Il sacerdote di origini venete, morto in odore di santità e il suo rapporto con le creature celesti. “Sono messaggeri: portano cioè le parole di Dio agli uomini”
Don Carlo De Ambrogio nacque il 25 marzo 1921 ad Arsiero, in provincia di Vicenza. Fin da bambino si sentì chiamato alla vita religiosa. Venne ordinato sacerdote della congregazione salesiana nel 1947. Si laureò in filosofia e lettere nel 1948, perfezionandosi in greco, ebraico e aramaico, la lingua di Gesù.
Sacerdote in tutto e per tutto. Aveva una fede talmente accesa e radicata che quel che diceva, e per come lo diceva, non poteva essere confutato, tanta era la precisione e la credibilità delle sue affermazioni: o lo ascoltavi e di conseguenza ti immergevi automaticamente in una dimensione ultraterrena, oppure lo ignoravi.
Le tracce di Gesù
Portava con sé sempre la Bibbia di Gerusalemme tascabile, in lingua francese e diceva, convinto: «il Vangelo è iterativo: si ripete nella nostra vita», infatti riconosceva nelle vicende umane, proprie e altrui, le tracce visibili delle risposte date da Gesù attraverso il racconto degli evangelisti. Vivere il Vangelo alla lettera, «sine glossa», e poi annunciarlo era il suo modo di essere.
Insegnò all’Istituto salesiano di Pordenone. Poi, dal 1956 al 1971, venne chiamato a Torino per dirigere la rivista salesiana «Meridiano 12». Trascorreva ore ed ore al confessionale e guidava gli esercizi spirituali degli istituti religiosi femminili e dei monasteri di clausura.
Movimento Gam
Nel 1975 diede vita al Movimento ecclesiale, eucaristico e mariano Gam (Gioventù Ardente Mariana). Per le sue attività evangelizzatrici, lontane da una Chiesa desiderosa di “modernità” che vedeva nel Concilio Vaticano II l’opportunità di seguire il mondo, rinunciando a guidarlo secondo la dottrina di sempre, don Carlo, fatto di Cielo e che trasmetteva il Cielo con estrema concretezza (la concretezza tipica dei mistici), venne allontanato dalla congregazione salesiana perché causa di disturbo. La diocesi di Torino non lo accolse, perciò nel 1977 venne incardinato dall’arcivescovo di Napoli, il cardinale Corrado Ursi.
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“Ave Mamma”
L’umile per eccellenza, sosteneva che l’umiltà è già adorazione, cioè rispetto per l’Infinito che abita in noi. A volte qualcuno lo scherniva per il suo zelo, il suo anelito a Maria Vergine e il suo fervore religioso; si sentiva dire: «Oh, guarda qua, è arrivato “Ave Mamma”». Tuttavia don Carlo non si scomponeva e, anzi, ringraziava come se avesse ricevuto un complimento positivo. Con il grazie affrontava gli aggressivi, non lasciando altro spazio alle loro incomprensioni. Era grato sempre con tutti, anche senza ricevere nulla, la sua frase consueta era: «Grazie, perché esiste».
“Portano le parole di Dio agli uomini”
Don Carlo conosceva bene sia l’operato della milizia angelica celeste, sia quello delle schiere infernali. “La presenza degli angeli è insostituibile. Sono messaggeri: portano cioè le parole di Dio agli uomini. Quando Dio è lì, ci sono anche loro”. Era così certo di tale dimensione angelica che, dopo l’invocazione allo Spirito Santo e alla Madonna, prima di iniziare a illustrare il vangelo, avvolgeva tutti con lo sguardo per salutarne gli angeli custodi e chiedere il loro aiuto perché tutte le anime presenti potessero accogliere con fede e amore la Parola di Dio. Per don Carlo era naturale e familiare avere un contatto diretto e vivo con gli angeli.
Il “casino” in chiesa…
Una volta, in una grande chiesa gremita di centinaia di ragazzi, nel corso di un Cenacolo, due bambini nei primi banchi continuavano a disturbare, distraendo gli altri. Don Carlo tentò di farli smettere interrompendo o modulando la voce e osservandoli con benevolo rimprovero. Tuttavia i due piccoli proseguirono nelle loro distrazioni. “Allora mi rivolsi agli angeli di quei bimbi e dissi al microfono: Eh, c’è qualche angelo custode che si è distratto e non s’accorge che il bimbo a lui affidato non è attento”. I due bambini si ricomposero all’istante e don Carlo: “Non aveva mai pensato che anche gli angeli potessero distrarsi” (Il Regno di Dio prima di tutto, op. cit., p. 132.).
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La Regina e Michele
Don Carlo sentiva tutta la forza degli angeli anche nella sua missione evangelizzatrice, riuscendo a rimanere sereno in ogni difficoltà e rischio, anche grazie al suo angelo custode. Spesso riprendeva i temi dell’Apocalisse: non c’è da aver paura. E’ l’ora in cui Satana scatena tutta la sua potenza infernale, ma è anche l’ora degli angeli che sono inviati sulla terra a migliaia e migliaia agli ordini della Condottiera, la Donna vestita di Sole, la Regina degli angeli, per realizzare il piano del Padre: “Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago” ( Ap 12,7). ( Ivi, p. 133).
Come a don Bosco
Il demonio spesso molestava don Carlo, come era accaduto anche a don Bosco ed altri santi e, lui, con il suo inconfondibile sorriso commentava: “il demonio ce l’ha a morte, se potesse ci distruggerebbe. Ma non può”, oppure: “Non dobbiamo stupirci di essere continuamente attaccati da satana, di dover continuamente lottare: il Regno di Dio confina direttamente con il regno di satana, non c’è zona neutra in mezzo. Perciò “Vita hominis, militia est” (la vita dell’uomo sulla terra è una battaglia). Non dobbiamo sgomentarci: abbiamo una Condottiera fortissima, che è anche la nostra dolcissima Mamma”.