“Venga il tuo regno”. E’ un’espressione che ripetiamo nella preghiera del Padre Nostro e riguarda l’azione di Dio, non un “reame” principesco “Venga il tuo regno“. Quante volte abbiamo ripetuto questa espressione, recitando il Padre Nostro! Stiamo parlando del “regno di Dio“. Ma esattamente che cos’è? Di cosa si tratta?
Ci spiega tutto questo, il biblista francese Jean Carmignac (1914-1986), nel libro postumo “Ascoltiamo il Padre Nostro” (edizioni Ares).
In realtà, nel Nuovo Testamento le parole regalità, regno e reame compaiono più di centotrenta volte (una cinquantina in Matteo). La grande innovazione è la costituzione di un regno (reame) che non ha nulla di politico (Giovanni 6, 15; 18, 33-37), ma che raggruppa tutte le anime che accettano il regno di Dio su di sé.
“Regalità”, “reame” e “regno”
La nozione di «regalità» è la meno frequente, tuttavia la si trova in Matteo 16, 28, in Luca 22, 29 e nell’Apocalisse 1, 9. Le nozioni di «regno» e di «reame» sono molto facili da distinguere, come quando si dice che il «regno» del Cristo non avrà fine (Luca 1, 33), o quando si parla di entrare nel suo «reame» (Matteo 5, 20), e sovente altrove nei sinottici.
L’azione degli uomini e l’azione di Dio
In generale, evidenzia il biblista francese, si possono collegare alla nozione di «reame» i testi che hanno riguardo piuttosto al punto di vista degli uomini, divenuti eredi o possessori del reame, capaci di entrarvi e di occuparvi un posto più o meno glorioso.
Al contrario vanno collegati alla nozione di «regno» i testi che hanno riguardo piuttosto all’azione di Dio, quando esercita la sua influenza santificante sui cuori sottomessi o il suo giusto castigo sui ribelli (parabola dei due debitori in Matteo 18, 23-35; degli operai dell’undicesima ora in Matteo 20, 1-16, delle nozze e della veste nuziale in Matteo 22, 1-14).
Il regno e il reame non sono in fondo che una sola e medesima realtà, ma considerata sotto due aspetti differenti: è perché Dio regna nei cuori degli uomini che questi formano un reame ed è per il medesimo atto che l’uomo accetta il regno di Dio su di sé oppure entra nel suo reame.
“Bisogna tradurre regno”
Nel Padre Nostro si tratta del regno di Dio o del suo reame? il padre Lagrange risponde nettamente: «Bisogna tradurre regno e non reame, perché un reame non viene» (Vangelo secondo san Luca, p. 322).
In effetti, in teoria, si può dire che il regno di Dio viene su qualcuno, che il suo potere arriva sino a qualcuno; ma non si potrebbe dire che un reame viene verso l’uomo poiché allora, al contrario, è piuttosto quest’uomo che si dirige verso il reame ed entra in esso.
Punti di vista diversi
In pratica, le due concezioni portano alla medesima realtà, ma ne mettono in luce due aspetti complementari, evidenzia Carmignac: il punto di vista di Dio nel caso del regno, il punto di vista degli uomini nel caso del reame.
Inoltre, le richieste vicine «sia glorificato il tuo nome» e «sia fatta la tua Volontà», si collocano nella medesima prospettiva e, anch’esse, si rivolgono a Dio in persona, considerato nel suo nome e nella sua Volontà. Considerandolo qui nella sua regalità o nel suo regno, si rispetta l’armonia profonda di queste tre richieste parallele (“Sia glorificato il tuo nome”, “Venga il tuo regno”, “Sia fatta la tua volontà”).
Perciò non si possono che approvare i traduttori, cattolici e protestanti, che hanno pressoché tutti optato per «regno» e non per «reame».
La grazia che agisce nel cuore degli uomini
Certi commentatori, che preferiscono in generale parlare del «regno» piuttosto che del «reame», vedono essenzialmente in questo regno di Dio l’azione misteriosa della grazia che agisce nel cuore degli uomini per guidarli e governarli secondo la volontà di Dio, incamminandoli verso la partecipazione alla sua gloria del cielo.
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