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Festa dei Gatti al posto dell’Assunta? È una bufala!

CAT FESTIVAL BELGIUM YPRES
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Giovanni Marcotullio - pubblicato il 23/07/20
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Ma quale politica anticristiana! L’allarme sulle presunte eversioni laiciste del sindaco di Parigi – propagato in Italia addirittura da una testata nazionale e da alcuni siti cattolici – è stato originato in Francia da un aggregatore di narrazioni nazionalistiche incline alla “reazione a prescindere”: la ricostruzione che offriamo mostra i viottoli tortuosi che le Fake News possono fare prima di palesarsi nella loro forza brutale… e ricorda la grave responsabilità che incombe sui professionisti dell’informazione. Soprattutto sui cattolici, che dal Magistero (oltre che dalle Carte) hanno già ricevuto direttive importanti.

Mentre la verità è sempre una cosa semplice, descrizione lineare di un evento o di un’idea, le sue contraffazioni possono avere origine in moltissimi modi, anzi in modi innumerevoli, perché altrettanti sono i passaggi in cui la descrizione di un fatto o di un’idea è passibile di essere distorta o deformata, al punto da rendere perfino irriconoscibile l’oggetto della descrizione.

Alcuni di questi sentieri sono quelli per mezzo dei quali si producono le fake news, le quali sono tanto “migliori”, e quindi pericolose, quanto più si agganciano a fatti dotati di una certa reale consistenza: la malizia e/o la sbadataggine con cui poi vengono raccontati fanno il resto, e anche una burla può rossinianamente giungere a detonare «come un colpo di cannone».

L’empia sovversione di Anne Hidalgo e la solerte guardia italiana

Abbiamo ad esempio appreso stamane che da qualche giorno alcune testate italiane, laiche e religiose, sembrano particolarmente inquiete per l’empia decisione del sindaco di Parigi Anne Hidalgo la quale, forte della recente rielezione, avrebbe occultato la solennità dell’Assunzione dai calendarî comunali per sostituirla con un’inaudita “festa dei gatti”.

Uno vorrebbe subito obiettare che le feriæ augustanæ erano una ricorrenza secolare già nella romanità precristiana, e che quindi per rigettare il retaggio cristiano non servirebbe fare tanta fatica, nel caso di specie: basterebbe dire “Ferragosto” invece di “Assunzione”, come del resto moltissimi (anche cristiani) fanno senza pensarci troppo.


Statue de sainte Geneviève
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Per strano che voglia sembrare, www.fdesouche.com adduce le prove: una serie di scottanti snapshot estratti dal sito del Comune di Parigi in cui si vede chiaramente che le attività comunali restano chiuse, il 15 agosto, per la festa dei gatti. Certo chiunque bazzichi un poco la blogosfera francofona prenderebbe con le pinze un aggregatore ripetutamente segnalato per l’avallo a tesi razziste e complottiste, ma anche chi non la bazzichi (e però sappia un po’ di francese) dovrebbe insospettirsi anche solo per il dominio: l’espressione “français de souche” significa “francese di schiatta”, e fin dall’apogeo del nazionalismo imperialista d’Oltralpe si contrapponeva a “français de papier”, cioè “francese sulla carta”, ossia il migrante che ottiene la nazionalità francese (nonché i suoi figli e i figli dei suoi figli). Le foto, però, sono foto, e al netto di montaggi (che a quel livello però sarebbero passibili di querela) mostrano che sul sito del comune di Parigi si parla di una certa “festa dei gatti” collocata il 15 agosto.



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Il collega de Il Giornale ha cercato di capire se la prima cittadina abbia rilasciato spiegazioni in merito, e non avendone trovate ha correttamente annotato:

Per il momento, dall’Hotel de Ville non sono filtrate spiegazioni sul cambio di festività agostana, ma, del resto, la prima cittadina si è finora contraddistinta per iniziative palesemente intese a nascondere, se non a cancellare, le tradizioni cristiane transalpine.

