I due giovani hanno già fissato la data del matrimonio: il 7 ottobre. Ma a Marco viene diagnosticato un carcinoma alla lingua: la prova che devono affrontare i due fidanzati sarà durissima. Eppure loro non si sono mai chiesti perché. Hanno invece domandato a Dio di poterla vivere.Mi chiamo Federica e vorrei raccontare una storia che parla d’amore. Ma non dell’amore che provo per mio marito, che è immenso, senza ombra di dubbio. Voglio parlare di quell’amore profondo, disumano, misericordioso e umanamente incomprensibile che solo Dio Padre può donare. Sì, perché io e mio marito Marco abbiamo ricevuto la grazia di vivere una grande prova, che nascondeva un dono prezioso: in un periodo di grandissima sofferenza Dio ci ha insegnato ad amare donandoci.
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Io e Marco ci siamo conosciuti nel 2015 in un ambiente di volontariato a favore dei senza fissa dimora delle stazioni di Roma. Quello che mi colpì di Marco fin da subito fu il suo modo di fare: un ragazzo semplice, pacato, e un volto molto luminoso. Con il tempo capii che quella luce che aveva negli occhi era espressione del suo immenso amore per Dio. In quel periodo non ero vicina alla chiesa, ma grazie a lui, che mi aveva preso per mano, ho iniziato un cammino di fede che mi ha portato a conoscere la misericordia di Dio. Fin da subito mi sono resa conto che la nostra storia d’amore era speciale, diversa da altre storie che avevo avuto in passato: il nostro non era un rapporto a due, ma un rapporto a tre perché c’era Gesù Cristo in mezzo a noi.
Siamo cresciuti pregando insieme e ringraziando ogni giorno il Signore per tutti i suoi doni, ignari che il nostro Padre Celeste ce ne stava preparando uno ancor più grande.
Il 14 febbraio 2017 fissammo la data delle nozze. Quel giorno avevamo finalmente trovato e fermato la casa che tanto desideravamo e la sera, davanti a un bicchiere di vino, decidemmo di sposarci il 7 ottobre dello stesso anno, giorno dedicato alla Madonna del Rosario. Iniziò quindi un periodo all’insegna dell’organizzazione del matrimonio e dell’arredamento della nostra casa. Eravamo colmi di gioia: finalmente il nostro sogno di vivere la nostra vita insieme si stava per realizzare.
Tutto andava per il meglio, fino a quando, dopo una serie di indagini approfondite, il 4 luglio Marco scoprì di avere un brutto carcinoma alla lingua. Il tumore sembrava piccolo, ma i medici preferirono operarlo d’urgenza. Subì così il 13 luglio un lungo intervento che lo costrinse a 5 giorni di terapia intensiva e a 15 giorni di ricovero. Per rimuovere il tumore dovettero esportare mezza lingua e ricostruirla con un innesto di tessuto venoso preso dal braccio e dall’inguine. Quanto dolore… Ma Marco è un angelo, e stringendo i denti affrontò ogni prova con il suo immenso sorriso che lo caratterizza.
Ricordo quei giorni come tra i più lunghi, i più frenetici e i più brutti della mia vita. Per la prima volta ho scoperto e ho vissuto le debolezze di Marco; l’ho visto soffrire, piangere; ho visto il suo corpo inerme, gonfio, pieno di punti, di aghi, di fasciature, di tubi… Quello era Marco. Il mio Marco.
Ciò che provai in quei momenti è indescrivibile. La sofferenza era enorme, ma c’era una forza ancora più grande che mi teneva in piedi per affrontare ogni cosa. Una forza disumana che mi permise di pensare a tutto: di uscire di casa all’alba per passare in ospedale prima di andare al lavoro; di tornare in reparto nel pomeriggio e di rimanere a volte anche la notte per assisterlo. E il giorno dopo si ricominciava. Questa forza di certo non era mia. Me l’ha donata il Signore, con l’intercessione di Maria che invocavo continuamente. E per la prima volta nella mia vita capii quanto fosse efficace e potente la preghiera comunitaria: tante erano le persone che ci furono vicine e che soffrirono insieme a noi.
Il giorno della preospedalizzazione il chirurgo disse: “come mai un ragazzo di 34 anni, che non ha mai fumato in vita sua e che non ha casi di tumore nella sua famiglia si ritrova con un carcinoma alla lingua? Ma perché?”
