Quello di chi soffre di autismo è un universo in cui è difficile entrare: l’unico mezzo di trasporto che Suellen, 29 anni, di Garuva, Brasile, ha trovato per il mondo di suo figlio Gabriel è una bicicletta! Due ruote, ogni pomeriggio, per cinque ore: un appuntamento che restituisce a questa mamma e al suo bambino il sorriso!La invidio, Suellen Cristina Budenetz.
Intanto perché, a differenza di me, che ho il fiatone a portare una cassa d’acqua per le scale e conto come attività fisica fissa solo il tragitto bagno-divano (che comunque faccio almeno dieci volte al giorno, eh), immagino che ci voglia davvero un bel fisico per pedalare cinque ore ogni pomeriggio tenendo in equilibrio una bici con sopra un ragazzino ormai quasi più alto di lei. Ma, cosa più importante, la invidio perché io spesso mi lamento quando avrei di meglio da fare e mia figlia mi inchioda a una delle sue esilaranti attività (che includono sempre o quasi macchiare il divano con qualcosa di indelebile o allagare il bagno neanche fossimo all’Acquafan di Riccione invece che a fare travasi sul bidet), mentre lei aspetta con gioia e senza mai tirarsi indietro quell’appuntamento quotidiano con le due ruote. Tutto per una semplice cosa: il sorriso di suo figlio Gabriel.
Che scontato il sorriso di un bambino, vero? Quanto è scontato per chi lo vede sempre, come me, per un cane che lecca un vetro o per una pozzanghera, perché, a differenza di Suellen, non ha un figlio che deve convivere con un disturbo come l’autismo, che ti fa vivere in un mondo spesso inaccessibile agli altri, diverso, più lontano della Nuova Zelanda. Suellen, per arrivarci, deve prendere tutti i giorni la bicicletta.
E quelle cinque ore di viaggio che si spara pedalando e tirando su la catena o sistemando la gomma a terra, non hanno prezzo per lei: un appuntamento a cui non rinuncerebbe per niente al mondo, perché sa che ad aspettarla c’è un sorriso, quello di suo figlio. E allora ogni sacrificio, ogni pedalata, col sole o la pioggia, varrà sempre la pena.
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L’appuntamento è “sacro” spiega: dalle tredici alle sedici ogni pomeriggio, interrotto solo da una sosta altrettanto sacra in Brasile, quella per il caffè! E poi via, si riparte!
Quando non sono su due ruote, Suellen e Gabriel sono a caccia di autobus:
È innamorato delle biciclette: il suo giocattolo è un pezzo di vecchia bici. Gira i pedali e osserva il movimento della ruota.
Ma Gabriel è anche appassionato di scuolabus gialli e allora Suellen ha memorizzato i loro orari:
Quando gli scuolabus partono, vado alla stazione
spiega al quotidiano locale Sorocabanices.
La invidio, Suellen, per quel tempo “inutile” che è disposta a dare, tutti i giorni, solo per far felice il suo bambino, mentre noi, coi nostri figli pensiamo solo a fare cose sensate, a riempire le ore di attività , a proporre giochi educativi o corsi di lingua quando invece “noi” sarebbe l’unica cosa di cui avrebbero davvero bisogno. Noi, un po’ di noia, un po’ di stare distesi sul pavimento a guardare il soffitto e inventare storie. Niente di davvero “utile” se non qualcosa che strappi sorrisi e dica “stare con te è l’unica cosa che rende felice anche me”.
Suellen sapeva fin dall’inizio che quel viaggio sarebbe stato in salita, da quando i medici le diagnosticarono una gravidanza problematica, parlando di microcefalia e pronosticando uno “stato vegetativo” per Gabriel. Lei non si è arresa, ha rifiutato l’aborto e la vita le ha dato ragione: dopo settimane di terapia intensiva e nessuna buona notizia, Gabriel è tornato a casa dove grazie alla terapia fisica e alla dedizione di quella mamma intenzionata a fargli raggiungere tutti i traguardi possibili, ha cominciato a camminare a due anni e poi a parlare. Una sola parola: “mamma”, che “per me è tutto”, spiega Sullen.
Ti invidio, Suellen, e mi sento così fortunata e ingrata quando come tante mamme e papà al millesimo “perché?” siamo stanchi di rispondere e liquidiamo i figli con un “non ho tempo”. A te, un “mamma” deve bastare, e noi, invece, non riusciamo ad apprezzarlo nemmeno. Forse lo capiremo solo quando ci mancherà essere quel “tutto” per qualcuno e la tua storia mi ricorda di non aspettare che sia troppo tardi, di godermi ogni milionesimo “mamma, mamma”, ogni domanda, ogni storia inventata che non si sa dove va a finire. Mi ricordi di imbracciare con gioia quella bici, ogni giorno, senza scuse che tengano, bello o brutto tempo, e pedalare in barba agli ostacoli: le catene si sistemano, le gomme si rigonfiano, gli imprevisti fanno parte del viaggio bellissimo dell’essere genitori. Hai ragione tu, però: è il sorriso dei nostri figli che non possiamo sostituire con nient’altro, quello che non tornerà indietro, soprattutto quando quella bicicletta sapranno guidarla da soli.
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Quel momento arriverà anche per il tuo Gabriel e una paura che posso capire, ma allo stesso tempo solo immaginare, fa capolino anche in un cuore coraggioso come il tuo:
Solo una madre ha così tanta pazienza. Lo fa per l’amore che prova verso i figli, è perseverante. Ma so che nessun altro lo farà.
Ma tu pedala, Suellen, verso quel futuro che solo tu hai visto per Gabriel, quando nessuno era in grado di scorgerlo e ti dicevano solo di mollare: pedala e non ti fermare, che l’amore non si ferma e anche io voglio credere che ci sarà del bene anche sulla strada di Gabriel, anche quando quella bici non sarai più tu a guidarla. Qualcuno la porterà su sentieri che non immagini, Qualcuno che ama il tuo Gabriel con la stessa pazienza e lo stesso coraggio di cui sei stata capace.