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La Madonna di Fatima tra i detenuti. Le mani sbucano dalle celle per arrivare a Lei (VIDEO)

MADONNA, FATIMA, PRISON
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Annalisa Teggi - pubblicato il 07/11/19
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“Ogni cella, che è per 2 persone, era occupata da quattro o cinque, e chiusa con un lucchetto. La Vergine è passata nel corridoio e si è fermata a ogni porta perché i ragazzi potessero stare un po’ di tempo con lei per toccarla”.Il primo novembre, Festa di Ognissanti, un’immagine pellegrina della Madonna di Fatima ha visitato l’Unità Penale numero 48 del Carcere di Buenos Aires. Come da sua connaturata solerzia, Maria «liberamente al dimandar precorre» e cioè la sua presenza anticipa il bisogno necessario di chi ancora non se ne rende conto. Vedrete un video girato da chi era presente in carcere ed è una testimonianza di tale impatto che lascia alla sottoscritta il gradito compito di non riempire di orpelli Chi è bella nella sua purezza. Vedrete Maria accompagnata ad attraversare uno stretto corridoio e passare col suo manto candido tra braccia tatuate che si protendono fuori dalle celle di isolamento per accarezzarla. Chi sono?


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Questa domanda non è solo quella del lettore che si chiede chi siano i detenuti del video, credo proprio che il braccio teso con cui ogni carcerato ha lambito il mantello della Madonna fosse un’implorazione, più o meno consapevole: “Dimmi tu chi sono, perché io mi sono perso”.

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La visita di questa statua pellegrina nella diocesi di San Isidro era stata pianificata e si è svolta come da programma tra il 21 ottobre e il 2 novembre. Quello che non era previsto era che nel carcere di Buenos Aires scoppiasse un rigurgito forte di violenza tra i reclusi di due diversi padiglioni. A seguito di questi scontri, alcuni ragazzi sono stati messi in isolamento nel padiglione 10, luogo da cui è stata interdetta ogni visita per ragioni di sicurezza.

Qualcuno però è stato così insistente da forzare queste serrature in nome di un’ottima causa. La richiesta che la Madonna di Fatima passasse a visitare i carcerati è stata voluta e organizzata da un gruppo di ex-detenuti che hanno fondato un gruppo di volontariato chiamata Espartanos. Questi novelli Spartani, davvero indomiti e temerari, insegnano rugby e recitano il rosario ai detenuti. Alla nostra libera immaginazione godere della bellezza di quest’associazione tra l’atletico e l’ascetico: quanto la forza sudata e di squadra del rugby è perfettamente sovrapponibile all’intensità ripetuta del rosario? E viceversa: quanto è simile a una corsa a tappe verso la vera meta pregare 50 Ave Maria?


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Ma torniamo alla visita nell’Unità Penale 48. I volontari hanno accompagnato la Madonna di padiglione in padiglione, è stata accolta nell’entusiasmo generale, declinato secondo le diverse sensibilità dei detenuti. «È stata una festa per Maria», lo ripete più volte Damián Donnelly, uno dei presenti. Unico neo: l’interdizione dal padiglione 10 di isolamento, dove gli animi più caldi della recente rivolta erano esclusi da tutti. Possibile che una Mamma accetti di stare lontana da qualcuno dei suoi figli? Possibile che trascuri la pecora più nera? Con Maria non c’è lucchetto che tenga.

È  stato concesso che visitasse anche il famigerato padiglione 10, e il punto, forse, non è tanto constatare che persino i sistemi di sicurezza carcerari hanno dovuto cedere a Lei; ci auguriamo che siano proprio le catene strette sul cuore di questi ragazzi a lasciarsi sciogliere dalla Vergine potente. Che ne sentissero il bisogno è evidente da come si sono protesi a Lei.

Sono fresca della lettura del De profundis di Oscar Wilde, scrittura nata in prigione e voce di un uomo che fa cadere la propria maschera fino a riconoscere:

Nessuno è degno di essere amato. Il fatto che Dio ama l’uomo mostra che nell’ordine divino delle cose ideali sta scritto che sarà dato amore eterno a chi eternamente ne sarà indegno.

Non solo chi ha commesso dei crimini ha bisogno di questo Amore, tutti dobbiamo quotidianamente lasciare che Maria spacchi i nostri lucchetti e porti la misura di uno sguardo che ci strappa dal buio dei nostri molti colpevoli inciampi. Leggendo il resoconto di quella manciata di minuti di misericordia vissuta nel padiglione 10 mi sono sentita addosso tutta la concretezza della speranza cristiana:

Ogni cella, che è per 2 persone, era occupata da quattro o cinque, e chiusa con un lucchetto. La Vergine è passata nel corridoio e si è fermata a ogni porta perché i ragazzi potessero stare un po’ di tempo con lei per toccarla, pregarla e chiederle qualcosa. Dagli spioncini e dalle finestrelle delle porte uscivano mani o braccia che toccavano la Vergine con grande rispetto e affetto. Era una scena ‘alla Dante’. Le anime del Purgatorio che chiedevano di toccare la Vergine. Quelle braccia tatuate che si tendevano cercando consolazione, libertà e amore. E in quel momento li trovavano. Abbiamo recitato i cinque misteri del Rosario, e l’atmosfera in quel padiglione era qualcosa che non avevo mai vissuto prima. C’erano consolazione, allegria, pace, amore. Tutti i frutti del Rosario ricadevano abbondantemente in quel padiglione. Le preghiere degli altri padiglioni, l’enorme grazie effusa dal santuario di Fatima, tutto, tutto si coniugava in un’atmosfera di affetto materno. (da Aica)


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