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Ecco, io quel perché non me lo sono mai chiesta. Durante una catechesi il nostro parroco don Cristian spiegò che gli uomini si ostinano a voler capire ogni cosa e a voler sempre mangiare dell’albero della Conoscenza, l’albero che Dio ci ha proibito. Quello che il Signore desidera invece è che ci nutriamo dell’albero della Vita. Vuole che viviamo. Vuole che andiamo avanti. Ed è così che vivetti quei giorni. Nella stanchezza, nella rabbia, nella sofferenza, ma chiedendo ogni giorno al Signore di aiutarmi a vivere la Sua Volontà. Non è stato facile. Di certo non immaginavo tutto questo. Io mi stavo per sposare e desideravo vivere questo periodo nella gioia, nella spensieratezza, e soprattutto con il mio sposo. In effetti forse avrei avuto tutto il diritto di chiedermi perché. Perché proprio adesso? Perché mi ritrovo a vivere la formula “in salute e in malattia” prima ancora di essere pronunciata? In realtà quello che ho sempre fatto è stato ringraziare il Signore di questa prova, perché mi ha fatto conoscere a fondo la persona che ho scelto di avere accanto per tutta la vita e mi ha permesso di essere più consapevole del passo che stavo per compiere.
Io e Marco, fin da subito, decidemmo di andare avanti con i nostri progetti di vita. Il 7 ottobre era sempre più vicino e noi più che mai volevamo sposarci. Nei momenti di maggiore difficoltà, quando ogni cosa ci remava contro, non facemmo altro che ripeterci che il nostro giorno sarebbe stato un dono del Cielo. Tante cose andarono storte: i mobili che non arrivavano o erano sbagliati; la cucina appena montata rovinata per una perdita al piano di sopra; il viaggio di nozze che dovemmo disdire; le fedi che non erano mai quelle giuste… e tanto altro. Ci arrabbiammo in quei momenti, è normale, ma nel profondo del nostro cuore sapevamo che sarebbe andato tutto bene e che il Signore ci avrebbe aiutato a raggiungere il nostro traguardo.
Dopo il ricovero in ospedale Marco riprese a parlare, a mangiare e a respirare autonomamente. I medici però gli prescrivettero dei cicli di radio e di chemioterapia. A fine agosto iniziarono così sei settimane di terapie, cinque giorni su sette. Facemmo i nostri calcoli: l’ultima chemio sarebbe stata il 5 ottobre, due giorni prima del matrimonio. Ma ce la faremo? Mi sentii in dovere di chiedere a Marco: “te la senti? Sei sicuro di voler andare avanti?”
Lui con le lacrime agli occhi mi rispose che ciò che voleva di più era sposarmi. E quindi affrontammo l’ennesimo ostacolo, chiedendo sempre aiuto al Signore, di starci vicino e di darci la forza.
Iniziarono le terapie. I medici dissero che avrebbe avuto i primi dolori a partire dalla terza settimana. Ebbene, Marco dopo la prima settimana già non parlava più e aveva difficoltà a mangiare. I giorni dopo la chemio furono i più difficili perché le nausee erano forti e lui era piuttosto debole. “Signore, ma come faremo il giorno delle nozze se l’ultima chemio sarà solo due giorni prima?”
La paura a volte prende il sopravvento. Marco stava sempre peggio. Non parlava. Aveva troppo dolore, e io con lui…
Ma questa è una storia che parla d’amore: il Signore non ci ha mai abbandonato. Ci ama profondamente e ha esaudito le nostre preghiere: permise che Marco saltasse la chemio del 5 ottobre e, nonostante stesse male fino al giorno prima delle nozze e non riuscisse a parlare, permise che arrivasse all’altare e pronunciasse il suo “Sì”. Il Signore ci ha donato una giornata indimenticabile, piena di gioia che illuminava i nostri volti e quelli di tutte le persone che erano lì con noi e per noi.
Il cammino verso la guarigione è stato molto lungo e non esente da difficoltà, ma anche se provati dalla stanchezza e il peso di quel periodo, avevamo la certezza che quella croce era un dono che il Signore faceva a me e a Marco e che noi anche oggi possiamo a nostra volta donare al prossimo. Fin da subito ho capito che questa non sarebbe stata una sofferenza gratuita, ma avrebbe portato tanto frutto, magari non a me, magari non a Marco, ma sicuramente a tante persone e noi ringraziamo sempre Dio per averci benedetto con un dono così prezioso.
Ed ora, a due anni dal quel 7 ottobre in cui ci siamo sposati, il buon Dio ci ha ricolmato con un’altra benedizione celeste: un figlio, nato il 13 aprile 2019, a cui abbiamo dato il nome di Francesco.
Siamo pieni di gioia per il frutto di questo nostro amore nato e cresciuto nella Grazia di Dio.
Federica
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