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Mamma con Covid-19 e una fede rocciosa dà alla luce la sua Benedetta Nirvana!

ANTONELLA E BENEDETTA

Mamma Antonella De Rosa con la piccola Benedetta Nirvana, la primogenita Chiara e il marito Enrico

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Paola Belletti - pubblicato il 16/04/20
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E’ incinta già di otto mesi quando si ammala di coronavirus, ma la bambina che sta aspettando è un dono del Cielo per intercessione della Beata Benedetta Bianchi Porro: nasce sana ed è la gioia di tutta la famiglia. E anche un po’ la nostra!Qualche settimana fa, in una delle videochiamate con mia cognata Emanuela, siamo riuscite a raccontarci un po’ di cose, dalla questione a tratti rocambolesca della gestione didattica a distanza per i nostri figli, alle cucine sempre in attività, agli aggiornamenti invece più dolorosi su amici o conoscenti colpiti dal coronavirus. Tra le vicende che “la Manu” mi ha raccontato, una in particolare mi ha colpita e, dopo il suo epilogo tanto lieto, commossa. “Sai, sono preoccupata per la mia amica, una delle mamme del gruppo di preghiera, che è positiva al Covid e deve partorire ad aprile. L’ho sentita ed è un po’ spaventata”, mi disse all’incirca. Ho pensato che sarebbe stato bello conoscerla, una volta passata la fase critica. Fino a che due giorni fa su TV2000 l’ho vista. In un doppio collegamento con un’altra Emanuela, la sorella della Beata Benedetta Bianchi Porro compariva una neomamma, dotata di mascherina, con la sua neonata tra le braccia. Era lei! Era proprio Antonella De Rosa. Ma cosa c’entra la “mia” Benedetta? (anche con i santi sono un po’ possessiva, cercherò di dissimulare!) L’arcano è presto svelato: ve lo offro in questa conversazione ritagliata tra una poppata e l’altra e strappata al fiato ancora un po’ corto di questa donna che si è trovata ad affrontare una prova dura ma tutta nella luce della grazia. Niente, è sempre così. Se vivi da cristiano la croce non ti lascerà scampo e ancora meno la Resurrezione!

Cara Antonella grazie di averci dato questa occasione. Hai partorito da poco e se già in condizioni normali è un momento faticoso e delicato immagino che per te lo sia ancora di più. Come stai ora tu e come sta la tua bimba? 

Sto abbastanza bene adesso e Benedetta anche. E’ nata il 2 aprile, dal parto sono passate ormai due settimane.

Quando hai scoperto di essere affetta da Covid19 e come hai reagito?

Ho scoperto di esserlo il 26 marzo. Avevo diversi sintomi, faticavo a respirare; ho chiamato il medico e mi ha fatto venire a prendere dall’ambulanza; al pronto soccorso di Desenzano mi hanno fatto il tampone e in un certo senso, anche se sospettavo di essere affetta da Covid19, non me l’aspettavo. Avere la notizia è stata una doccia fredda. Dall’esito del tampone non più ho avuto contatti con nessuno, non sono mai uscita, bisogna stare in isolamento rigoroso. Mi sentivo tanto preoccupata per la bimba che doveva nascere di lì a poco, il termine previsto era l’8 aprile e la quarantena scadeva proprio intorno alla stessa data. Io avrei voluto partorire a Peschiera, dove mi seguiva la mia ginecologa, ma non sapevo come sarebbe andata, ero in confusione. A Desenzano mi dissero che se il travaglio fosse cominciato prima del secondo tampone negativo sarei dovuta andare a Brescia, agli Spedali Civili. I sintomi sono andati via via diminuendo, soprattutto quelli respiratori: stavo progressivamente meglio ma ero senza forze. Io, mio marito e nostra figlia Chiara abbiamo da subito iniziato a vivere isolati l’uno dall’altro in casa, indossando sempre la mascherina e i guanti. Adesso è davvero complicato; per seguire la piccola qualche scambio con mio marito ci deve essere perché ho  bisogno di aiuto. Non incontrarsi per niente è impraticabile. Nel farlo cerchiamo di essere il più rigorosi possibile: mangio da sola, resto in una sola stanza con la piccola, uso mascherina e guanti che cambio ogni volta…

E’ stata, come si dice, una gravidanza difficile, con tante preoccupazioni almeno nella sua fase finale?

