolezzo – Tra malizia e superficialità“, dell’editore Paoline  rimandano alla medesima realtà, e cioè all’uso malevolo e distorto della lingua, al fine di procurare male a qualcuno.

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Persona debole di cui non ci si può fidare

Nel Siracide innumerevoli sono le massime con le quali si mette in guardia colui che parla con troppa facilità e in modo stolto (cfr. Sir 10,14.18.23 passim). Chi non sa tenere a freno la propria lingua commette un peccato grave davanti agli occhi di Dio, è una persona debole di cui non ci si può fidare, perché non sa custodire i segreti (cfr. Sir 27,16-21) e di conseguenza tradisce l’amicizia e provoca litigi e divisioni.

«Un uomo chiacchierone è temuto nella sua città, chi non sa controllare le parole è detestato» (Sir 9,18).

La trappola perversa

Chi abitualmente parla male del prossimo fa male anche a se stesso, cade in rovina, in una trappola perversa che può anche diventare motivo di sofferenze e di afflizioni come insistentemente mette in guardia il Libro dei Proverbi. Inoltre chi chiacchiera troppo si acquista la fama di essere una persona pericolosa, che è meglio tenere a distanza e che, a lungo andare, si rende detestabile.

«La bocca dello stolto è la sua rovina e le sue labbra sono una trappola per la sua vita» (Pr 18,7). «Chi custodisce la bocca e la lingua preserva se stesso dalle afflizioni» (Pr 21,23).

Non mormorare contro Dio

Nel Libro della Sapienza l’esortazione a non mormorare contro Dio né contro il prossimo è accompagnata da un’ulteriore precisazione, che fa riferimento alle conseguenze distruttive che le parole provocano quando, cariche di menzogna e di cattiveria, hanno il potere di uccidere la dignità di una persona:

«Guardatevi dunque da inutili mormorazioni, preservate la lingua dalla maldicenza, perché neppure una parola segreta sarà senza effetto; una bocca menzognera uccide l’anima» (Sap 1,11).



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Le parole calunniose

Anche nel Libro dei Salmi la condanna per chi pronunzia parole calunniose è netta e di conseguenza vengono cantate la lealtà e la giustizia come condizioni necessarie per accedere alle dimore del Signore:

«Signore, chi abiterà nella tua tenda? Chi dimorerà sulla tua santa montagna? Colui che cammina senza colpa, pratica la giustizia e dice la verità che ha nel cuore, non sparge calunnie con la sua lingua, non fa danno al suo prossimo e non lancia insulti al suo vicino» (Sal 15,1-3).

Strumento di mediazione o distruzione

Nel Nuovo Testamento il tema del pettegolezzo, sotto la forma della maldicenza o della mormorazione, viene ulteriormente sviluppato in continuità con la tradizione sapienziale. In alcune pagine evangeliche e in alcuni passaggi delle Lettere di Paolo troviamo molti inviti a usare la lingua in modo sobrio e sapiente.

Ad essa viene riconosciuta la grande responsabilità di essere uno strumento di mediazione, in grado di veicolare significati buoni o cattivi, di pace o di guerra, di creare comunione o divisione, di distruggere o di edificare.

I rimproverì di Gesù

Gesù ha fortemente sottolineato, in molti suoi discorsi, tale aspetto, facendo notare come il parlare con misura e nella verità costituisca il riflesso di una vita interiore abitata dalla sapienza di Dio e, viceversa, come il parlare male dell’altro sia frutto di un cuore bisognoso di conversione. Per questo egli non risparmia rimproveri e dure condanne, rivolte soprattutto ai farisei, per i loro atteggiamenti ipocriti, come in Matteo 12,33-35:

«Prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono. Prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l’albero. Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? La bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. L’uomo buono dal suo buon tesoro trae fuori cose buone, mentre l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori cose cattive».

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Gesu cena con i farisei.

“Ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore”

Un cuore capace di coltivare sentimenti nobili, di operare il giusto discernimento, un cuore misericordioso verso le debolezze del fratello, saprà consegnare alla bocca le giuste parole, nei tempi e nei modi opportuni. Soprattutto parole di stima e di rispetto, parole abitate da quella carità fraterna che Gesù indica come via alla santità. Si comprende così il monito del Signore contenuto in Matteo 15,18-20, all’interno dell’insegnamento sul puro e l’impuro:

«Ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende impuro l’uomo. Dal cuore, infatti, provengono propositi malvagi, omicidi, adulteri, impurità, furti, false testimonianze, calunnie. Queste sono le cose che rendono impuro l’uomo; ma il mangiare senza lavarsi le mani non rende impuro l’uomo».

Accuse gravi e infamanti

L’atteggiamento di mormorazione da parte dei rappresentanti della religiosità del tempo costituisce un chiaro dissenso al modo di predicare e di operare di Gesù, ritenuto blasfemo e sovvertitore. In alcuni casi tale mormorazione sfocia in gravi e infamanti accuse che arrivano a considerare il suo modo di porsi e di parlare tipico dei pazzi o degli indemoniati, come emerge nel contesto del discorso del buon Pastore, che troviamo nel Vangelo di Giovanni (Gv 10,1-21). Qui Gesù afferma la sua identità con il Padre e quindi si propone come l’unico pastore in grado di guidare le pecore verso l’abbondanza della vita.

Sorse di nuovo dissenso tra i Giudei per queste parole. Molti di loro dicevano: «È indemoniato ed è fuori di sé; perché state ad ascoltarlo?». Altri dicevano: «Queste parole non sono di un indemoniato; può forse un demonio aprire gli occhi ai ciechi?».



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Gli scontri con i farisei

L’ostilità verso Gesù raggiunge punte estreme soprattutto a conclusione degli scontri con i farisei e i dottori della legge, circa le osservanze rituali che – nel momento in cui non si fondano sulla giustizia e sull’amore di Dio, afferma Gesù – sono senza valore e pertanto inutili:

«Gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca» (Lc 11,53-54).

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