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Aperti gli archivi segreti su Pio XII. Ha davvero coperto i crimini dei nazisti?

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 04/03/20
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Studiosi divisi. Lo storico Napolitano: ha aiutato i rifugiati. Il rabbino di Roma: non ha fermato il “treno della morte”

Un Papa complice dei nazisti? Un Papa omertoso davanti all’orrore dei campi di concentramento? O un Papa che ha salvato la vita di migliaia di ebrei? Davanti alla figura di Pio XII c’è sempre stato un bivio che da oltre 60 anni vede due opposti schieramenti.

Ebrei “contro” cattolici

Da un lato gli ebrei che condannano il silenzio di Pacelli durante la tragedia immane della persecuzione razziale messa in atto dal nazismo e dal fascismo. Nemmeno una parola pubblica di denuncia di quell’orrore coi tanti treni che partivano dalla stazione di Milano verso i campi di concentramento.

Dall’altro la Chiesa cattolica che ha sempre testimoniato il grande impegno di Pio XII per salvare le vite di migliaia di ebrei, nascondendoli in tanti conventi romani e nella stessa residenza estiva dei Pontefici, Castel Gandolfo. Proprio per fare chiarezza su questa controversa pagina di storia, anche nel tentativo di spiegare perché Pacelli non denunciò i crimini nazisti, Francesco ha deciso di aprire gli archivi sul pontificato di Pio XII (Il Fatto quotidiano, 3 marzo).

Pope Francis thinking about declaring Pius XII a saint

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Lo storico Napoltano: Vaticano attento agli ebrei

Secondo Matteo Luigi Napolitano, docente dell’Università degli Studi del Molise e consulente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, ascoltato da Vatican News (3 marzo)  «l’attenzione agli ebrei è una costante nell’azione vaticana in quegli anni. Le stesse ‘serie’ archivistiche in cui sono organizzati i fondi ci parlano già con le loro titolazioni. Per esempio, c’è una serie intitolata “Aiuto e assistenza ai profughi per motivi di razza e di religione” che ha una datazione che va dal 1938 al 1946».

L’elenco dei rifugiati

Napolitano si dice «perplesso» per le accuse sul comportamento di Pio XII. «Mi lascia perplesso questa nuova corrente storiografica che stabilisce i fatti ancor prima che gli archivi siano aperti. Ma, a parte questo, come dovremmo allora giudicare i documenti già noti che contengono i rapporti inviati a Pio XII su quanto si stava facendo per salvare gli ebrei? Abbiamo un documento del Canonico di San Pietro, già pubblicato da tempo, in cui si fa l’elenco delle persone rifugiate negli edifici delle istituzioni ecclesiastiche, compresa la residenza estiva del Papa a Castelgandolfo».

All’insaputa del Papa? Non è possibile

A Castelgandolfo, prosegue lo storico, «c’erano ebrei rifugiati o ricercati di qualsiasi tipo. Possiamo pensare davvero che in una Chiesa gerarchica come quella di Pio XII tutto ciò fosse fatto all’insaputa del Papa? Mi sembra logicamente insostenibile. C’è da sottolineare inoltre che la questione della sorte degli ebrei europei era tenuta sotto controllo dalla Santa Sede anche con fascicoli personali. La Santa Sede chiedeva aiuto alle agenzie di soccorso internazionali a proposito di persone specifiche della comunità ebraica o di intere famiglie ebraiche».

E tutto ciò «è provato dai documenti archivistici della Santa Sede anche relativi al pontificato di Pio XII. Sarà un lavoro lungo studiare questi fondi ma sono sicuro che tutto ciò verrà fuori in modo sempre più nitido».



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Silenzio “operativo”?

Sul silenzio di Papa Pacelli sulla Shoah, Napolitano replica che «il silenzio o la parola non dicono nulla di per sé. Vanno declinati in un periodo storico come quello bellico. Dobbiamo come storici sforzarci di diventare contemporanei ai personaggi che studiamo. In questo caso dobbiamo chiederci se quello che è stato definito il silenzio di Pio XII sulla persecuzione degli ebrei fu un silenzio ‘non operativo’ o no».