Sia gravidanza che parto sì, sono stati difficili. L’inizio delle contrazioni è stato alle 23 circa del 1 aprile notte. Il travaglio era appena cominciato ma ho visto che accelerava rapidamente, non me lo aspettavo. Allora abbiamo telefonato al Civile (Spedali Civili di Brescia, Ndr) dove ci hanno detto di chiamare l’ambulanza perché mio marito non avrebbe potuto accompagnarmi in auto. Arriva l’ambulanza, della Croce Rossa locale e gli operatori inizialmente vogliono portarmi all’ospedale di Desenzano, ma io sapevo che non si poteva! Ci sono stati momenti di concitazione e confusione. Immagina la scena: ambulanza ferma con i lampeggianti accesi e io lì ad urlare come una pazza (il travaglio procedeva spedito!): non si capiva se avremmo dovuto aspettare un’altra ambulanza o qualcuno, un operatore – sarà poi Francesco! – che mi accompagnasse fino a Brescia con la stessa. Poco prima, ero appena salita, il veicolo è partito e ho avuto come l’impressione, forse la speranza dettata dal dolore delle contrazioni, di aver fatto un bel pezzo di strada; dicevo a me stessa “dai, dai che siamo a buon punto”; e invece aprono il portello e siamo solo a 300 mt da casa mia! Poi finalmente arriva Francesco che sarà una presenza fondamentale; a tutti io vedevo solo gli occhi, erano bardati da capo a piedi, completamente coperti. Ma lui, non so se un infermiere o un ostetrico, è stato tanto carino, mi è stato davvero vicino, mi ha tenuto sempre la mano. Il parto procedeva veloce, tanto che ho rotto le acque in ambulanza ed ero angosciata, preoccupatissima per tutti loro, per gli operatori e la mia bambina. Continuavano a cambiarsi i guanti, per forza, è così. Dopo ogni contatto vanno tolti. Non riuscivo a smettere di pensare a quanto fossi contagiosa, a quanto fossi un pericolo per gli altri.

Non proprio la condizione ideale per partorire serenamente!

Quando ad un certo punto sento Francesco al telefono con il Civile che dice “dovremmo riuscire ad arrivare in tempo!” , ecco quel “dovremmo” è stato un bel colpo: ho proprio pensato che invece non ce l’avremmo fatta! Sentivo che stava per nascere. Invece per miracolo siamo arrivati in tempo.  Di corsa in sala parto, due ostetriche mi mettono sul lettino e in due sole spinte è nata! L’ho vista da lontano e l’hanno subito portata via.

La piccola ha sofferto? E quanto pesava alla nascita?

Nessuna sofferenza ed era un bel 4,150 kg. Lei stava bene ed è anche risultata negativa al tampone per il coronavirus! Sono io che poi ho cominciato ad avere complicazioni, ho perso tanto sangue, sono stata a rischio trasfusione. Non si capiva come mai, alla fine con controlli ecografici hanno riscontrato la presenza di coaguli al collo dell’utero. Ed è un effetto causato dal COVID che modifica la coagulazione del sangue esponendo a rischio di trombosi ed embolie. Ora sono sotto terapia proprio per evitare complicazioni.

E tuo marito, in tutto questo tempo?

Mio marito era a casa dalla mezzanotte della sera prima senza notizie! Alle otto del mattino ha chiamato in reparto, me lo ha riferito l’ostetrica. “Mi fate sapere qualcosa?” ha chiesto. E quando gli hanno detto che la bimba stava bene e la moglie anche, che insomma ero sotto controllo, ha finalmente provato sollievo e una grande gioia.

La tua devozione alla nostra Benedetta Bianchi Porro com’è nata? Anche per me è una cara amica, l’ho sempre sentita vicina e capace di capire le piccole cose e le grandi prove della vita per la sua storia, tanto normale all’inizio ed eccezionale nel suo esito. Viene facile rivolgersi a lei con confidenza…

Ah, Benedetta, sì! Le sono tanto legata. Ne ho sempre sentito parlare perché vivo a Sirmione da un po’ di anni. Ma quest’estate mentre stavamo organizzando alcuni incontri coi ragazzi delle medie per il Grest (gruppo estivo per bambini e ragazzi in parrocchia, Ndr), che aveva come tema la santità, con i vari responsabili abbiamo deciso di portarli a visitare la sua stanza, a Sirmione, nella casa dove è vissuta ed è morta. Non sapevo dell’esistenza della cameretta e mi ha tanto colpito. Nell’entrare io ho sentito proprio che era un luogo di preghiera. E sapendo poi cosa ha vissuto in quella camera….Dopo quell’esperienza bella ma non proprio raccolta (eravamo in gita con tanti ragazzini) ci sono tornata da sola e siccome stavo vivendo un momento un po’ burrascoso le ho chiesto aiuto: desideravo un’unità matrimoniale più forte, perché sentivo che non era più così intensa. Le ho domandato: più unità tra noi coniugi. Poi di lì a qualche settimana, qualche giorno prima del mio compleanno, ho scoperto di essere incinta. Non me l’aspettavo per niente perché erano passati sette anni ormai dalla primogenita e noi non abbiamo mai messo limiti alla provvidenza, siamo sempre stati pronti ad accogliere tutti i figli che avesse voluto mandarci. Per cui a quasi 40 anni un po’ “me l’ero messa via”. Vedendo che avevo qualche giorno di ritardo ho fatto un test , ho scoperto di essere incinta e l’ho visto come un segno. Cosa ci poteva unire più di un figlio?


