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Quando cediamo ad una tentazione, perchè Dio non interviene prima e ci ferma?

HALITOSIS
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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 05/07/20
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Dio, nonostante conosca il cammino umano, e la storia di ciascuno di noi, non toglie alcuna libertà alle scelte del soggetto. Anche se commettiamo peccato

L’uomo è stato creato da Dio con l’intelletto, che è indirizzato al vero, mentre la volontà è libera di fare il bene o il male. Infatti, spiega Don Marcello Stanzione in Il diavolo, la tentazione e il peccato” (edizioni Segno), si parla di scelta tra bene e male per l’uomo.

Egli, osserva Stanzione, è un essere creaturale, quindi non è padrone di se stesso, ma è un essere “partecipato”: creato ad immagine di Dio, ma del Dio Trinitario, quindi è unico ma anche “in relazione”, cioè in dialogo con Dio e con gli altri.

La prima tentazione

Dio, quando crea l’uomo, conosce già quali sono le conseguenze del suo comportamento, dettato dalla sua libertà.

Egli dice ai Progenitori, Adamo ed Eva, di non mangiare di quel frutto, altrimenti sarebbero morti, proprio perché già sapeva quale sarebbe stato il risultato della loro disobbedienza.

Con la tentazione avviene, infatti, che l’uomo è indotto immediatamente al peccato: il diavolo, primo agente tentatore, sfrutta la nostra concupiscenza, la nostra debolezza, la negligenza e la precarietà dell’ambiente che ci circonda per indurci a commettere direttamente quanto non è conforme alla volontà di Dio.

adamo e eva

pubblico dominio

La citazione di Giovanni Paolo II

Inerente a questo passaggio, è appropriato quanto dice la “Veritatis Splendor” di Giovanni Paolo II:

“‘Voi diventerete come Dio, conoscendo il bene e il male’ (Gn 3,5): questa è la prima tentazione, a cui fanno eco tutte le altre tentazioni, alle quali l’uomo è più facilmente inclinato a cedere per le ferite della caduta originale”.

Dio, nonostante conosca il cammino umano, e la storia di ciascuno di noi, non toglie alcuna libertà alle scelte del soggetto.

Bontà o malizia

Solo se Dio intervenisse, allora potremmo dire di non essere liberi, ma finché non c’è intervento diretto, noi siamo liberi di determinarci come vogliamo. Don Stanzione cita una analogia fatta da padre Athos Turchi, docente di Filosofia alla Facoltà Teologica dell’Italia Centrale di Firenze, secondo cui il libero arbitrio sta nell’agire libero, come la muscolatura sta al sollevare pesi.

La libertà di cui è dotato l’essere umano induce quest’ultimo a compiere atti umani, i quali sono atti morali e decidono della bontà o malizia dell’uomo che li compie. Egli si perfeziona come uomo proprio attraverso gli atti morali. 

Compiere atti buoni, è l’unica via che conduce alla beatitudine eterna, che è la vera vita. Ma la moralità degli atti dipende da alcuni fattori.

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I 3 fattori della moralità

Il primo è l’Oggetto: è il bene verso cui si dirige la volontà; ogni atto morale ha un oggetto, a prescindere dalle intenzioni del soggetto. Per giudicare un atto bisogna vedere se l’oggetto è orientato al fine ultimo e al vero bene dell’uomo, che è Dio. Se l’azione ha un oggetto che non è in sintonia con il vero bene della persona, significa che è moralmente cattiva e ci mette in contrasto con Dio.

Il secondo sono le Circostanze: quei cambiamenti che rendono l’atto concreto. Possono essere il tempo (quando): momento in cui si compie l’azione; il luogo (dove): non è la stessa cosa rubare in un luogo sacro o in un supermercato; la quantità (quanto): non è la stessa cosa donare o rubare una grossa o una piccola cifra; la qualità o effetti (come): il furto della stessa quantità di denaro non è la stessa cosa se viene fatto ad un povero o ad un ricco; il soggetto (chi): non è uguale la gravità di un’azione se compiuta da un sacerdote o da un laico.

Il terzo fattore che determina la moralità degli atti dell’uomo è il Fine: è l’intenzione della persona che agisce, indica la motivazione. Ad esempio, la preghiera e l’elemosina sono azioni buone, ma sono sbagliate se fatte con un’intenzione di vanità.

Gli atti sempre illeciti

Esistono anche atti che, indipendentemente dalle circostanze, sono sempre illeciti, e sono atti intrinsecamente cattivi.

L’uomo ha a disposizione l’“opzione fondamentale”, cioè una scelta, della propria vita pro o contro il bene e la verità; queste scelte, di conseguenza, danno forma a tutta la vita morale dell’uomo.

Libertà come “scusa”

Purtroppo, oggi, si usa sempre più spesso la libertà per essere sciolti da qualsiasi vincolo e da qualsiasi norma.

Alcuni esaltano la libertà come se fosse un valore assoluto, altri la negano, ma sappiamo bene che solo l’uomo decide di sé, delle proprie azioni e del bene e del male che ne consegue.

Le cause di questi errori sono il fatto che l’uomo non riconosce di essere creato da Dio, l’affermarsi dell’ateismo, l’autonomia e l’idea che l’uomo è l’unico artefice della propria esistenza.

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La caduta estrema: il peccato mortale

Vivere secondo lo Spirito, invece, significa vivere la vera libertà di auto donazione a Dio e agli altri. Di certo, il male è da evitare in ragione della spinta naturale dell’uomo che ricerca, per istinto, la vita e non la morte.

Difatti l’uomo tende alla realizzazione della propria felicità, non vorrebbe mai separarsene, ma commettendo peccato, provoca alla sua anima un male irreparabile.

Il peccato mortale è la più terribile delle cadute; l’anima, commettendo il peccato, non è più sposa di Gesù Cristo e, cedendo alle suggestioni del demonio, diventa adultera e si prostituisce al nemico capitale di Dio e degli uomini, adultero egli medesimo fin dal principio.

L’uomo che vive in peccato mortale, abbandona il vero Dio e si sceglie, in virtù della sua libertà, un’altra divinità, che è lui stesso.

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