Benché ritirati dal mondo, i progenitori della vita monastica cristiana hanno trasmesso i loro insegnamenti attraverso numerosi discepoli che andavano a rendere loro visita: ne sono risultate delle memorabili raccolte di aneddoti e di apoftegmi. La loro strategia comunicativa? Impiegare un linguaggio assai evocativo sul piano dell’immaginazione: cosa che rende il loro messaggio accessibile e tuttora attualissimo.
Attraverso i flutti tumultuosi delle tentazioni abbiamo bisogno di utilizzare, sotto il soffio dello Spirito del Signore, il discernimento come un timone per seguire la rotta della virtù con grande precauzione: sappiamo infatti che ci sfracelleremo contro gli scogli se devieremo anche di poco a destra o a sinistra dalla rotta.
Così scrive nelle sue Istituzioni cenobitiche Giovanni Cassiano, fondatore nel V secolo dell’abbazia di Saint-Victor a Marsiglia. E in effetti, perché non considerare la propria vita come una imbarcazione da condurre in porto sicuro col soffio dello Spirito in poppa, col discernimento come barra per schivare le insidie delle rocce a pelo d’acqua? Un linguaggio particolarmente «evocativo per i suoi contemporanei marsigliesi, nonché per i monaci di Lerino ai quali egli si rivolge» – così Marie-Anne Vannier, specialista dei Padri della Chiesa, nell’opera Prier 15 jours avec les Pères du désert.
Una metafora che in fondo si adatta bene sia ai monaci del V secolo sia agli uomini e alle donne del XXI, e che invita a tenere saldo il timone della propria vita. È in qualche modo un invito alla libertà.
La libertà ha tutto il suo posto – sottolinea Marie-Anne Vannier –, ma non in maniera anarchica o autarchica, bensì al contrario in connessione sia con il dominio di sé sia con una sempre rinnovata attenzione al ruolo dello Spirito santo.
Tenere salda la barra della propria imbarcazione sarebbe allora la promessa di una vita virtuosa nonché la rotta verso il Regno di Dio.
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[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]