BENEDETTA BIANCHI PORRO
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Che cosa meravigliosa…sai che la sorella Emanuela racconta sempre che sul sarcofago di Benedetta ci sono tanti biglietti di richiesta per il dono di un figlio e tantissimi di ringraziamento? Grazie a lei, alla sua intercessione ci sono in giro tante bambine che si chiamano Benedetta

Anche io sono tornata a ringraziarla, le ho detto: “Ho questo pensiero, che qua c’è la tua mano”. E così le ho promesso che se fosse stata una bimba l’avrei chiamata Benedetta, per ringraziarla, perché ha cambiato il rapporto con mio marito. Sì questa notizia aveva già cambiato il clima in famiglia. Era proprio quello che avevo chiesto. E quando ho saputo che era una femmina ancora di più ho pensato che fosse stata un suo dono. Si chiama anche Nirvana, ma questa è un’altra storia…

Raccontala brevemente se puoi

Nirvana è il nome della responsabile della comunità di laici di cui faccio parte. Si chiama Comunità San Giovanni Battista onlus: fanno ritiri di approfondimento della fede, si dedicano all’aiuto del prossimo più bisognoso; è una comunità di fedeli laici riconosciuta dall’autorità ecclesiastica ed è sotto l’autorità del Vescovo di Padova, anche se la sede si trova in provincia di Vicenza. Sono arrivata in quella comunità a 20 anni. E allora ero lontanissima dalla fede, direi proprio agli antipodi; non volevo saperne di matrimonio, di figli, di niente. E l’incontro con Angela Nirvana Mauri mi ha cambiato la vita, mi ha fatto riscoprire il gusto della fede vissuta e la presenza della madre Chiesa. Le sarò grata per sempre perché sono quel che sono grazie a lei: madre, moglie e anche figlia. Per questo la nostra bambina si chiama Benedetta Nirvana.

Grazie di questa digressione! La tua storia, come quella di tutti, a saper riconoscere la mano che la guida, è piena di incontri, di volti, di amici che intervengono ad aiutarti!

Sì, è vero. Per me anche i santi sono amici: credo molto nella preghiera di intercessione. Credo che il Signore si faccia aiutare dai santi, dai beati, loro sono la sua mano più libera, più vicina. Davanti alla sofferenza di Benedetta e alla sua reazione nelle prove, tu che sei dall’altra parte e soffri, chiedi aiuto a lei perché sa cosa significa soffrire. “Poi fai tu Signore, se devo attraversare questa cosa dammi tu l’aiuto, dammi la forza”. Così mi sono rivolta a Benedetta e al Signore quando mi sono scoperta ammalata.

Il tuo stato d’animo dominante per la tua bambina, per la sua nascita in questa condizione particolare qual è? Paura, gratitudine, preoccupazione, coraggio?

Rispetto a lei vado ad alti e bassi, sono anche gli ormoni credo! Provo paura perché finché non ho i due tamponi negativi mi sento contagiata e contagiosa e devo stare molto attenta; per allattarla (sì, posso allattarla io al seno!) e per cambiarla devo prenderla, mettere la mascherina, i guanti; ho paura di contagiarla soprattutto durante la notte, temo qualche mia disattenzione; però poi me la guardo e passa tutto: vuoi che il Signore me l’abbia data per non farmela godere anche in salute?

Il gruppo di preghiera delle mamme di cui fai parte e a cui ho accennato all’inizio: so che è nato proprio leggendo e condividendo tra alcune di voi un articolo pubblicato da Aleteia. Siete in otto e vi vedete una volta a settimana da circa due anni. Cosa significa per te?

Sì, sono ormai due anni di preghiera delle mamme. Ci ritroviamo e ti dirò che in tante occasioni è stato un grande aiuto, poter condividere con altre mamme quel che si vive per i figli è davvero consolante, lo condividi e lo dividi con altri e così il peso si alleggerisce. E’ forse la cosa che più mi manca in questo momento, lo stiamo facendo via Whatsapp con chiamate multiple ma non è la stessa cosa. È stato ed è davvero un bel sostegno anche in questa situazione così particolare.

Grazie di cuore, cara Antonella. Ci uniamo anche noi nella preghiera per custodire te e la tua famiglia e per ringraziare la cara Benedetta Bianchi Porro che sempre più devoti scoprono e invocano come vera amica.



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