La Santa cilena incontrerà i celesti Cantori principalmente nella recita dell’Ufficio divino, la Liturgia delle Ore, che ella chiamerà “l’Ufficio di Angeli”
Giovanna Enriqueta Josefina de los Sagrados Corazones Fernandez Solar nacque a Santiago, in Cile, il 13 luglio 1900, da Miguel Fernández Jaraquemada e Lucía Solar Armstrong, coppia devota e facoltosa. Giovanna visse un’infanzia felice e piena, s’interessava di sport e musica ed era portata all’amicizia.
Giovanna partecipava quotidianamente alla Messa nella cappella di famiglia, mostrando un’intensa devozione, soprattutto verso Gesù e la Vergine. Più tardi scriverà che era solita «dirle tutto e lei parlava con me in maniera chiara e distinta».
Il voto di castità
Riceveva la Comunione ogni giorno e, nel 1914, visse un’esperienza spirituale durante la quale il Signore parve chiederle di accettare il suo dolore (all’epoca soffriva d’appendicite) in memoria della passione per unirsi più strettamente a lui. A quindici anni, col permesso del suo confessore, fece voto di castità.
Carmelitana
Leggendo le Vite di santa Teresa d’Avila e di santa Elisabetta della Trinità si convinse che sarebbe dovuta divenire carmelitana «per imparare come amare e come soffrire», cose che fece a diciannove anni entrando nel Carmelo della città di Los Andes.
La casa era molto povera e piuttosto malandata, senza elettricità e servizi igienici, ma Giovanna fu attratta dalla stretta osservanza delle suore, dalla semplicità delle loro vite e dalla loro palese felicità. Prese il nome di Teresa di Gesù come la grande riformatrice Teresa d’Avila, offrendo se stessa, alla maniera carmelitana, per la santificazione dei sacerdoti e il pentimento dei peccatori. Morì nel 1920, a soli 20 anni, a causa di una epidemia di tifo.
La “vita angelica” di Santa Teresa
Santa Teresa de Los Andes si sentirà personalmente associata agli angeli, a questi liturgici celesti, primi ammiratori entusiasti dell’opera divina di creazione e redenzione cosmica, nella vita monastica, denominata, fino dalle sue origini, “vita angelica”. Questo appellativo non vuole certo significare che i monaci e le monache sono Angeli; bensì mettere l’accento sulla precipua finalità della vocazione monastica, che è imitazione, per quanto è possibile in terra, nella limitatezza della natura umana corrotta, dell’ufficio di adorazione e di lode divina degli angeli in Cielo.
L’Ufficio di Angeli
La Santa cilena incontrerà i celesti Cantori principalmente nella recita dell’Ufficio divino, la Liturgia delle Ore, che ella chiamerà “l’Ufficio di Angeli”. «Cantare l’Ufficio significa fare quello che fanno gli angeli in Cielo: (esso) è il grido incessante che la Chiesa innalza a Dio. Noi, le contemplative, siamo incaricate di pregare per il mondo. Quando stiamo in Coro, siamo già Angeli che lodano Dio: facciamo parte del concerto angelico e le nostre antifone sono strofe della pura e divina poesia. Non siamo in quei momenti gli angeli che cantano davanti al tabernacolo per consolare Gesù nella sua triste prigione?». Anche Gesù, il primo adoratore del Padre «canta… egli eleva, insieme alle sue spose, il grido puro e supplichevole per il mondo al suo eterno Padre».
“Mi credo in Cielo”
La lode incessante degli angeli, partecipata dalle creature umane, assunta e offerta all’Altissimo dall’Uomo-Dio, è perfetta e diviene sorgente di grazia divina per l’intero universo. In questo clima liturgico di particolare sacralità, santa Teresa de Los Andes si immerge con tutto il suo entusiasmo giovanile e la sua natura fortemente sensibile ad esclamare: «Quando sto in coro a cantare le lodi della SS.ma Trinità, mi credo in Cielo».
La lettera al fratello Luis
Allora quella gioia, di cui aveva fatto uno speciale proponimento nella sua adolescenza per amore di Dio e del prossimo, si trasforma in una traboccante felicità, che l’invade tutta: «Oh, se potessi per un istante sentirti ricolmo di felicità come mi sento io! – scrive al fratello Luis – Credimi che mi domando ogni momento se sono in Cielo, poiché mi sento avvolta in un’atmosfera divina di pace, di amore di luce, di gioia infinita».
Sulla scia di questa giovane e ardente Santa del continente latino-americano, vogliamo anche noi, ciascuno al posto assegnatogli dalla Divina Provvidenza, partecipare, col cuore e con le labbra, al concerto angelico di lode e di ringraziamento a Dio, nella gioiosa consapevolezza di essere tutti, dall’alba al tramonto della vita, oggetto del suo infinito amore paterno.
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