Iniziativa di un giovane imprenditore di Cosenza: “Più che dal punto di vista batteriologico sono importanti sotto l’aspetto mentale”
«Ritengo giusto aiutare chi non riesce a trovare una mascherina, o magari non può sostenere i costi attuali. Il momento è difficile per tutti, non solo per quanti hanno disponibilità economiche. Anzi!».
La voglia di essere utile in questi giorni difficili a causa della diffusione del Coronavirus, racconta Avvenire (11 marzo), è stata la molla più importante per Riccardo Magarò, 23enne imprenditore cosentino che si è messo a lavoro nella sua sartoria per realizzare mascherine da distribuire gratuitamente a chi ne ha bisogno.
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Da Cosenza a Paola
Le prime le ha realizzate con il cotone che aveva in bottega, a doppio tessuto e lavabili, le altre in Tnt (Tessuto non tessuto) sino a quando è stato possibile reperire il materiale nei negozi che ancora erano aperti o avevano disponibilità di merce.
Quindi ha contattato la Caritas diocesana di Cosenza-Bisignano, cedendole a loro affinché le distribuissero ai soggetti più bisognosi e a rischio. Tanto in città quanto nel resto dell’area urbana cosentina e pure in provincia. Una consegna ha interessato, a esempio, la comunità di Paola, la città di San Francesco, lungo la costa tirrenica.
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“Rasserenare i cittadini”
«Più che dal punto di vista batteriologico sono importanti sotto l’aspetto mentale, aiutando per quanto possibile a rasserenare i cittadini», racconta il giovane imprenditore, titolare del Palazzo dei Sarti di Cosenza, aiutato nell’opera di solidarietà unicamente dalla sorella Miriana poiché al momento sono sospese anche le attività degli allievi impegnati nella sartoria che si trova nel cuore del centro storico cosentino (Avvenire, 11 marzo).
Le mascherine che funzionano e quelle che non funzionano
Per dovere di informazione, precisiamo ai nostri lettori quali sono le mascherine che possono bloccare la trasmissione del virus, e quelle che invece non hanno lo stesso effetto.
NO: anti smog e chirugiche
Le mascherine antismog o quelle per saldatori, come le FFP1, offrono soltanto una blanda protezione contro la diffusione del contagio da parte di persone malate.
Le mascherine chirurgiche, invece, sono dispositivi medici (solitamente marcati CE, certificazione che attesta la rispondenza alla Direttiva 93/42/CE, o comunque di pari livello) progettati per proteggere i pazienti in situazioni specifiche, come un’operazione chirurgiche, ma non proteggono il medico o l’infermiere che le utilizza, poiché non hanno un bordo di tenuta sul viso e non comprendono un sistema filtrante. Non sono totalmente inutili, ma non sono sufficienti a garantire una sicurezza adeguata a chi vuole o deve difendersi dal Coronavirus.
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SI: Dpi FFP2 o FFP3
Quando l’obiettivo è proteggere se stessi dai virus, infatti, bisogna indossare le mascherine – purtroppo più costose – Dpi FFP2 o FFP3.
Le mascherine utili a evitare il contagio da Coronavirus sono quelle classificate come DPI FFP2 e FFP3, conformi alla norma europea armonizzata UNI EN 149:2009 (oltre che marcate CE). Le sigle citate indicano il livello di protezione filtrante: le FFP2 filltrano particelle solide e liquide, garantendo una protezione del 92%.
Mentre le FFP3 sono maschere (dotate di una valvola di espirazione in sola uscita che si apre per fare uscire il fiato: durante tale fase la membrana di gomma si sposta mettendo in comunicazione l’interno del facciale con l’ambiente esterno e pertanto non devono essere indossate da soggetti positivi per non diffondere il virus) che garantiscono una protezione del 98%, anche contro agenti molto fini come l’amianto (www.bsnews.it, 11 marzo).
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