Spesso, avere qualcuno da aspettare a cena è molto più stimolante di tanti traguardi. Spesso sottovalutiamo l’importanza della presenza per i nostri anziani riducendo il rapporto con loro a un dovere delle “feste comandate”.Settanta is the new cinquanta. Dicono.
Ancora non ne sono certa, comunque quando ci arrivo vi farò sapere. Intanto ho letto un’interessante riflessione sul numero di dicembre di BenEssere, la salute con l’anima (edita dalla San Paolo) dove si parla di ottimismo e longevità.
Non so se la vita è esattamente tutta aperitivi e crossfit, da un certo punto in poi mi pare che diventi più un “tutti a messa delle otto” e poi burraco selvaggio, certo è che mi infondono tanta serenità le anziane della mia città che si incontrano per fare la maglia tutto l’anno e vendere quelle mantelline di lana per beneficenza. Vedo tanta fiducia nella vita in mia nonna che ricama lenzuolini destinati ai bambini abbandonati dai genitori alla nascita: “se li vendi sai quanto guadagneresti”, le dico a volte, ma per lei, il punto non è più quel tipo di guadagno. E’ un sentirsi ancora “utile”, è vincere quella paura di diventare un peso, un qualcosa che non serve più, ma dobbiamo tenercelo finché dura. A volte, nelle mie giornate pienissime in cui arrivo sfinita le penso, le mie nonne, oppure mi fermo a guardare quell’anziana ben truccata e con gli orecchini d’oro in fila dal panettiere e mi chiedo come farò, io, quando la mia vita diventerà silenziosa e sicuramente con meno briciole di Plasmon sul divano. Cosa colmerà quello che da qui, ora, mi sembra un grande vuoto?
Loro lo hanno capito: “è il tempo che diamo alle persone che le rende preziose”, quel tempo che per loro non è più molto, ma che per questo va riempito di guadagni veri, quelli che restano e che rendono la vita degna di essere vissuta, fino alla fine.
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A volte, sentire che pur nella vecchiaia si può ancora fare qualcosa con le poche forze che si hanno fosse pulire la chiesa per il fine settimana o ricamare per qualcuno che neanche si conosce è già qualcosa. E’ già sentirsi meno soli. E’ un essere utili non perché si guadagna o si produce nel vero senso del termine, ma perché il tempo acquisisce valore per qualcuno, anche senza ricevere nulla in cambio e, mi viene da dire, forse ancora di più proprio per questa gratuità.
Quando i traguardi diventano poter ancora cucinare a mio nipote, che finalmente viene a trovarmi, il suo piatto preferito o aspettare il venerdì che vado a fare la spesa con mio figlio che mi tiene le buste, agli occhi della società dei consumi e spesso anche di noi giovani, sempre presi a fare cose davvero importanti, può comunque sembrare poco, non abbastanza per dare un senso alla giornata. Certo, poter vantare ancora il rinnovo della patente e scarrozzare le amiche al cimitero il martedì non è esattamente l’apertura della discoteca di grido, ma i tempi cambiano e noi con loro e se non possiamo più pretendere di essere quelli di una volta, dovremmo pretendere un senso bello e rinnovato per la nostra vita.
Riprendo le parole di Trabucchi, presidente dell’Associazione Italiana di psicogeriatria, nell’articolo di cui vi parlavo sopra:
nessuno è troppo vecchio per aspirare a qualche cosa, come trascorrere con i propri cari le feste di fine anno.
A volte non servono grandi mete, a volte avere già un orizzonte a cui guardare sorridendo, qualcosa da aspettare, salva i nostri anziani dalla solitudine e dalla tristezza. Nessuno è troppo vecchio per dare un senso alla propria vita, ma quando si ci si sente dimenticati o peggio scartati, è più difficile. Anche se feste sono una grande occasione per infondere calore e presenza, spesso il rapporto coi nostri anziani si riduce a questo: alle feste comandate.
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Quando la persona è sola difficilmente si pone un obiettivo da raggiungere; alla fine si fa dominare dal pessimismo, subisce la violenza del tempo e il conseguente rischio di malattia.
continua sempre Trabucchi:
Ma chi è l’ottimista? La persona che a tutte le età guarda positivamente al proprio futuro e alla possibilità di vivere insieme ad altri, offrendo reciproco supporto.
Le parole magiche, a qualunque età, restano sempre “altri” e “insieme”. E’ un calore che non si può comprare, si può solo dare, sacrificando tempo ad altro con la consapevolezza che non suoneremo per sempre a quel campanello per trovare il nostro piatto preferito pronto e che l’amore che diamo, come mi ricorda un certo San Paolo, è inutile, ma è l’unica cosa che resta.
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