Suggerimenti utili per genitori alle prese con la gelosia tra i fratelli. Una delle situazioni che può appesantire maggiormente il menage di una coppia che ha avuto un nuovo figlio, è rappresentata dalle dinamiche di gelosia che il fratello o i fratelli maggiori mettono in atto all’arrivo della matricola. Tanto che molti genitori cercano un disperato aiuto in pediatri, psicologi o addirittura neuro-psichiatri infantili. Lo spiega bene la professoressa Silvia Bonino in un articolo accurato e interessante apparso su Psicologia Contemporanea. Per cui qualche informazione essenziale insieme a pochi buoni consigli può rivelarsi estremamente utile per confrontarsi con una situazione vecchia come il mondo, ma che oggi si caratterizza per il forte coinvolgimento emotivo tra i genitori e i pochi figli delle attuali famiglie nucleari.
Non si nasce gelosi!
La gelosia è un’emozione complessa che, a differenza delle cosiddette emozioni “primarie” – come la paura o la rabbia presenti fin dalla nascita – viene sperimentata dal bambino già grandicello. Infatti, per provare questa emozione, spiega l’autrice, il piccolo deve raggiungere una sufficiente consapevolezza di se stesso tale da metterlo nelle condizioni di temere che il nuovo nato entrato in casa possa espropriarlo delle attenzioni dei genitori, soprattutto la mamma. Questa consapevolezza è un correlato dello sviluppo cognitivo a cui il bambino è andato incontro, che ha visto l’evoluzione della sua intelligenza dallo stadio “percettivo-motorio” a quello “rappresentativo”. Questo passaggio, ben descritto e studiato dallo psicologo svizzero Jean Piaget, avviene tra i 18 e i 24 mesi, e comporta l’acquisizione della capacità di pensiero, che permette di formare una immagine mentale della realtà in assenza del dato percettivo. In parole povere questo significa che il bambino diventa in grado di sapersi rappresentare un “oggetto” (termine che indica qualunque elemento della realtà: persone e cose) anche quando questo non è più visivamente presente. Nella conquista di questa consapevolezza di sé gioca un ruolo fondamentale il linguaggio che consente di pensare se stessi e contemporaneamente di riflettere sulle proprie esperienze e su quanto gli altri fanno. Solo a questo punto i bambini iniziano a provare, all’interno di un’esperienza del mondo che viene a caratterizzarsi prevalentemente per una rete di relazioni, emozioni sociali complesse come la gelosia, la vergogna e l’orgoglio.
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La prima palestra della gelosia? la famiglia!
Il contesto familiare, continua Silvia Bonino, rappresenta inevitabilmente la prima palestra in cui si è costretti a confrontarsi con la gelosia, per il fatto che i fratelli si trovano a spartire le stesse fonti di accudimento, materiale ed affettivo: i genitori e al primo posto la madre. Essi rappresentano la base sicura su cui il piccolo costruisce il benessere fisico ed emotivo, e un punto di riferimento stabile per l’esplorazione del mondo fisico e sociale che lo circonda. La gelosia quindi si attiva in risposta alla percezione, da parte del bambino, del pericolo di poter perdere la fonte di amore da cui dipende totalmente e a cui è profondamente attaccato. Questo timore, pertanto, può essere vissuto in modo estremamente intenso, come una “questione di vita o di morte”. La gelosia può giungere a far desiderare al piccolo di assomigliare al nuovo nato che catalizza così tanto affetto materno, una volta esclusivamente destinato a lui. Questo meccanismo “invidioso”, che porta a volere per sé ciò che l’altro possiede, spiega come in certi casi il fratello più grande cominci a comportarsi da neonato, viste le grandi attenzioni che vengono riservate al piccolo. Ricominciare a bagnare il letto, chiedere insistentemente di stare in braccio alla madre o di riavere il ciuccio, comportamenti chiaramente regressivi frequentemente osservati in questi casi, possono assumere pertanto il senso della messa in atto di modalità con cui il bambino cerca di somigliare al fratellino ma potente rivale, per recuperare quelle attenzioni che sente di aver perso.
Sfatiamo i pregiudizi!
Ma non è detto, afferma la professoressa, che in tutti i casi questa emozioni si attivi, si prolunghi nel tempo o si manifesti acutamente. Considerarla inevitabile rischia di ingigantirla e trasformarla di fatto in “una profezia che si autoadempie”, attraverso il perverso meccanismo per cui una cosa tanto attesa e temuta viene paradossalmente favorita. Quando ad esempio si leggessero erroneamente alcuni o molti dei comportamenti del bambino come motivati dalla gelosia, rispondendo simmetricamente ad essi, si rischierebbe involontariamente di alimentarla, confermandosi poi di avere visto giusto. D’altro canto, continua Bonino, spesso contestualmente non si permette al bambino di verbalizzare lo stato di disagio in cui si trova, nella convinzione che tra i propri figli debba esserci solo affetto, per cui la gelosia deve essere bandita nei rapporti tra fratelli. Questa idealizzazione, che porta a credere di dover vivere come “la famiglia del mulino bianco”, in cui tutte le emozioni circolanti in casa devono essere solo positive, può arrivare a rasentare l’assurdo nei casi in cui i genitori rinunciassero ad un secondo figlio, pur desiderato, nel timore della gelosia del primogenito nei suoi confronti. La gelosia può invece, con il supporto della sensibilità degli adulti, mostrare anche l’altra faccia della medaglia e rappresentare per il bambino un volano per il suo sviluppo emotivo, aiutandolo a definire la propria identità e le personali competenze. Altro pregiudizio diffuso è quello che vuole che ciò che si manifesta precocemente nello sviluppo infantile è per sempre: quindi se la gelosia tra fratelli tale è stata da piccoli, tale resterà da adolescenti e da adulti. Prospettiva che non tiene in nessun conto come i vissuti infantili, e non solo quelli relativi alla gelosia, possano evolvere e decantarsi grazie alle esperienze successive, domestiche ed extra-familiari.
10 consigli da tenere a mente
Nella galleria fotografica 10 utili suggerimenti per affrontare la gelosia tra fratelli senza esorcizzarla.