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Sono convinta che Dio si manifesti ai piccoli in modo speciale

INFANT IN COT,
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Sei di tutto più uno - pubblicato il 11/09/20
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Osservo sempre con stupore le espressioni che i neonati fanno da svegli e mentre dormono. Guardando la mia terza figlia ho scoperto che i bambini sono davvero facilitati ad essere vicini a Dio, a percepirne la presenza.Osservo sempre con stupore le espressioni che i neonati fanno da svegli e mentre dormono. Questa cosa di solito la si fa quando si è mamma oltre il secondo figlio: col primo non è possibile farlo poiché – perlomeno a donne come me, tra l’insicuro, il pigro, il disordinato e il confusionario – quando il pupo dorme, si fa giusto in tempo a lavarsi la faccia e cambiarsi d’abito (che di solito è un pigiama/tuta/grembiule). Il resto del tempo lo si passa a cercare di capire come sopravvivere agli strilli del pupo (presente quando si esce dalla discoteca con gli acufeni?); ai consigli della suocera che ha avuto un figlio solo e non è venuto così bene; ai suggerimenti della mamma che non ha allattato ed è tornata al lavoro quando i figli avevano due mesi; alle zie che vengono a vedere il bimbo ma osservano l’ordine della casa; alle amiche che – soprattutto se sei giovane – ti dicono che a vent’anni dovresti divertirti ancora, uscire la sera, truccarti un po’; al marito che va instradato un pochino nel come-capire-rapidamente-se-stai-facendo-la-cosa-sbagliata-e-correggerti-prima-che-tua-moglie-ti-tiri-un-pannolino-sporco (pensavo di realizzare dei podcast sui “piccoli suggerimenti per una famigliola serena”, magari potrebbero essere utili, ma poi mi sono ricordata che può essere tutto, la mia famiglia, ma definirla “serena” è un po’ impreciso: potrei dire “rumorosa”, “strillosa”, “disorganizzata”, quindi ho cambiato idea), all’assoluta drammatica ignoranza sull’infanzia che le donne della generazione divenuta madre dopo gli anni ’70 possiedono se non hanno avuto fratelli o cuginetti vicini…

Con l’arrivo del secondo, se non è troppo poco distante dal primo, un po’ di tempo c’è: le poppate non spaventano; i consigli della zia non vengono ascoltati ma la si ringrazia non intaccando il suo ego; la bilancia non è più uno spauracchio che fa sentire le mamme imperfette nutrici; il marito ha capito esattamente cosa fare e si occupa del primo figlio armandolo di Lego e bicicletta, e il neonato abbiamo tempo di osservarlo. Certo, sempre che non si allattino in contemporanea: in quel caso la situazione muta un po’ poiché -lo dico da mamma che ha fatto il ‘tandem’ per ben due volte (ovvero ho allattato un neonato e il fratello maggiore)- si passano i primi due mesi non con uno, ma con due neonati appiccicati tipo ventose (quando Cigols aveva 8 mesi e Lannina due anni e mezzo, passai 48 ore sul divano con loro alla poppa e la febbre altissima: sostanzialmente misi le radici tipo sequoia). Per ciò che mi riguarda, in effetti, giusto con la terza figlia ho imparato a ritagliarmi del tempo per osservarla un pochino, e quello che ho scoperto (la proverbiale capacità di osservazione della sottoscritta è oggetto di grande dileggio da parte di tutta la famiglia: colpa anche della forte miopia che mi costringe a incaricare sempre qualche figlio della ricerca degli occhiali che, di solito, stazionano in posti assurdi) che i bambini sono davvero facilitati ad essere vicini a Dio, che siano spinti a percepirne la presenza. È per questo, in fin dei conti, che noi abbiamo scelto di battezzare i nostri bambini: lo abbiamo scelto perché siamo convinti che Dio si manifesti ai “piccoli” in modo particolare (a tutti i “piccoli”) grazie all’opera dello Spirito Santo. Siamo infatti certi che Cristo si manifesti loro in modo peculiare, attento…



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Mi spiego spero meglio.

Anzi, no. Questa volta no.

