Si aggiudica il premio del pubblico la pellicola sulla prima vittima di femminicidio in Italia, incamminata verso la beatificazione
Alla Festa del cinema di Roma è stata premiata la pellicola di una storia tutta pugliese, “Santa Subito”, ricostruzione di vita e morte per mano del suo stalker di Santa Scorese, firmata dal regista barese Alessandro Piva.
Il film documentario, infatti, è il vincitore del Premio del pubblico (Repubblica Bari, 27 ottobre).
I pedinamenti
Il film di Piva, dedicato «a chi deve sopravvivere», una dedica delicata quanto decisa, racconta in forma documentaria la storia di Santa, classe 1968, che trascorre la sua vita tra Bari e Palo del Colle, dove il 15 marzo 1991, sotto la propria casa di famiglia, una sera trova la morte per mano dell’uomo che, incrociato per caso negli ambienti parrocchiali – e ossessionato in maniera distorta dal tema della religione – notissimo alle forze dell’ordine per costanti pedinamenti e minacce a Santa, l’ha uccisa.
Tredici coltellate inferte per spegnere la vita di una giovane donna senza colpe e condannare ad una sofferenza senza fine la famiglia.
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La tragedia in famiglia
Nel film emerge con forza, attraverso parole semplici e ricordi, la tragedia collettiva di una famiglia che ha vissuto, alla fine impotente, il viaggio verso la fine della loro congiunta. Cosa potevano fare se non denunciare, controllare, accompagnare? Eppure la disperazione per l’epilogo annunciato non è lenita dal tempo che è passato. Ventotto anni dopo la mamma dorme ancora poggiando il capo sul cuscino della figlia, l’unico oggetto che ha tolto ad una stanza che è rimasta immutata nel tempo (articolo21.org, 27 ottobre).
Un assassino “sottovalutato”
Lo stalking, reato dal 2009, sembra una dimensione sociale recentissima, quasi un “trend” oscuro alla quotidianità del passato, eppure la storia di Santa denuncia come invece esistano da sempre drammatiche vicende in merito, rese ancor più raccapriccianti non solo per essere state inascoltate – o quantomeno non affrontate concretamente – dalle forze dell’ordine (di cui il papà di Santa è stato fedele rappresentante).
Ma squarciate ulteriormente dalla messa in piena libertà dell’assassino solo 10 anni dopo il femminicidio e una detenzione in ospedale psichiatrico (la madre lo curava con gocce di Valium, reputando le cure mediche e il percorso psicologico peggiorativi).
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Serva di Dio
Santa sembra essere stata battezzata con un nome che conteneva un destino, prima per la sua precoce e determinata Fede in Dio, tanto da decidere per la via missionaria, e poi per il maledetto destino successivo, quello che le ha interrotto la vita in Terra, e che adesso la sta pian piano conducendo al riconoscimento da parte del Vaticano dello stato di martire, per il processo di beatificazione/canonizzazione. Attualmente il suo status è quello di Serva di Dio della Chiesa Cattolica (news.cinecitta.com, 29 ottobre).
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