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Un tumore a 18 anni, ora studia medicina per aiutare gli altri: è il mio modo di dire grazie!

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Silvia Lucchetti - pubblicato il 20/06/19
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Elisa l’anno della maturità scopre di avere un sarcoma osseo. Oggi studia per diventare medico di base: “è lì che si gioca la parte più importante (…) individuare per tempo i possibili segni di un tumore, così da anticipare il più possibile la diagnosi e la cura”.“E ogni lavoro è vuoto fuorché quando è amore” scriveva Gibran ne Il Profeta e la testimonianza di Elisa apparsa sul sito dell’Ansa mi ha fatto risuonare nella mente questo verso del poeta libanese.

Ho avuto un sarcoma osseo a 18 anni, quando ero ancora abbastanza ingenua a spensierata da non capire il rischio che stavo correndo. I medici mi hanno salvato la vita, perciò mi sono laureata in medicina e chirurgia per aiutare altri, come è stato fatto a me. È il modo più utile che ho trovato per dire: grazie. (Ansa)

Medico di base per fare la differenza

Con queste parole comincia il suo racconto la 27enne Elisa che si sta specializzando per diventare medico di famiglia. Inizialmente ha pensato di scegliere oncologia ma poi ha cambiato idea perché – anche grazie alla sua esperienza – ha capito una cosa fondamentale:

(…)uno dei motivi per cui ho deciso di cambiare è che quando un paziente arriva da un oncologo in alcuni casi è già tardi. Il primo medico con cui è a contatto è quello di famiglia. E, spesso, lui fa differenza. (…) è lì che si gioca la parte più importante: nella capacità di individuare per tempo i possibili segni di un tumore, così da anticipare il più possibile la diagnosi e la cura. (Ibidem)


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Nell’estate del 2010 comincia ad avvertire alcuni dolori al ginocchio sinistro, non pensa ovviamente che si possa trattare di un tumore e invece quando il suo medico di base le prescrive una risonanza magnetica le viene diagnosticato l’osteosarcoma.

Il fastidio compariva ogni tanto, quando facevo le scale o in alcune posizioni. Nell’arco di tre mesi è aumentato e diventato molto frequente, anche a riposo. Ma è un tipo di dolore che, specie nelle prime fasi, è simile a molti altri tipi di patologie del ginocchio. Dopo circa due mesi, il mio medico di base mi prescrisse una risonanza magnetica. (Ansa)

Non mi domandavo: “sopravviverò” ma “mi cadranno i capelli?”

Elisa si ricovera all’Ospedale Ortopedico Rizzoli di Bologna e subisce una prima operazione: il suo ginocchio viene sostituito con una protesi. Prima dell’intervento si sottopone a 4 cicli di chemioterapia (chemio neoadiuvante) e 9 dopo (chemio adiuvante). Tutto questo accade durante l’ultimo anno di liceo e la maturanda vive questa prova con ingenua spensieratezza, senza la consapevolezza che sarebbe potuta morire. Continua a frequentare gli amici, quando può esce per andare a ballare, si diverte e studia per diplomarsi grazie anche al prezioso aiuto dei professori che le impartiscono lezioni private a casa quando le terapie le tolgono le forze e le difese immunitarie sono troppo basse.

Era l’anno del quinto superiore e, da settembre a maggio, lo ho trascorso entrando e uscendo dall’ospedale, in un reparto che è quasi pediatrico, perché questi tumori colpiscono spesso i giovanissimi. (…) Il mio primo pensiero all’idea delle terapie non fu: “sopravviverò?” ma “mi cadranno i capelli”? (…) La cosa che mi pesava era dover dipendere completamente da qualcuno, anche per prendere una forchetta mentre ero a tavola, perché non riuscivo ad alzarmi e camminare. Ma non avevo paura. (Ibidem)


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5 anni dopo una recidiva

5 anni dopo si ripresenta il tumore. Elisa ha 23 anni, studia medicina e ha vissuto un mese in Kenya per fare volontariato in ospedale. Al suo ritorno, come di consueto, si sottopone ai controlli e questa volta si scopre una metastasi a livello polmonare, e così subisce una nuova operazione. La giovane non ha più la leggerezza del passato, adesso è consapevole di poter morire e questo le dona da un lato più angoscia ma dall’altro le fa cogliere la bellezza della vita.

Il problema era che, mentre a 18 anni ero spensierata e non capivo il concetto di morte, adesso ne avevo piena consapevolezza. Quindi ho vissuto molto peggio questo periodo, anche se non ho dovuto ripetere la chemioterapia. E i controlli, da allora, sono diventati più angosciosi. (Ansa)

Ma questa seconda esperienza le permette di aprire gli occhi e le dona…

(…) la capacità di non dare mai per scontate le cose, anche il solo camminare, e di non rimandarle come se ci fosse sempre un domani. (Ibidem)

Cara Elisa, ti auguriamo di lavorare sempre con amore, perché come scrive Gibran: “(…) quando lavorate con amore voi stabilite un vincolo con voi stessi, con gli altri e con Dio”.


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L’altra sera ho visto in tv il film “La battaglia di Hacksaw Ridge” di Mel Gibson, mi è rimasta impressa una frase che il protagonista ripete con ardore, è la sua preghiera:

Ti prego, mio Signore, aiutami a salvarne ancora uno. Aiutami a salvarne ancora uno.

Non so se credi o sei lontana dalla fede, ma voglio condividerla con te, magari un giorno sentirai il desiderio di gridarla anche tu!

 

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