Una parola in più per il nostro dizionario vivo «Gemme», grazie a una missionaria in Kenya: “Dal grembo di mia madre ai volti dei miei amici, terra é la realtà di tutti i giorni che parla instancabilmente di un altro luogo, l’Eternità”.
È sorprendente chiedere alle persone: “Quale parola ti ha insegnato la vita?“. Ad esempio, in questo nuovo appuntamento con la rubrica Gemme, incontriamo una suora missionaria in Kenya: potevamo aspettarci parole intime e spirituali, ma lei ci ha stupito e ha voluto regalare al nostro dizionario vivo il termine «terra». Dalla ridente Romagna Suor Elena Rondelli oggi si è trasferita in Kenya seguendo la vocazione di Chi l’ha innestata in un disegno preciso fin da quando era nel grembo materno. Anche nella più umile e concreta delle parole, in effetti, c’è un senso che porta luce nelle nostre stanze più intime: siamo stati piantati in un «qui e ora» che non smette di riaccendere l’attesa della nostra vera Casa.
Di suor Elena Rondelli
Ogni persona cambia e nello stesso tempo rimane ciò che è. Anche per me è stato cosi. Oggi sono una donna consacrata a Dio, missionaria, che si é resa disponibile a lasciare la propria terra di origine per vivere in una cultura diversa da quella in cui sono stata educata, in un nuovo mondo che mi appassiona e mi fa crescere giorno dopo giorno, l’Africa. Sono una donna soddisfatta, perché, passo dopo passo, ho risposto a una vocazione che si è manifestata negli anni dell’università, ma che, come per ciascuno di noi, ha radici molto più profonde. Sono una persona piena di difetti, ma che ha imparato ad amarli, ad amarsi in essi.
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La prima terra dove ho incontrato l’amore e la comunione è stato il grembo di mia madre, quando Dio, formandomi, mi ha dato proprio quella vocazione che si è presentificata vent’anni dopo. Questa chiamata, che continua a risuonare ogni giorno, è stata custodita dalla mia famiglia, che è stata ed è una famiglia molto terrena e nello stesso tempo ricca di segni dell’Eternità, piena di risate, ma che ha saputo piangere quando i sacrifici della vita chiedono di essere umili, di stare in ginocchio. È stata un luogo che mi ha trasmesso il nucleo essenziale della mia esistenza, ovvero il mio rapporto con Gesù Cristo, una persona presente in mezzo a noi. Lì è cominciato il viaggio che mi ha portata ad essere quella che sono oggi.
La parola che voglio donare a chiunque leggerà queste mie righe, è “terra”, parola concreta ma anche misteriosa. La mia esistenza è fin da sempre un terreno in cui le cose misteriosamente, ma tangibilmente, crescono, dove tanto è stato seminato, senza che io comprenda l’origine di questa azione e senza vederne la fine. Terra sono anche i luoghi umani della Romagna in cui sono cresciuta nel corpo e nello spirito, tutti eco di quella famiglia originaria che mi è stata regalata. Penso alle amicizie più belle, che mi hanno insegnato che nella vita servono confini ben precisi, quelli tra il bene e il male, ma che invece non conoscono confini geografici. Amicizie profonde e infinite, fatte di volti fisicamente vicinissimi e lontanissimi; giovani amici, alcuni, già oltre i settant’anni, altri. C’è chi ha messo su famiglia negli Stati Uniti, chi sta per aprire un nuovo monastero in Portogallo, chi vive a Taiwan e fa il missionario proprio come me, e c’è chi resta in Italia a lavorare dietro una scrivania o a scuola, c’è persino chi di lavoro fa il vescovo. C’è poi un amico che mi chiama dopo tre anni e subito ci si ritrova a conversare come se il tempo non fosse mai passato; le ultime parole che ci eravamo scambiati erano quelle di un Rosario, chiuso da un “arrivederci”. C’è chi è nato malato e non guarirà mai sul pianeta terra, ma è felice lo stesso. C’è chi ha conosciuto la guerra in Iraq e in Siria, eppure quando li incontro penso sempre che siano più gioiosi di chiunque altro. C’è chi è più avanti nella via crucis che tutti siamo chiamati a vivere e sostiene la croce con una animo più muscoloso che mai, e chi, sulla stessa via, rimane più indietro e li guarda, come me e insieme a me.
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C’è un amico indimenticabile che ci ha preceduto in cielo, don Luigi Giussani, la cui avventura ha preso anche il mio cuore e dentro la quale tutte queste amicizie, alcune appartenenti al suo carisma, altre no, sono nate e cresciute. Grazie al popolo da lui generato ho una vocazione che ha un volto molto preciso, le Missionarie di san Carlo, che ha amplificato tutte queste esperienze, facendomele rivivere sempre di più. Qui ho in particolare imparato che il male è innanzitutto in noi e non al di fuori, e che l’Ego é un non-luogo, una non-terra.
Tutto questo è dunque la mia patria, che continua ad essere “terra di origine”, anche se i confini dell’Italia sono stata oltrepassati da tempo. Terra é la realtà di tutti i giorni, che in ogni suo quotidiano riaccadere parla instancabilmente di un altro luogo, l’Eternità, che tutti prima o poi raggiungeremo. Oggi, sempre di più, il mondo impone delle scelte, dei “sì” che a volte sono una chiamata a esprimersi anche attraverso dei “no”. A Nairobi, dove vivo, insegno letteratura e religione, e ciò che desidero comunicare ai miei studenti é che ognuno di noi é questa terra che non smette mai di essere seminata, e che a ciascuno é promesso un posto dove tutti i conti torneranno.