Salvo che le prime due righe dell’articolo avevano già perentoriamente indirizzato il lettore:

La sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, ha disposto che il 15 agosto non si festeggerà la festa dell’Assunzione al cielo della Vergine, bensì la “festa dei gatti”.

Il fatto, insomma, non è in discussione, e a ben vedere non è neppure difficile capire la matrice ideologica che l’ha originato:

L’ideologia laicista della sindaca si è manifestata anche nell’ambito del dibattito sulla ricostruzione della cattedrale di Notre Dame, con la Hidalgo che si è più volte dichiarata contraria alla ricostruzione esatta della guglia del tempio, preferendo soluzioni architettoniche moderniste all’antica e tradizionale foggia dell’edificio religioso.

L’ossessione della prima cittadina nell’occultare e rimuovere i simboli del millenario passato cristiano di Parigi e della Francia si concilia però, incredibilmente, con un forte atteggiamento di favore, da parte della medesima esponente socialista, verso l’islam.

Di più ampio respiro e decisamente più votato all’analisi internazionale il pezzo de Il Timone, che spazia fino al recente vandalismo statunitense e risale fino alla “Saint-Napoléon” (certo non la misura più anticristiana dell’Empereur, che almeno il 15 agosto c’era nato):

E, infatti, si festeggiano i gatti. Il sito del comune di Parigi, dove è appena stata rieletta sindaco la socialista del partito dei verdi Anne Hidalgo, nel calendario delle aperture e chiusure estive, riporta che il 15 agosto i funzionari municipali non saranno al lavoro perché c’è la “fête des chats”, la festa dei gatti. Così scrive il sito web Fdsouche.com. Della festa dell’Assunta non c’è traccia; a dire il vero ci aveva già pensato Napoleone a farla fuori, sostituendola con una festa dal sapore un tantino autoreferenziale dedicata a tale Saint Napoleon.

Adesso però sembra arrivato il turno dei gatti, almeno per il comune di Parigi. Di fronte a questo le pensose analisi sulle recise radici dell’Occidente fanno la figura del topolino in fuga. Una mandria di gatti ci seppellirà o ci ha già seppellito, a meno che il cane che si morde la coda non la smetta di girare su se stesso e ricominci a fare il suo mestiere.

Peccato non aver trovato, negli articoli dei colleghi, la risposta alla domanda che mi stava martellando mentre seguivo gli snodi della vicenda: «Possibile che questa importante “festa dei gatti” possa sostituire insieme la Madonna e Napoleone senza che nessuno si sia mai accorto di quanto siano importanti i gatti per la Francia?». È vero, Richelieu aveva fatto costruire una “gattiera” in un’ala dell’immenso Palais-Cardinal, così che in pochi passi potesse addolcire le sue fatiche di governo con la compagnia dei quattordici storici felini (i cui nomi figurano, con tanto di eredità, nel testamento del Cardinale!): forse anche per questo lo stesso Napoleone ebbe in ammirazione i gatti (anche se pare fosse allergico al loro pelo, di fatto non potè coccolarli troppo)… ma basta ciò a spiegare la “festa dei gatti”?



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Il “Kattenstoet” di Ypres, in Belgio: l’unica “festa dei gatti” nota (e che storia!)

L’unica festa dei gatti di mia conoscenza, in realtà, è belga (e anzi fiamminga), dunque dal punto di vista storico tutt’altro che prossima a Richelieu e alle sue politiche: già dal XVI secolo si festeggia a Ypres, la seconda domenica di maggio, una curiosa “festa dei gatti” di cui negli anni ’70 è cominciata una riedizione a cadenza triennale tuttora in vigore (la prossima cadrà il 9 maggio 2021). Dicevo “curiosa” perché è una “festa dei gatti” in cui piuttosto che festeggiarli… ai gatti “si fa la festa”: le povere bestiole vengono infatti prese e scaraventate in piazza dal Lakenhal cittadino. O meglio, così era un tempo (l’ultima caterva di gatti sfracellati sulla piazza è documentata nel 1817) – naturalmente al giorno d’oggi la cosa è assai più pucciosa: c’è un tizio vestito da giullare che sale sulla torre e ne getta giù gattini peluche a profusione, e sotto tutti a sbracciarsi per prenderne qualcuno da regalare ai figlioli.