Questa volta cedo la parola al Don che ha battezzato la Pantuffola, Emanuele Rosi, che condivide questa bella riflessione:

Per chiarire l’ importanza del Battesimo, è necessario premettere che cos’è un sacramento, essendo il Battesimo il primo dei Sacramenti. Noi tutti sappiamo che la presenza fisica di Gesù nella storia umana è stata molto limitata, tra i 30, 40 anni ci dicono gli studiosi. Per garantire la sua presenza nel corso dei secoli Gesù si è reso presente non in forma corporea, ma donando lo Spirito Santo, che è sempre Gesù Reale ma in presenza spirituale. Questo è quello che avviene dopo la Resurrezione di Cristo. Pertanto, non c è mai stato un solo giorno della storia umana in cui Gesù non sia stato presente attraverso i Sacramenti.

Dando il Battesimo ai propri figli appena nati, i genitori fanno sì che i propri figli ricevano lo Spirito Santo. Senza il Battesimo, la presenza dello Spirito nel bambino non c’è. Anzi, con il Battesimo il bambino viene addirittura configurato a Cristo con il Segno della Croce fatto sulla fronte con l’olio del Crisma, dopo che è stato liberato dal peccato originale con l’orazione di esorcismo nei riti preliminari e l’unzione con l’olio dei catecumeni sul petto del bambino.

Pertanto il Battesimo libera dal peccato originale e dona la presenza fisica e concreta di Gesù nella vita del bambino configurandolo per sempre a Cristo. È ovvio che lo Spirito Santo ha bisogno del nostro impegno di preghiera e azione per essere costantemente ravvivato, ecco perché, crescendo, il bambino deve essere educato alla Fede anzitutto nell’ambiente familiare – primo luogo di educazione e primo ambiente dove la Fede viene trasmessa – poi attraverso la vita collettiva in Parrocchia, mediante incontri di catechesi, gli altri sacramenti e la vita di comunità. Le figure del padrino e madrina sono fondamentali nel cammino di Fede del bambino soprattutto quando i genitori non la possiedono. Già, ma cosa vuol dire avere fede? Si ha Fede quando si accoglie la Parola di Dio e si celebra l’Eucaristia la domenica, su un preciso mandato di Gesù che ci ricorda che siamo suoi discepoli non quando compiamo delle buone azioni e siamo buoni e bravi, ma al contrario, quando siamo peccatori e pertanto ascoltiamo la Sua Parola che ci salva e ci nutriamo del suo Corpo e del Suo Sangue (quanto avviene nella Celebrazione Eucaristica): tutto il resto sono discorsi campati in aria frutto di una Fede fai da te. Padrini e madrine hanno un’importanza e un ruolo fondamentale se chiaramente hanno la Fede, ogni Domenica celebrano l’Eucaristia, si confessano regolarmente, vivono una vita matrimoniale senza separazioni e divorzi con successivi riaccompagnamenti (a meno che il precedente matrimonio non sia stato dichiarato nullo dalla Competente Autorità Ecclesiastica) e, se non ancora sposati, che non siano persone che convivono.



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Oggi purtroppo assistiamo ad una fortissima “crisi d’identità” delle figure di padrino e madrina: spesso vengono fatti passare come tali persone che hanno rapporti di parentela o stretta amicizia con i genitori dei battezzandi, ma sono completamente fuori del cammino di Fede, lontani dalla celebrazione Eucaristica, dalla Parola di Dio… Mi sono trovato anche come parroco, a sapere di padrini o madrine che dopo il Battesimo hanno dichiarato di essere atei! È quindi da capire se il presupposto, nella decisione di alcuni Vescovi -sollecitati da Papa Francesco- di arrivare a togliere nelle proprie diocesi la figura del padrino e della madrina dai Battesimi e dalle Cresime, preferendo di demandare ai Parroci e alla Comunità parrocchiale, la preghiera costante per i battezzati e cresimati, sia di evitare che nessuno assolva il compito che è dato a padrini e madrine.

Deve inoltre essere chiaro che il Battesimo non può mai essere tolto: il battezzato/a può, nel percorso della vita, ma si spera sempre di no, abbandonare la Fede in Cristo, ma non può in alcun modo cancellare il Battesimo ricevuto, perché è un segno indelebile che nessuna autorità umana può togliere.

Ecco.

In effetti mai e poi mai avrei saputo dirlo così…

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