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D’Avenia: cosa ci fa vivere le nostre giornate con gioia e libertà? La risposta è nel Presepe

Alessandro D'Avenia
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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 20/12/19
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Una interessante riflessione natalizia dell’autore di numerosi best seller molto amati dai giovani

Lo scrittore Alessandro D’Avenia dedica una riflessione al presepe, partendo da quello “originale”, realizzato da San Francesco a Greccio nel 1223. D’Avenia parte dal presepe per arrivare al presente, alla quotidianità di ognuno di noi. Vediamo come collega le due cose nella riflessione pubblicata su Corriere.it (16 dicembre).

Per cosa viviamo?

«Nel presepe di Francesco – spiega D’Avenia – il presente è tutto, non ci sono statue o personaggi, ma gli uomini e le donne di Greccio del 1223, attorno al Dio che si fa Carne e Pane per loro, lì e in quel momento. Il presepe ci interroga sul nostro essere qui e ora: che cosa ci fa vivere la giornata con gioia, libertà e iniziativa? Per cosa viviamo? Che cosa ci fa rinascere ogni 24 ore?».

«In principio – prosegue lo scrittore – era il Verbo e il Verbo si fece carne, abitando tra noi», adesso, cioè per affrontare la vita non basta credere nel passato o nel futuro, ma serve farsi carne, accettare il peso del tempo, il presente».

“La mangiatoia non lascia spazio a teorie”

Guardiamo alla vita di Cristo, osserva D’Avenia, che per 30 anni fa il carpentiere in un paesino sperduto della Galilea. «Se l’eterno (il Figlio di Dio ndr) si fa tempo allora il tempo è anche eternità. Gli uomini inventano divinità (da Prometeo al Progresso) che li liberino dal peso della vita», nel presepe di Greccio, invece, «la mangiatoia non lascia spazio a teorie» e «questo peso viene accettato e riempito di senso: il lavoro, la festa, la fatica, il riposo, il pianto, la gioia, la malattia, il fallimento, la noia, il male, le relazioni, la meraviglia, la paura… tutto, proprio tutto, è occasione di vita».


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“Non è una condanna”

Il presente, prosegue lo scrittore-professore, «non è una condanna da scongiurare, mitizzando il passato (era meglio prima) o il futuro (sarà meglio dopo), ma una sfida: la libertà diventa così la chiave dell’esistenza, in quanto capacità di vivere ogni momento nella pienezza di senso che decidiamo di dargli».

E cita una frase di Gesù a cui si sente legato: “Non preoccupatevi del domani: a ogni giorno basta la sua pena“, che fa il paio con: “Chi vuol venire dietro a me prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”.

“Ogni giorno”

«L’unità di misura del tempo è per lui “ogni giorno”; la vita di oggi, con tutto ciò che contiene – conclude D’Avenia – diventa l’occasione in cui, essendo sempre e comunque libero di amare Dio e gli altri, si può dare senso a ogni istante: nulla è assurdo e nulla va sprecato. Non è un vivere alla giornata, ma un vivere la giornata: né nostalgici né utopisti ma radicati e radicali nelle 24 ore.



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