Ovviamente si mangia e si beve, ci sono sfilate e giochi medievali… perché in effetti l’origine di questa mattanza rituale sfugge a una documentazione precisa. Sospetti di stregoneria e di strane credenze pagane sopravvissute ai grandi secoli del cristianesimo belga… ma forse anche una storia meno straordinaria e più semplice: dal basso medioevo tutte le Fiandre si erano rese celebri come luogo di lavorazione primaria delle lane inglesi, che venivano importate e lavorate nei rinomati “panni di fiandra”; Ypres era appunto uno tra i maggiori di questi centri di pre-industria tessile, e aveva il problema di dover difendere la (costosa) lana inglese dalle frotte di topi che l’avrebbero assalita nei depositi. Con un’intuizione che secoli dopo Cetto Laqualunque avrebbe inserito nel suo programma politico – «se nell’ospedale ci sono i topi, noi porteremo i gatti! E questa è una promessa!» –, i bravi abitanti di Ypres avrebbero sguinzagliato per i magazzini delle lane legioni di gatti che, dopo aver sgominato l’esercito dei ratti prese a riprodursi con velocità ed esponenti tali da diventare un problema in sé. Che fare? Pericoloso per più versi mettere in giro tanto veleno da farli fuori tutti, difficile anche solo pensare di acciuffarli a mani nude… Si narra dunque (ma non sono riuscito a far meglio luce su questa fonte) che qualcuno avrebbe avuto l’idea di attirarli in cima alla torre che dominava il Lakenhal (una specie di grande mercato coperto comunale, contenente centinaia di negozi e altrettanti magazzini) e di scaraventarli di sotto. Soluzione rude ma efficace, al punto che si decise di reiterare ciclicamente (ma con cadenza non annuale anche perché non sembrasse una festa) questa brutale livella demografica: poi gli ingranaggi ben descritti da Freud in Totem e tabù avrebbero fatto il resto, di modo che il sacrificio cruento comunitario diventasse prima gesto apotropaico e poi celebrazione civile.



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Bene tutto, ma cosa c’entra Parigi, che forse vide le sue ultime lane inglesi quando Enrico V insediò (per una trentina d’anni) il figlio sul trono di Francia? Forse che Anne Hidalgo intende far salire un giullare sul torrino centrale dell’Hôtel de Ville per strabiliare la deserta Parigi ferragostana col lancio di pupazzetti? E poi c’è una cosa strana: sul sito del Comune di Parigi non figurano affatto i nomi delle feste che impongono le ferialità… ma è pur vero che il sito è stato aggiornato proprio oggi [aggiornamento: scopro solo a cose fatte che il 20 luglio Emilia Flocchini aveva già dato un succinto ma compendioso ragguaglio della questione sul suo blog. Se ne apprende, tra l’altro, che in quella data la boutade di qualche impiegato comunale era già stata ritirata]. Dunque sono stati i prodi “francesi di schiatta” (ovviamente l’articolista che ha dato origine al caso/caos non si è firmato che “Le Panache Français” [“il pennacchio francese”, o anche “il mattatore francese” – urca!]) a ricacciare dietro le linee le offensive laiciste di Anne Hidalgo?

