Negli Usa si grida allo scandalo per i donatori “abusivi”. In Ucraina neonata cerebrolesa abbandonata dai genitori che l’avevamo “comprata”. India e Spagna frenano il business
Con l’avvento dei test del Dna fai-da-te negli Usa stanno emergendo decine di casi di persone nate da fecondazione assistita il cui padre biologico non è il donatore di spermatozoi individuato inizialmente, ma spesso è il medico che ha eseguito la procedura. Lo afferma il New York Times, in un’inchiesta relativa a diversi casi di persone nate tra gli anni ’70 e ’80.
Il medico donatore “abusivo”
Jody Madeira, racconta il quotidiano, una docente di legge dell’università dell’Indiana, sta seguendo oltre 20 casi in tutti gli Usa e all’estero, compresa l’Olanda, dove uno specialista, Jan Karbaat, ha fatto nascere con i propri spermatozoi almeno 56 bambini.
Nell’Ontario lo scorso giugno un medico è stato radiato dall’Ordine dopo la scoperta che era diventato padre di 11 bambini all’insaputa delle mamme, che invece avevano scelto il donatore da un catalogo. Il medico si è difeso affermando di aver usato il proprio liquido seminale per calibrare gli strumenti. «Le sue azioni – ha affermato il comitato che ha deciso la radiazione – avranno ripercussioni sui pazienti e le loro famiglie per molte generazioni».
Nello Stato dell’Indiana, in California e Texas, la pratica è ora paragonabile all’aggressione sessuale ed è punibile penalmente (L’Huffington Post, 22 agosto).
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La storia di Bridget
È una storia atroce, quella che arriva dall’Ucraina, il Bengodi europeo dalla maternità surrogata; quella di una bambina prima commissionata e poi scartata come un prodotto difettoso e che ora cresce tutta sola in un orfanotrofio. Una storia emersa grazie alla tenacia di una giornalista della rete australiana Abc News, Samantha Hawley, che dopo un anno di ricerche ha incontrato la piccola Bridget e l’infermiera che si occupa di lei nell’istituto di Zaporizhzhya, un centro industriale a sud-est della capitale Kiev.
I due neonati
Matthew S. E.T., 39 anni, e la matura moglie Irmgard P., 61, stipulano un contratto di utero in affitto in Ucraina. Nel febbraio 2016 la madre portatrice, che vive nell’area di guerra, a Donetsk, mette al mondo due gemelli alla 25esima settimana di gestazione. Uno muore. L’altra è Bridget, 800 grammi di peso. I medici riscontrano danni cerebrali.
Una coppia “delusa”
La coppia americana è delusa, si aspettava un figlio perfetto, non certo un prodotto difettoso… Così rifiutano Bridget, tornano in California e dopo cinque mesi, con una lettera formale chiedono ai medici di «staccare la spina» alla figlia lontana, visto che le sue condizioni appaiono irreversibili. Si apre una questione: la bambina è legalmente figlia di due americani, non ha la cittadinanza ucraina, non può essere dichiarata adottabile e dunque resta in orfanotrofio, compromettendo le possibilità di ripresa che avrebbe avuto in una famiglia amorevole.
La dolcezza della piccola sopravvissuta
Due anni dopo la nascita i coniugi inviano un ulteriore documento, «firmato alla presenza del console generale dell’ambasciata Usa», in cui danno il loro consenso all’adozione di Bridget. Ma questo non cambia la sorte della piccola.
Inaspettatamente, comunque, Bridget vive. Cresce. Oggi ha 3 anni e mezzo, è disabile, ha un ritardo intellettivo e motorio, ma con la sua dolcezza abbaglia la giornalista australiana che è riuscita a rintracciarla e incontrarla (Avvenire, 23 agosto).
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Lo stop dell’India
Intanto in India e in Spagna, i Governi hanno decisi di frenare il business delle madri surrogate con interventi legislativi molto netti.
Il Parlamento indiano ha approvato un provvedimento che vieta in tutto il Paese la maternità surrogata a fini commerciali.
La legge autorizza la pratica dell’utero in affitto solo nel caso di scelta altruistica, tra persone della stessa famiglia, e solo per le coppie di indiani sposate da almeno cinque anni che non abbiano altri figli viventi. Diventano così fuorilegge le oltre tremila cliniche private che dal 2001 operavano in tutto il Paese (TgCom, 6 agosto).
Le “agenzie” in Spagna
La Procura spagnola indagherà sull’attività delle agenzie di gestazione surrogata che operano in Spagna. A monte dell’iniziativa, una denuncia della ministra di Giustizia ad interim, Dolores Delgado. In una nota, quest’ultima ha ricordato che la pratica è vietata per legge dal 2006. E che le società che offrono tale servizio mediante filiali in Spagna «lucrano con quest’attività illegale realizzata in Paesi terzi». Nella richiesta, trasmessa dal pubblico ministero all’Audiencia Nacional, l’esponente del governo socialista chiede di valutare «la possibilità che in questi Paesi terzi siano violati i diritti delle donne in gravidanza».
E che «a volte, si facciano passare per figli bambini nati senza relazione genetica alcuna con le coppie» di destinatari. Secondo l’ex magistrato, potrebbero configurarsi i reati di traffico di minori, associazione criminale, riciclaggio di capitali e falso in documenti. «È una questione molto grave che ci sia chi fa affari con il ventre delle donne» (Avvenire, 14 agosto).
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