Lo storico fa l’esempio delle abbazie benedettine che «durante la guerra preparavano documenti falsi per la rete della resistenza in Italia o altrove. Abbazie che per definizione lavorano nel silenzio, ma in un silenzio ‘operativo’. Il silenzio non è solamente assenza di giudizio e indifferenza: può essere anche altro. Anche gli archivi parlano nel silenzio e dicono tanto agli storici. Per cui, di per sé, la dicotomia parola-silenzio non spiega proprio nulla».   

Lo storico Wolf: più prudenza sulla causa

Il professor Hubert Wolf, storico della Chiesa presso l´Università di Münster, nei confronti di Pio XII dovrebbe valere il «principio di precauzione», soprattutto in riferimento alla causa di canonizzazione del pontefice.

«Dal 1965 – ha spiegato – è in corso il processo di canonizzazione di Pio XII. che dovrebbe essere interrotto fino a che le fonti presto accessibili non vengano analizzate a fondo. La comunità scientifica internazionale – ha detto ancora Wolf – impiegherà sicuramente più di dieci anni per valutare e visionare il nuovo materiale, catalogato in modo davvero grossolano. I fondi non solo sono incredibilmente vasti, ma ogni ricercatore potrà visionare solo un numero limitato di atti al giorno».

L’opera di Hochhuth

In Germania l´immaginario collettivo su Papa Pacelli è stato a lungo alimentato dall´opera teatrale di Rolf HochhuthDer Stellvertreter” (“Il Vicario”), comparsa cinque anni dopo la morte del pontefice, nel 1963. La pièce rappresenta un lungo atto di accusa nei confronti di Pio XII. Gli vengono imputati opportunismo politico ed indifferenza verso il destino degli ebrei, pur non tacendo il merito di «aver nascosto centinaia di ebrei a Roma» e di aver emesso centinaia di documenti falsi per aiutarli a fuggire.



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Il vescovo di Erfurt: valutare atti di nunziature e congregazioni

Finalmente, ora, ci sarà la possibilità di «scrivere correttamente la storia», ha commentato il vescovo di Erfurt, Ulrich Neymeyr, presidente della sottocommissione per i rapporti con l´ebraismo della Conferenza episcopale tedesca.

«Pio XII – ha detto il vescovo di Erfurt – è stato Papa quasi venti anni. In questo periodo si è accumulato tantissimo materiale in archivio, non solo nel Palazzo Apostolico. Anche le corrispondenze con le nunziature e gli atti delle congregazioni possono contenere materiale importante sul tema dei rapporti della Santa Sede con il regime nazionalsocialista, specialmente in riferimento alla persecuzione e all’inimmaginabile eccidio degli ebrei, ma anche sulla questione del se e come rappresentanti del regime nel 1945 siano stati aiutati a fuggire e su come la Santa Sede abbia impostato i rapporti con Israele» (Aci Stampa, 2 marzo).

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Il rabbino di Roma e il treno che “non fu fermato”

Chi, invece, è andato giù duro con le accuse contro Papa Pacelli, è il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, secondo cui da parte del Vaticano «non ci fu volontà di fermare il treno del 16 ottobre» del 1943, che deportò dalla stazione Tiburtina 1022 (per alcuni storici sono 1024) ebrei prelevati dai tedeschi nel primo rastrellamento romano.

Il treno del primo rastrellamento partì da Roma il 18 ottobre, due giorni dopo che gli ebrei vennero con la forza strappati dalle loro abitazioni nel ghetto. Secondo alcuni storici il ritardo di 48 ore fu dovuto dal timore nazista di reazioni vaticane, reazioni che tuttavia non arrivarono mai. Secondo diverse ricostruzioni fatte poi dagli storici cattolici, Pio XII rinunciò a parlare e a scrivere affinché la strategia di soccorso attuata in Europa non fosse colpita e smantellata dalla rappresaglia hitleriana.

Capire dove risieda la verità è in ogni caso un lavoro ancora da fare, soprattutto oggi che una mole impressionante di documenti inediti può essere consultata.



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