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Snapshot del sito del comune su cui si sono basati i tre articolisti.
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Medesima pagina del medesimo sito oggi (anche in Francia lo scherzo è bello quando dura poco)

In Francia anche i gatti parlano francese

Un commento di un utente a un articolo di Madame Le Figaro mi ha casualmente offerto il bandolo della matassa: Yan Bernard-Guilbaud consigliava ai lettori parigini come impiegare il tempo nel fine-settimana del 15 agosto, e l’utente salace – «è metà agosto, quindi andate alla festa dei gatti». Ehi, era il 2017, quindi la cosa non è una novità assoluta… e poi dice “metà agosto”, dunque, senza pensare né a Ferragosto né all’Assunta! “Metà agosto” in francese si dice “mi-août”, che si legge “MIAU” (certo, “miaù” con l’accento sulla u, ma in Francia anche i gatti sono francesi!): eccola qui, la pericolosa iniziativa del sindaco laicista – una burla sul sito fondata su un gioco di parole. Di lì parte una testata reazionaria francese a caccia di clic – ché d’estate tutto fa brodo – e che finge (speriamo!) di non cogliere il gioco di parole; e poi dei colleghi stranieri ugualmente assetati di accessi, per forza di cose meno avvertiti del jeu-de-mots e del resto poco inclini a verificare i fatti fino in fondo. E così è nata una delle ultime fake news del nostro giro.

Il messaggio di Papa Francesco per la 52esima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali era dedicato proprio alla riflessione sulle fake news:

L’efficacia delle fake news è dovuta in primo luogo alla loro natura mimetica, cioè alla capacità di apparire plausibili. In secondo luogo, queste notizie, false ma verosimili, sono capziose, nel senso che sono abili a catturare l’attenzione dei destinatari, facendo leva su stereotipi e pregiudizi diffusi all’interno di un tessuto sociale, sfruttando emozioni facili e immediate da suscitare, quali l’ansia, il disprezzo, la rabbia e la frustrazione. La loro diffusione può contare su un uso manipolatorio dei social network e delle logiche che ne garantiscono il funzionamento: in questo modo i contenuti, pur privi di fondamento, guadagnano una tale visibilità che persino le smentite autorevoli difficilmente riescono ad arginarne i danni.

La difficoltà a svelare e a sradicare le fake news è dovuta anche al fatto che le persone interagiscono spesso all’interno di ambienti digitali omogenei e impermeabili a prospettive e opinioni divergenti. L’esito di questa logica della disinformazione è che, anziché avere un sano confronto con altre fonti di informazione, la qual cosa potrebbe mettere positivamente in discussione i pregiudizi e aprire a un dialogo costruttivo, si rischia di diventare involontari attori nel diffondere opinioni faziose e infondate. Il dramma della disinformazione è lo screditamento dell’altro, la sua rappresentazione come nemico, fino a una demonizzazione che può fomentare conflitti. Le notizie false rivelano così la presenza di atteggiamenti al tempo stesso intolleranti e ipersensibili, con il solo esito che l’arroganza e l’odio rischiano di dilagare. A ciò conduce, in ultima analisi, la falsità.

Se le sue considerazioni valevano allora come oggi per tutti i giornalisti e per la deontologia professionale in sé, a maggior ragione faranno bene ad essere prudenti fino allo scrupolo quanti tra i cristiani si dedicano al (già) onorevole mestiere d’informare. Il Papa lo ricordò citando un denso passaggio di Dostoevskij:

Chi mente a sé stesso e ascolta le proprie menzogne arriva al punto di non poter più distinguere la verità, né dentro di sé, né intorno a sé, e così comincia a non avere più stima né di sé stesso, né degli altri. Poi, siccome non ha più stima di nessuno, cessa anche di amare, e allora, in mancanza di amore, per sentirsi occupato e per distrarsi si abbandona alle passioni e ai piaceri volgari, e per colpa dei suoi vizi diventa come una bestia; e tutto questo deriva dal continuo mentire, agli altri e a sé stesso.

Fëdor Michajlovič Dostoevskij, I Fratelli Karamazov, II, 2

E si ricordi almeno l’antica favola greca di Al lupo, al lupo!, ci si riporti a un cauto Non expedit, una volta tanto: non conviene gridare alla cristianofobia quando assolutamente non è il caso – specialmente in forza del culto che i cristiani dovrebbero rendere alla Verità –; altrimenti arriverà presto o tardi il giorno in cui si dovranno veramente accusare politiche discriminatorie o persecutorie… e la nostra voce non godrà più dei crediti necessari a farlo.